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L’Italia degli allarmi e il coraggio di cambiare

Licandro Licantropo
Confindustria lancia un allarme non soltanto vero e serio, ma drammatico. Per l’aumento incontrollato del prezzo del gas il Pil avrà un crollo di 3,2% e si rischiano fino a 582.000 posti di lavoro in meno. Più naturalmente tutto il resto. E allora che si fa? Niente.
Settembre 18, 2022
Il centro di Senigallia dopo il forte alluvione che ha messo in ginocchio le Marche.

Sette giorni al voto. L’Italia si conferma il Paese degli allarmi, dei tanti Osservatori, della memoria corta e dell’ipocrisia. Soprattutto dell’ipocrisia. Una strage per la pioggia: è successo nelle Marche qualche ora fa. Evento climatico eccezionale, hanno detto. Impossibile da prevedere. Ma allora perché ogni giorno dalle varie Regioni arrivano comunicati di allerta gialla, arancione o rossa per possibili fenomeni meteorologici avversi? Fra l’altro nella maggior parte dei casi non si verificano con le proporzioni annunciate. La realtà è che in Italia la prevenzione è un concetto sconosciuto nel suo significato di applicazione scientifica e organizzativa.

Morire di maltempo è pazzesco in un Paese civile. Ma correva l’anno 1998 quando a Sarno, causa alluvione e frana, morirono 161 persone. Ventiquattro anni fa!

Poi ci sono state innumerevoli altre tragedie, tra le quali quella del crollo del ponte Morandi a Genova. Ogni volta si riscopre l’inadeguatezza di un Paese che non investe sulle manutenzioni, sulla salvaguardia del territorio. Sulla prevenzione.

Ma nemmeno sulla sanità e sull’ambiente. Perciò quando poi si assiste alla sfilata dei tanti “esperti” che dicono sempre le stesse cose il sentimento prevalente è… l’allergia.

Almeno ci risparmiassero le lezioncine dal pulpito.

Stesso ragionamento per il caro bollette. Confindustria lancia un allarme non soltanto vero e serio, ma drammatico. Per l’aumento incontrollato del prezzo del gas il Pil avrà un crollo di 3,2% e si rischiano fino a 582.000 posti di lavoro in meno. Più naturalmente tutto il resto. E allora che si fa? Niente. Perché sul caro bollette non si sta intervenendo ormai da settimane. Neppure il Governo dei migliori. Con il migliore dei migliori, Mario Draghi, che negli Stati Uniti ha in programma di rassicurare la Casa Bianca sull’atlantismo dell’Italia. Fuffa della fuffa.

A sette giorni dal voto lo scenario è quello di polemiche furibonde sui rischi del fascismo, sulla legge che regolamenta l’aborto, sull’intero fronte dei diritti civili faticosamente conquistati da tempo. Ma chi pensa davvero che questi temi siano in pericolo? Siamo seri.

Da undici anni si parla solo di Governi tecnici o di salvezza nazionale. Ma nulla è cambiato davvero. Tra sette giorni gli italiani non devono far altro che ciò che è previsto nella Costituzione come massima espressione della democrazia rappresentativa: devono votare. Augurandosi che il responso delle urne conti davvero e che le solite manovre di Palazzo (già in atto) non vanifichino questo appuntamento.

IL SIGNIFICATO DEL VOTO IN CIOCIARIA

Alle politiche il vento è nazionale, non si discute. Ma in ogni territorio c’è pure una dimensione locale da tener presente. In questi giorni tanti chiedono quali argomenti analizzare per votare Tizio piuttosto che Caio. In Ciociaria alcuni temi ci sono. Per esempio l’emergenza rifiuti: da oltre un anno questo territorio è senza discarica e a fine mese ci sarà l’emergenza, sia perché il sito di Viterbo è in esaurimento, sia perché la Regione Lazio e la Provincia continuano nel balletto delle responsabilità senza procedere a scegliere un’area dove realizzare l’impianto. Però non dobbiamo farci prendere in giro: una discarica non si realizza dall’oggi al domani. Servono mesi e mesi. Nel frattempo cosa succederà? Molto probabilmente che i rifiuti prodotti in Ciociaria, dopo essere stati trattati nell’impianto della Saf, verranno smaltiti all’estero. Inevitabile un aumento di costi che si riverbererà sulle famiglie. Il danno oltre la beffa: solito copione.

Sempre in Ciociaria il salto di qualità della sanità non c’è stato: mancano medici, infermieri e strutture. Ogni tanto si tira fuori l’argomento del Dea si secondo livello. Così, per “spruzzare” un po’ di fumo, ma senza arrosto. A livello nazionale Confindustria alza la voce un giorno sì e l’altro pure. Dalle nostre parti, però, non si capisce perché non adotti iniziative forti e clamorose per la mancata bonifica della Valle del Sacco e per i criteri di perimetrazione del Sin. Due macigni che stanno letteralmente massacrando le imprese del territorio. Chi può (vedi Catalent) se ne va. Tanto più che il presidente della Regione Nicola Zingaretti aveva solennemente promesso, proprio all’assemblea di Unindustria, che la situazione sarebbe stata sbloccata. In Ciociaria c’è un distretto, il chimico-farmaceutico, che rappresenta un’eccellenza nazionale. Andrebbe tutelato e perfino coccolato. Si tratta di esempi concreti che fanno capire bene quello che (non) è successo negli ultimi anni. E allora quando si è chiamati a votare certe situazioni andrebbero considerate. Altrimenti si perde il diritto perfino di lamentarsi. Da dieci anni alla Regione Lazio governa il centrosinistra guidato da Nicola Zingaretti. Stessa coalizione al timone della Provincia e in tutti gli enti intermedi che si occupano di gestione dei rifiuti, di sviluppo industriale, di infrastrutture e di economia. La linea della scelta è semplice: chi ritiene che le cose siano andate bene, allora deve pronunciarsi per la continuità. Chi pensa invece che la situazione è peggiorata, allora non può che orientarsi per un cambio. Il voto delle politiche ha una dimensione nazionale e una connotazione di “opinione”. Poi però ci sono anche i candidati, molti dei quali locali. Con la loro storia, la loro immagine, la loro credibilità, le loro proposte. Non è vero che sono tutti uguali. Non è tempo di demagogia e qualunquismo, è tempo di decisioni ponderate e coraggiose.

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