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La sinergia politica e territoriale sulla ‘Zes unica’ potrebbe non bastare. Latina spinge ma da Roma per ora nessuno spiraglio. Serve una soluzione parlamentare

Marco Battistini
Ottobre 18, 2023

Latina e Frosinone non si rassegnano a restare fuori dalla Zes unica. Ma più che all’alleanza tra territori in questi giorni si discute della competizione tra diversi schieramenti sugli strumenti da attuare per mettere in campo la soluzione migliore. Di certo è il centrodestra ad avere il ‘boccino’ in mano. Particolarmente rapidi si sono rivelati Enrico Tiero e Daniele Maura, i primi in Consiglio regionale a presentare una mozione che chiede un impegno dell’amministrazione regionale ad inserire il Lazio, o almeno le province del reatino, Latina e Frosinone nella Zona economica speciale. Il Pd ha provato ad inserirsi, presentando a sua volta una mozione quasi identica (Battisti-La Penna) con l’unica differenza costituita dall’aver circoscritto il perimetro di accesso alla Zes alle sole province del basso Lazio. Ad ogni modo Tiero ha invitato anche l’opposizione a fare gioco di squadra, in una battaglia che deve vedere tutti remare nella stessa direzione. Latina e Frosinone per una volta sembrano parlare la stessa lingua. E adesso sperano che dalla Roma politica si aprano spiragli concreti. Probabilmente alla fine sarà il Parlamento la sede che dovrà sbrogliare la matassa. Latina e Frosinone in particolare potrebbero tentare il ‘colpaccio’, magari con un emendamento o con un altro strumento nelle disponibilità del legislatore che possa regalare alle due province un ingresso last minute nella Zes unica. Di certo, un patto bipartisan creerebbe le condizioni più favorevoli per poter arrivare a dama.

I MARGINI DI MANOVRA

Sulla Zes unica va detto che la governance prevede una struttura unica a Roma: scompaiono le figure gli 8 commissari i cui risultati sono stati ritenuti “non eccezionali” dal ministro Fitto – e tutti i poteri saranno accentrati su una struttura di missione guidata da un coordinatore. Nella relazione di accompagnamento al testo, e come ribadito dallo stesso Fitto, la nuova struttura costerà 8,2 milioni, con un risparmio di 1 milione e mezzo di euro all’attuale governance che prevede una spesa di 9,7 (oltre agli 8,8 milioni delle strutture vanno aggiunti i compensi degli 8 commissari).
La nuova Zes unica sarà operativa a partire dal 1 gennaio 2024 con gli attuali commissari fino al passaggio di consegna alla struttura di missione; prevede che presso gli sportelli unici delle attuali strutture commissariali possano essere inoltrate le istanze da parte delle singole imprese che vorranno presentare investimenti e accedere ai benefici fiscali (tra cui il credito di imposta e la decontribuzione) e un iter amministrativo accelerato. La novità più importante è che mentre fino al 31 dicembre i vantaggi valgono solo sui territori attualmente perimetrati in aree Zes, dal 1 gennaio tutte le 8 regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna) diventeranno area Zes.

UNA DOTE INGENTE

Una esplosione di superficie (coinvolti oltre 2500 comuni, una popolazione pari al 40% di quella nazionale) che ha fatto arricciare il naso a più di un addetto ai lavori. Con la nuova governance non ci saranno più rapporti territoriali ma l’interlocutore sarà direttamente Roma. Sul punto, il ministro Fitto ha chiarito che l’obiettivo è quello di avere un automatismo, cioè “un qualcosa che funziona per tutti e non un qualcosa che funziona per qualcuno”. Insomma, nessuna discriminazione per chi ha possibilità di avere «relazioni dirette» rispetto ad altri meno fortunati. Sull’entità del credito di imposta si attende invece il decreto di Fitto entro la fine dell’anno: nella bozza del decreto era prevista una dotazione di 1,5 miliardi euro che probabilmente diventeranno 2,1 visto il credito d’imposta riconosciuto nel 2022. Dote finanziaria a cui si aggiungerà il miliardo previsto come misura del Pnrr, piano di cui la Zes unica dovrebbe rientrare nell’ambito della proposta rimodulazione alla Commissione. Ma un quadro più chiaro si avrà con la Legge di bilancio. Se al testo sarà apportata qualche modifica, dunque, questa di certo non riguarderà la governance sulla quale il ministro non intende fare un passo indietro. 

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