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La lezione del professor Bruno Astorre. Il grande caos delle elezioni provinciali in Ciociaria

Licandro Licantropo
Nel centrodestra locale lo scontro tra Fratelli d’Italia e Lega alla fine non è tanto diverso da quelloche ha riguardato (e riguarda ancora) il centrodestra a livello nazionale.
Novembre 16, 2022
Bruno Astorre

Fosse stato per Bruno Astorre il candidato alla presidenza della Regione Lazio sarebbe stato Daniele Leodori e si sarebbero celebrate le primarie. D’altronde era questa la sua posizione, come segretario regionale del Pd, prima della crisi del Governo Draghi. Successivamente il risultato delle politiche e l’ennesima sconfitta del Pd hanno completamente ribaltato la situazione. Bruno Astorre ne ha preso atto, anteponendo lo spirito di squadra alle sue convinzioni, ragionando da segretario di partito e non da esponente autorevolissimo della corrente di Dario Franceschini.

BRUNO ASTORRE E LA SITUAZIONE NEL LAZIO

Il candidato del Pd alla presidenza della Regione è Alessio D’Amato. Non è ancora chiaro se si celebreranno le primarie per dare ai Verdi e alla Sinistra Italiana la possibilità di arrivare ad un’intesa nell’ambito di una coalizione che comprende anche Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda. Però la strada è stata tracciata in maniera chiara: rottura con i Cinque Stelle di Giuseppe Conte, alleanza con il Terzo Polo nel presupposto che però D’Amato è del Partito Democratico. Non c’era entusiasmo alla riunione della direzione regionale del Pd, non poteva esserci. L’ex Governatore Nicola Zingaretti non ha voluto avere un ruolo da protagonista, si è limitato a fare il… soldato semplice. Ma proprio questo “contorno” fa emergere la professionalità politica di uno come Bruno Astorre. Ha tenuto la linea e alla fine il Pd se la giocherà ancora. La presidenza della Regione Lazio rimane contendibile perché anche nel 2018 il Movimento Cinque Stelle si presentò per conto proprio, con Roberta Lombardi candidata. Il centrodestra era forte allora come lo è adesso. Sono cambiate le percentuali e le gerarchie: Fratelli d’Italia nel Lazio è oltre il 30%, Lega e Forza Italia sono assai lontane. Ma il blocco politico e sociale della coalizione è lo stesso e appare assai solido.

Adesso però è arrivato il momento della scelta del candidato alla presidenza da parte del centrodestra. Nella rosa dei nomi  ci sono Fabio Rampelli e Francesco Rocca nella prima fascia. Da qualche giorno si parla anche di Nicola Procaccini e c’è chi continua a non ritenere fuori gioco Paolo Trancassini. E’ certo però che sarà Fratelli d’Italia ad indicare il prescelto. Paradossalmente il sistema elettorale per le regionali favorisce la tenuta delle coalizioni. Perché mentre il candidato alla presidenza è unitario, per i consiglieri ogni partito ha una lista e concorre per conto proprio. Lo spirito “proporzionale” fa in modo che ognuno porti l’acqua al proprio mulino. Non si è “costretti” a votare il candidato unico per tutti, come successo per esempio nei collegi maggioritari della Camera e del Senato.

IL TERREMOTO DELLE PROVINCIALI

Ormai è abbastanza chiaro che l’elezione del presidente della Provincia avverrà in un quadro politico “terremotato” dalle divisioni e dalle spaccature irrecuperabili. Nel centrodestra lo scontro tra Fratelli d’Italia e Lega alla fine non è tanto diverso da quelloche ha riguardato (e riguarda ancora) il centrodestra a livello nazionale. Dove in sostanza il Carroccio di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi fanno fatica a riconoscere la leadership schiacciante di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che continua a crescere nei sondaggi. Lo abbiamo visto nell’elezione del presidente del Senato, nelle trattative per ministeri e sottosegretariati. Fratelli d’Italia è il primo partito perché ha preso tantissimi voti in più di tutti gli altri. Eppure questo non è mai stato riconosciuto esplicitamente, se non a denti stretti. In Ciociaria sta accadendo la stessa situazione. Lasciamo stare i nomi, mettiamo da parte per un attimo Riccardo Mastrangeli, Roberto Caligiore, Lucio Fiordalisio e gli altri. E’ normale che la candidatura alla presidenza della Provincia venga decisa da una sola forza politica, la Lega, e da un singolo sindaco, Riccardo Mastrangeli? E’ normale che il primo partito del centrodestra in Italia, nel Lazio, in provincia e nei Comuni debba non soltanto “inseguire” ma anche adeguarsi in fretta? No. Il punto della questione è questo. Era la medesima logica che si voleva applicare alle comunali di Frosinone, quando a pochi mesi dalle elezioni fu estromesso dall’oggi al domani l’assessore di Fratelli d’Italia (Fabio Tagliaferri) per creare spazio al secondo posto in giunta per il Polo Civico, che alle elezioni si è presentato con… il Pd nel Campo largo. L’allora sindaco Nicola Ottaviani, segretario provinciale della Lega, non volle sentire ragioni, non prendendo in considerazione le richieste di Paolo Trancassini, presidente regionale di FdI. Mai un’autocritica da parte della Lega su quell’episodio. Mai un riconoscimento al successivo comportamento di Fratelli d’Italia, che decise di restare nell’alleanza per senso di responsabilità e spirito di squadra. Come se fosse tutto dovuto, come se fosse la Lega al 33% e non il contrario. Per la presidenza della Provincia è stato applicato il metodo di sempre: “noi partiamo, chi ci vuole stare ci segua”. Non funziona così. 

Nel Partito Democratico toccherà ancora una volta a Francesco De Angelis cercare di tenere insieme il quadro. Tanti altri non se ne preoccupano: per esempio il sindaco di Cassino Enzo Salera, per esempio il presidente della Provincia Antonio Pompeo. Ma cosa succederebbe se De Angelis decidesse si dare… il tana libera tutti?