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Giornata nera per gli azzurri: salva il bilancio il quartetto dell’inseguimento

Roberto Mercaldo
Agosto 8, 2024
Filippo Ganna

È arrivata la giornata nera. In una competizione lunga come l’Olimpiade è pressoché inevitabile, ma ci stavamo illudendo che questi Giochi di Parigi potessero rappresentare un’eccezione.
E invece eccola la dodicesima giornata di gare a scarabocchiare i nostri sogni di gloria, in modo sgarbato e persino beffardo. Ma cosa è accaduto di così terribile? Molte cose impreviste e tutte, o quasi, in direzione “ostinata e contraria”.
Cominciamo con le cose buone, ahimè pochissime. Anzitutto, il bronzo del quartetto. Ganna, Milan, Lamon e Consonni hanno infatti ribaltato un pronostico che, sulla base di quanto visto in semi, li vedeva sfavoriti. Bravi i nostri alfieri a superare la Danimarca e ad allungare la serie di giorni consecutivi con medaglia dell’Italia ai Giochi (siamo a 32).
È andata benino nella qualificazione mattutina del salto in alto: a Gimbo Tamberi, svuotato di energie dai recenti problemi di salute, e a Stefano Sottile, è bastato infatti un modesto 2,24 per ottenere disco verde. Tamberi è vistosamente dimagrito e dovrà compiere l’ennesimo miracolo per presentarsi in finale con energie ben diverse da quelle mostrate in quali. Conoscendolo, non ci meraviglieremmo, ma di certo quello visto in pedana ieri mattina non è un Tamberi performante. Già vittime illustri peraltro, su tutti Harrison, in una specialità che sembra un po’ segnare il passo a livello mondiale.
In serata altra qualificazione strappata con i denti da un fresco big dell’atletica azzurra: Andy Diaz, allenato dal frusinate Fabrizio Donato, si è un po’ spaventato dopo il primo nullo ed ha regalato per due volte di fila oltre 30 centimetri alla pedana, acciuffando un dodicesimo posto davvero provvidenziale, considerato il modesto 16,79 timbrato. Fuori invece Dallavalle e Ihemeje.
LE GRANDI DELUSIONI
C’è un po’ l’imbarazzo della scelta in merito alle delusioni, ma dobbiamo cominciare dalla nostra nazionale di volley, campione del mondo, battuta in tre set dai campioni olimpici della Francia.
Ci si attendeva una battaglia epica e si è invece assistito a un monologo dei transalpini, che solo nel secondo set sono stati costretti ad inseguire. Sul 16/13 per l’Italia, il sestetto di Giani ha operato un contro break decisivo, sfruttando una ricezione balbettante degli azzurri e l’esaltazione dei propri schiacciatori di posto 4. Ed il terzo set è stato un lungo calvario.
Ha perso anche il settebello, ma c’è un ricorso ufficiale presentato dall’Italia, perché sul 3/2 per i magiari, dopo il gol del pareggio italiano, una decisone folle del direttore di gara ha cancellato il gol, assegnato un’espulsione ai nostri e un contestuale rigore agli ungheresi, per un presunto pugno dell’azzurro che aveva scagliato il pallone in gol.
L’incontro si è poi chiuso 9/9, dopo che l’Italia era anche riuscita a guadagnarsi un doppio vantaggio, ma ai rigori il terribile specialista ungherese, Vogel, ha detto ripetutamente no ai nostri atleti, portando i suoi in semi.
Altro possibile oro volato via in questa giornata nefasta è quello di Vito Dell’Aquila, campione olimpico uscente di taekwondo che sembrava avviato a un glorioso bis, quando nelle fasi conclusive del suo quarto di finale, dominato, ha accusato un infortunio che di fatto gli ha pregiudicato l’esito della semifinale contro Magomedov, avversario in precedenza sempre sconfitto dal nostro campione. E la lesione all’adduttore ha poi costretto Vito a rinunciare alla finale per il terzo posto. Che beffa!
Tanti flop imprevisti anche tra le corsie dell’atletica. Il più doloroso è senza dubbio quello di Simonelli, che ha d’improvviso perso il ritmo all’altezza della nona barriera e, segnando un tempo oltre i 13”30, ha chiuso quinto e fuori dalla finale dei 110hs.
Anche Sibilio, già finalista olimpico, sugli ostacoli bassi ha peggiorato il suo tempo delle eliminatorie e non ha trovato un posto tra i magnifici otto dei 400hs, dopo una gara anonima. La sensazione è che molti dei nostri abbiano faticato a mantenere la buona condizione esibita agli Europei di Roma.
C’era una grande occasione di centrare la finale olimpica dei 200, quaranta anni dopo Mennea e la sua quarta finale di fila a Los Angeles.
A Desalu e Tortu sarebbe infatti bastato ripetere il tempo fatto segnare al turno d’esordio. Invece entrambi hanno peggiorato la prestazione cronometrica, chiudendo a 20”37 Desalu, primo degli esclusi, e oltre i 20”50 un Tortu sempre più spento e lontano dal ragazzo che fece sognare l’Italia, scendendo, ventenne, sotto i 10 secondi nei cento metri.
C’era poi un oro nell’aria, con Tita e Banti, ma il vento ha impedito la disputa della regata finale. Poco male, però, in questo caso l’appuntamento con la gloria è solo rinviato.

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