In arrivo una probabile stangata per otto ex dirigenti di una delle società partecipate più note della Capitale: l’ex Fiera di Roma. L’ipotesi di danno erariale formulata dalla procura della Corte dei Conti del Lazio ammonta a oltre 251,6 milioni di euro.
Nel mirino ci sono otto manager di Investimenti spa, sotto accusa per la gestione passata della vecchia Fiera di Roma di via Cristoforo Colombo, poi traslocata con il nome Nuova Fiera di Roma sull’asse viario Roma-Fiumicino. I magistrati contabili hanno invitato Andrea Mondello, Roberto Bosi, Cesare Pambianchi, Lorenzo Tagliavanti, Ottavia Zanzi, Marco Attilio Tranquilli, Vincenzo Alfonsi e Lorenzo Cremonesi a rispondere del progetto finanziario per il trasloco del polo fieristico romano.
A generare “la profonda crisi finanziaria del gruppo Investimenti”, secondo i magistrati contabili, sarebbe stata la contrazione del mutuo da 200 milioni di euro con Unicredit nel 2005 “fortemente vincolante, con esposizione a gravosi rischi e rilascio di molteplici garanzie anche ipotecarie”. A questo, secondo i giudici, va affiancata una “grave mala gestione fondata su tre citati pilastri rivelatisi per nulla solidi e sulla adozione/approvazione del piano finanziario 2005 altamente sfidante, connesso alla previsione/attesa valorizzazione urbanistica del vecchio polo, supportato dalla sottoscrizione nel 2005 di un contratto di finanziamento con Unicredit”.
La società – partecipata da Camera di Commercio al 60 per cento, Regione Lazio al 20 per cento, Roma Capitale al 19 per cento e da Città metropolitana di Roma Capitale e Unindustria in piccolissima quota – per la Corte dei conti, in questo modo, sarebbe stata portata a una situazione di grave indebitamento che “si trascinerà per anni nei bilanci pubblici, con il risultato negativo per il Lazio e Roma Capitale di non avere un polo fieristico di spessore, con enormi perdite per la potenzialità di sviluppo commerciale-turistico per il territorio e con le risorse perse che andranno a ricadere per anni sulla collettività”. La vicenda rischia di essere l’ultima dimostrazione dello sperpero continuo di denaro pubblico di cui Roma da troppo tempo è diventata l’emblema nazionale.