E’ la campagna elettorale di Riccardo Mastrangeli, non di Nicola Ottaviani. Il candidato sindaco è Riccardo Mastrangeli non Nicola Ottaviani. Le primarie del 27 marzo sono coreografiche, autocelebrative. Forse non completamente inutili solo se andranno in tanti a votare: saranno uno spot promozionale con il quale avviare la campagna elettorale. C’è però chi ha fatto peggio: il Pd, che le primarie le ha abolite per statuto al Comune capoluogo dopo che il Pd ne ha fatto una bandiera in tutta Italia.
IL DILEMMA DI MASTRANGELI
Riccardo Mastrangeli è una persona capace, politicamente esperta ed estremamente educata e tollerante. Tocca a lui formare la coalizione e schierare una sua lista civica di riferimento. Come hanno fatto tutti i candidati a sindaco sempre: Domenico Marzi e Nicola Ottaviani, Michele Marini e Adriano Piacentini, Fabrizio Cristofari. Invece sembra che il centro di gravità permanente sia ancora una volta la Lista Ottaviani. Nonostante il sindaco in carica dovrebbe dedicarsi quasi esclusivamente alla lista della Lega, partito del quale è coordinatore provinciale. Viene da ritenere che la strategia di Ottaviani sia quella di avere un gruppo di fedelissimi determinante per gli assetti della futura maggioranza di centrodestra.
Per avere cioè quel potere assoluto che si evidenzia da secoli con il “pollice”: in alto o in basso. Vita o morte di una maggioranza politica. Riccardo Mastrangeli alcuni spazi deve rivendicarli adesso: questo non significa prendere le distanze da Ottaviani, della cui giunta è da dieci anni assessore al bilancio. Significa però dare la propria impronta, soprattutto dopo che l’unità del centrodestra è stata assicurata soltanto perché il candidato sindaco è Riccardo Mastrangeli. Chiedere a Fratelli d’Italia e ad Adriano Piacentini. Siamo anche sicuri che, fosse per Riccardo Mastrangeli, certe crociate comunicazionali non si farebbero. E’ in questo momento (non dopo) che si costruiscono le basi ideali per la sua maggioranza.
PD DA SCHERZI A PARTE
Campo largo e primarie. E chi non ci sta, peste lo colga. Ricordate i proclami del Partito Democratico in vista delle comunali di Frosinone? Tutti alle primarie: Mauro Vicano, Michele Marini, Stefano Pizzutelli, Christian Bellincampi, Alessandra Sardellitti. Il Campo largo è stata sminuzzato e diviso con una tecnica da vassalli, valvassori e valvassini. Delle primarie non parla più nessuno. Si è preferito accettare la spaccatura della coalizione in tre parti (ma potrebbero aumentare) invece di fare un’azione politica seria e coraggiosa e celebrare veramente le primarie. Non come quelle del centrodestra naturalmente. E’ andata in questo modo perché il circolo del Pd di Frosinone non ha alcun peso politico. Nel capoluogo decidono Francesco De Angelis, Sara Battisti, Mauro Buschini, Antonio Pompeo, Luca Fantini.
In passato sindaci forti e rappresentativi come Domenico Marzi e Michele Marini sono stati tenuti in una specie di riserva indiana. Ma le primarie non si fanno anche perché non c’è più un clima di fiducia tra Francesco De Angelis e Gian Franco Schietroma. A Frosinone non si sono mai fatte: basterebbe questo per certificare la profonda crisi politica di un Partito Democratico che prescinde dalla base, dai cittadini, dalla partecipazione. La vittoria al Comune di Frosinone non sembra essere l’obiettivo principale del Pd. Altrimenti non si sarebbe mandato allo sbaraglio Memmo Marzi (chi gli farà le liste?), altrimenti Mauro Vicano non sarebbe stato accantonato da un giorno all’altro. Perlomeno il Partito Democratico ci risparmi lezioncine sulle primarie degli altri. Non ha i titoli per salire in cattedra.
PINOCCHISMO A LIVELLI DI GUARDIA
Le fasi preliminari delle elezioni, a qualunque livello, fanno salire a livelli di guardia il pinocchismo. Spesso condito con massicce dosi di ipocrisia. La questione degli “impresentabili” sollevata per scaricare Mauro Vicano è vomitevole. Premesso che fino alla condanna definitiva ogni cittadino è innocente ciò che è diventato veramente aberrante è la necessità per i partiti di farsi dettare le regole da clan autoreferenziali di giustizialisti incalliti. Autoregolamentarsi per permettere a quattro sfigati grillini di dare il bollino di qualità ad una candidatura. Un bollino di qualità: come se si stesse parlando di una scatola di pelati, di un prosciutto o di un formaggio. Regole stabilite per venire incontro ad una domanda di delegittimazione della politica che negli anni ha prodotto sottosegretari come Ilaria Fontana o esperti di difesa come Luca Frusone. Gente di cui Calenda, per esempio (e fa benissimo) non vuole nemmeno sentire parlare.
Ma il pinocchismo sta anche nelle promesse di candidatura da una parte o dall’altra, nel mercanteggiare incarichi presenti e futuri, nel calcolo bulimico di poltrone e prebende. Pensare che esistono liste o raggruppamenti che, ad oggi, sono potenzialmente in grado di candidarsi indifferentemente con Mastrangeli, Marzi o Vicano la dice lunga sulla mole spropositata di bugie che aleggiano nel cielo di Frosinone in questo scorcio di fine inverno. E sulla qualità di certi uomini candidati ad amministrare il capoluogo.