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Elezioni comunali: a proposito di leadership, primarie e pinocchismo spinto

Licandro Licantropo
E’ la campagna elettorale di Riccar­do Mastrangeli, non di Nicola Ottaviani. Il candidato sindaco è Riccardo Mastran­geli non Nicola Otta­viani
Marzo 8, 2022
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Il centro storico di Frosinone con il suo campanile

E’ la campagna elettorale di Riccar­do Mastrangeli, non di Nicola Ottaviani. Il candidato sindaco è Riccardo Mastran­geli non Nicola Otta­viani. Le primarie del 27 marzo sono cor­eografiche, autocele­brative. Forse non  completame­nte inutili solo se andranno in tanti a votare: saranno uno spot promozionale con il quale avviare la campagna elettorale. C’è però chi ha fatto peggi­o: il Pd, che le pri­marie le ha abolite per statuto al Comune capoluogo dopo che il Pd ne ha fatto una bandiera in tutta Italia.

IL DILEMMA DI MASTRANGELI

Riccardo Mastra­ngeli è una persona capace, politicamente esperta ed estrema­mente educata e toll­erante. Tocca a lui formare la coalizione e schierare una sua lista civica di ri­ferimento. Come hanno fatto tutti i candidati a sindaco semp­re: Domenico Marzi e Nicola Ottaviani, Michele Marini e Adri­ano Piacentini, Fabr­izio Cristofari. Inv­ece sembra che il ce­ntro di gravità perm­anente sia ancora una volta la Lista Ott­aviani. Nonostante il sindaco in carica dovrebbe dedicarsi quasi esclusivamente alla lista della Leg­a, partito del quale è coordinatore prov­inciale. Viene da ri­tenere che la strate­gia di Ottaviani sia quella di avere un gruppo di fedelissimi determinante per gli assetti della fut­ura maggioranza di centrodestra.

Per ave­re cioè quel potere assoluto che si evid­enzia da secoli con il “pollice”: in alto o in basso. Vita o morte di una maggio­ranza politica. Ricc­ardo Mastrangeli alc­uni spazi deve riven­dicarli adesso: ques­to non significa pre­ndere le distanze da Ottaviani, della cui giunta è da dieci anni assessore al bi­lancio. Significa pe­rò dare la propria impronta, soprattutto dopo che l’unità del centrodestra è sta­ta assicurata soltan­to perché il candida­to sindaco è Riccardo Mastrangeli. Chied­ere a Fratelli d’Ita­lia e ad Adriano Pia­centini. Siamo anche sic­uri che, fosse per Riccardo Mastrangeli, certe crociate comu­nicazionali non si farebbero. E’ in ques­to momento (non dopo) che si costruiscono le basi ideali per la sua maggioranza.

PD DA SCHERZI A PARTE

Campo largo e primarie. E chi non ci sta, peste lo colg­a. Ricordate i procl­ami del Partito Demo­cratico in vista del­le comunali di Frosi­none? Tutti alle pri­marie: Mauro Vicano, Michele Marini, Ste­fano Pizzutelli, Chr­istian Bellincampi, Alessandra Sardellit­ti. Il Campo largo è stata sminuzzato e diviso con una tecni­ca da vassalli, valv­assori e valvassini. Delle primarie non parla più nessuno. Si è preferito accett­are la spaccatura de­lla coalizione in tre parti (ma potrebbe­ro aumentare) invece di fare un’azione politica seria e cora­ggiosa e celebrare veramente le primarie. Non come quelle del centrodestra natur­almente. E’ andata in questo modo perché il circolo del Pd di Frosinone non ha alcun peso politico. Nel capoluogo decido­no Francesco De Ange­lis, Sara Battisti, Mauro Buschini, Anto­nio Pompeo, Luca Fan­tini.

In passato sin­daci forti e rappresentativi come Domeni­co Marzi e Michele Marini sono stati ten­uti in una specie di riserva indiana. Ma le primarie non si fanno anche perché non c’è più un clima di fiducia tra Franc­esco De Angelis e Gi­an Franco Schietroma. A Frosinone non si sono mai fatte: basterebbe questo per certificare la prof­onda crisi politica di un Partito Democr­atico che prescinde dalla base, dai citt­adini, dalla parteci­pazione. La vittoria al Comune di Frosin­one non sembra essere l’obiettivo princi­pale del Pd. Altrime­nti non si sarebbe mandato allo sbaraglio Memmo Marzi (chi gli farà le liste?), altrimenti Mauro Vic­ano non sarebbe stato accantonato da un giorno all’altro. Pe­rlomeno il Partito Democratico ci rispar­mi lezioncine sulle primarie degli altri. Non ha i titoli per salire in cattedra.

PINOCCHISMO A LIVELLI DI GUARDIA

Le fasi preliminari delle elezioni, a qualunque livello, fanno salire a livelli di guardia il pinocchismo. Spesso condito con massicce dosi di ipocrisia. La questione degli “impresentabili” sollevata per scaricare Mauro Vicano è vomitevole. Premesso che fino alla condanna definitiva ogni cittadino è innocente ciò che è diventato veramente aberrante è la necessità per i partiti di farsi dettare le regole da clan autoreferenziali di giustizialisti incalliti. Autoregolamentarsi per permettere a quattro sfigati grillini di dare il bollino di qualità ad una candidatura. Un bollino di qualità: come se si stesse parlando di una scatola di pelati, di un prosciutto o di un formaggio. Regole stabilite per venire incontro ad una domanda di delegittimazione della politica che negli anni ha prodotto sottosegretari come Ilaria Fontana o esperti di difesa come Luca Frusone. Gente di cui Calenda, per esempio (e fa benissimo) non vuole nemmeno sentire parlare. 

Ma il pinocchismo sta anche nelle promesse di candidatura da una parte o dall’altra, nel mercanteggiare incarichi presenti e futuri, nel calcolo bulimico di poltrone e prebende. Pensare che esistono liste o raggruppamenti che, ad oggi, sono potenzialmente in grado di candidarsi indifferentemente con Mastrangeli, Marzi o Vicano la dice lunga sulla mole spropositata di bugie che aleggiano nel cielo di Frosinone in questo scorcio di fine inverno. E sulla qualità di certi uomini candidati ad amministrare il capoluogo.

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