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Dal Pd a Fratelli d’Italia: com’è cambiato il Dna politico della Ciociaria

Licandro Licantropo
La forza elettorale e politica di Fratelli d’Italia deriva indubbiamente dall’azione a livello nazionale, ma anche l’aspetto locale ha contribuito moltissimo al salto di qualità. In provincia di Frosinone Massimo Ruspandini ha costruito, mattoncino dopo mattoncino, il radicamento profondo nel territorio
Febbraio 15, 2023

Dal Partito Democratico a Fratelli d’Italia: in dieci anni il Dna politico della provincia di Frosinone è mutato radicalmente. La rappresentanza parlamentare in consiglio regionale racconta cosa è successo in Ciociaria e perché.

LA STAGIONE DEL PD

Nel 2013 Il Pd elegge due senatori: Francesco Scalia e Maria Spilabotte. Più un consigliere regionale: Mauro Buschini, al suo primo mandato. Pochi mesi dopo un altro parlamentare entra nel partito: Nazzareno Pilozzi, che alla Camera era arrivato nelle file di Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola. Francesco De Angelis fa già l’allenatore. Di Spilabotte e Buschini. Ma quello che doveva rappresentare un momento di completa inversione di tendenza dura pochissimo, perché comincia la divisione. De Angelis e Scalia sono su sponde opposte sempre e la spaccatura si accentua quando si tratta di votare per la Saf, per l’Asi, per il Cosilam.

Fino ad esplodere alla Provincia, nel 2014: Scalia con Antonio Pompeo, De Angelis con Enrico Pittiglio. Ma anche in alcuni Comuni (Anagni, Veroli, Cassino) l’unità del partito va in mille pezzi. Fino ai giorni nostri, con lo scontro tra Francesco De Angelis e Antonio Pompeo, l’erede dell’area di Scalia. Nel Pd nessuno si è reso conto di come questa situazione abbia pesato. Le fratture interne hanno indebolito la posizione del partito a Roma, sui tavoli regionali e nazionali. Tranne una breve parentesi di Mauro Buschini, il Partito Democratico non ha espresso assessori in dieci anni di giunta Zingaretti. Mai ha indicato un ministro o un sottosegretario. Nel 2018 ben tre parlamentari uscenti (Scalia, Spilabotte e Pilozzi) sono stati tenuti fuori dalle candidature eleggibili e anzi Scalia e Pilozzi sono stati dirottati fuori provincia.

Nel frattempo alle europee e alle politiche (del 2018 e del 2022) il Pd ha ottenuto risultati molto deludenti. Nessuno però ha imparato la lezione. Pochi giorni fa in Ciociaria la “guerra delle preferenze” tra Sara Battisti e Antonio Pompeo ha portato ad un risultato apprezzabile, superiore a quello ottenuto dal partito nella provincia di Roma o altrove. Grazie anche al contributo di Andrea Querqui, Libero Mazzaroppi, Annalisa Paliotta e Alessandra Cecilia. Alla fine però a prevalere è stata ancora una volta la divisione, tra Pompeo e De Angelis.

Il Partito Democratico si ritrova senza parlamentari e questo è un altro effetto collaterale della spaccatura interna, perché nelle caselle eleggibili del territorio vengono piazzati esponenti romani (Claudio Mancini nel 2018, Matteo Orfini nel 2012), non big locali. L’unica eletta tra Parlamento e consiglio regionale è oggi Sara Battisti, che adesso deve ripartire dall’opposizione.

LA TRAVERSATA NEL DESERTO DI FDI

In questo momento Fratelli d’Italia in Ciociaria ha tre parlamentari: il leader provinciale Massimo Ruspandini è deputato dopo il primo mandato da senatore. Quindi Paolo Pulciani e Aldo Mattia (eletto in Basilicata), sempre alla Camera. Più due consiglieri regionali freschi di vittoria: Daniele Maura e Alessia Savo. Una fotografia che sembra quella del Pd nel 2013. Ma il percorso è stato completamente diverso. Quando nel 2012 Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto hanno deciso di fondare FdI, lo hanno fatto perché a nessuno di loro piaceva più l’assetto del centrodestra rappresentato dal Popolo delle Libertà.

La traversata nel deserto è iniziata in quel momento e la strategia non è stata quella della campagna acquisti, ma di andare a ritrovare i voti di chi, essendo di destra, non si riconosceva più in una coalizione a immagine e somiglianza di una Forza Italia moderata e centrista. I fatti dicono che la Meloni ha avuto ragione, ma ci sono voluti dieci anni. In provincia di Frosinone Massimo Ruspandini ha fatto la stessa cosa, costruendo, mattoncino dopo mattoncino, il radicamento profondo nel territorio. La forza elettorale e politica di Fratelli d’Italia deriva indubbiamente dall’azione a livello nazionale, ma anche l’aspetto locale ha contribuito moltissimo al salto di qualità.

L’elezione di sindaci e consiglieri, la nomina di assessori, l’adesione di tanti esponenti che in passato avevano militato in Forza Italia, nell’Udc e nella Lega è avvenuta senza turbare quegli equilibri fondamentali garantiti dai militanti della vecchia guardia. E’ stato un lavoro di pazienza e di cucitura che Massimo Ruspandini ha potuto fare anche sulla scorta di una squadra motivata e leale. L’elezione di Daniele Maura al consiglio regionale è la dimostrazione di una presenza diffusa e capillare nel territorio. I voti ottenuti da Alessia Savo dimostrano come si è allargato il campo. Ma sono state preziose anche le preferenze di Antonello Iannarilli, Gabriele Picano, Nadia Belli, Simona Castagna. Fratelli d’Italia è partito dal basso riuscendo a salire, mentre il Pd ha fatto operazioni dall’alto che sono franate sotto il peso delle fratture interne.

LA METEORA CINQUE STELLE IN CIOCIARIA

Nel 2018 il Movimento Cinque Stelle riuscì ad eleggere tre deputati in Ciociaria: Luca Frusone (secondo mandato), Ilaria Fontana (diventata poi sottosegretario), Enrica Segneri. Più un consigliere regionale: Loreto Marcelli. Mai però i pentastellati hanno pensato all’unica mossa decisiva che si può fare in politica: radicarsi nel territorio. Cinque anni dopo la rappresentanza parlamentare è ridotta ad una sola unità (Ilaria Fontana) e la percentuale ottenuta alle regionali è davvero ai minimi storici. Nell’ultimo anno il Movimento è stato disegnato a immagine e somiglianza di Giuseppe Conte. Aridateci Di Maio.

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