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“Amedeo, mio nonno”, genesi di un libro scritto per amore di un avo e di una città

Roberto Mercaldo
Novembre 29, 2023
Lo scrittore Amedeo Di Sora e il moderatore Dario Facci

Un lavoro di ricerca alimentato dall’amore e dalla passione, ma anche da quell’infinita curiosità che fa di Amedeo Di Sora un raffinato uomo di cultura. 

Il regista, scrittore, autore, docente e tanto altro ancora ri-scopre la figura di un nonno vissuto poco, ma intensamente. Trentatré anni sono un arco temporale che di regola non può bastare ad essere quel poliedrico personaggio che invece l’omonimo nonno dell’autore fu: un arcobaleno della vita, quello che “Medeue le Faua” disegnò nel cielo di un’Italia che viveva la grande guerra, ma anche le grandi scoperte dell’ingegno e un’esplosione di cultura non meno fragorosa delle bombe.

In quell’Italia un po’ frenetica e un po’ bacchettona, più moglie che amante delle sue poco esposte virtù, tanti si limitavano a sopravvivere, che era già una gran cosa, in quei tempi tormentati. Alcuni uomini d’ingegno però soffiavano sul fuoco della curiosità  e producevano piccole o grandi storie da consegnare, o da cercare cento anni dopo in qualche baule di una soffitta che profuma di antico.

La copertina del libro di Amedeo Di Sora

Così, da un Amedeo all’altro ecco il filo che riannoda le storie, distanti per l’humus sociale, ma così vicine per quelle virtù dell’intelletto che evidentemente son scritte nel dna più di quanto sia dato immaginare.

Amedeo nipote e scrittore racconta alla platea di Ubik, in una sera di novembre che sa di camino e foglie secche, di quel nonno che sapeva guidare e che se ne andava a Napoli a vedere il teatro, con il grande Viviani così impresso nell’animo da suggerirgli il nome del primo figlio, Viviano, papà del “nostro”. C’è Dario Facci a stimolare la conversazione, a chiedere al regista e vocalista le ragioni di quel che correttamente Gianmarco Spaziani nella postfazione definisce un atto d’amore.

In “Amedeo, mio nonno” non c’è solo questo straordinario e versatile personaggio, cui tocca l’onore per lui poco onorevole di una medaglia al valor militare: una medaglia a un anarchico, cittadino del mondo e poco incline a marcare i confini, di uno stato o di un sogno poco importa. Fu organizzatore di corse, imprenditore, straordinario giocatore di carte e anche dilapidatore di sostanze, visto che per il suo funerale ci fu una colletta degli amici, che restituirono una goccia di quella generosità da “Medeue” dispensava in ogni modo, attraverso serenate, bevute in compagnia e racconti che mettevano in evidenza il suo linguaggio forbito e il suo eloquio mai noioso.

Al suo fianco però c’è la Frosinone di Via del Campo, c’è l’odore del forno Papetti, proustiana rimembranza di quell’Amedeo cui non è toccato in sorte conoscere cotanto nonno, se non attraverso racconti e foto d’epoca. Il volume della “Editrice Frusinate” è una perla per il racconto avvincente di Amedeo e per le immagini originali e straordinarie di quegli anni lontani. Immergersi nella lettura è un tornare indietro nel tempo, è suggere sapori antichi cui gli anni non hanno sottratto intensità. Nel febbraio del 27 Amedeo Di Sora lasciò un palcoscenico di cui era stato naturalmente protagonista, in anticipo terribile, per i postumi di una malattia contratta durante i combattimenti di quella guerra. La sua salute imperfetta non riuscì a portargli via una sola stilla di quella vitalità che lui metteva in ogni gesto, costruendo biciclette, cantando e suonando nelle sere di primavera e guardando con curiosità se fosse fiorita “la mandulina”.

Quasi cento anni dopo in tanti lo conoscono, per un miracolo del tempo, in questa serata di camino e foglie secche, perché ci sono storie che non hanno data, limiti, barriere. Basta immaginarle per viverle di nuovo.

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