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A Roma in dieci anni esportati rifiuti per oltre 1,7 miliardi

Marco Battistini
Ottobre 2, 2023

Ama nel piano triennale transitorio in attesa dell’avvio del termovalorizzatore di Santa Palomba alla fine del 2026 ha computato un export di 800mila tonnellate di rifiuti al costo di 170 milioni (lo stesso sarà replicato anche nel 2024 e 2025). Il totale fa poco più di un miliardo e cinquecento settanta milioni di euro. Dal 2013 al 2023 sono state esportate oltre 1,7 milioni di tonnellate di frazione organica. Dal 2013 al 2015 il prezzo medio di trattamento e trasporto era di 115 euro a tonnellata, dal 2016 al 2018 98 euro per tonnellata, dal 2019 al 2020 di 110 e dal 2021 ad oggi di 80 euro. La spesa totale è stata di circa 160 milioni di euro. E sommando a questa i costi sostenuti per l’indifferenziato-pretrattato ecco che si arriva a oltre 1,7 miliardi di euro in 10 anni. 

IL SOGNO TERMOVALORIZZATORE

Un prezzo salato che da anni, di fatto, pagano i romani attraverso la tariffa rifiuti, dove vengono riversati i costi del servizio reso da Ama, e che allo stesso tempo rappresenta una grande responsabilità per tutte quelle parti politiche che si sono succedute alla guida del Campidoglio nell’ultimo decennio, senza mai garantire alla propria municipalizzata quell’autonomia impiantistica necessaria per diversi aspetti: chiudere il ciclo dei rifiuti di Roma quanto più possibile nel proprio territorio, evitando così di inquinare con i continui viaggi dei camion; garantire, proprio grazie a questa prossimità, una più agevole pulizia della città; sottrarsi all’inevitabile crescita dei prezzi per il continuo export; aumentare i profitti e il valore del patrimonio grazie all’utilizzo di impianti propri, a tutto vantaggio dei cittadini che ne beneficierebbero attraverso un inevitabile calo della tariffa. Il sindaco Roberto Gualtieri vuole tamponare questa emorragia di viaggi e soldi e nel piano rifiuti varato (nella sua veste di commissario di governo) a dicembre 2022 ha previsto: la costruzione di un termovalorizzatore da 600mila tonnellate (dove chiudere nel medio-lungo periodo il ciclo dei rifiuti di Roma) che entrerà in funzione dopo l’estate del 2026; due impianti di biodogestione anerobica dei rifiuti organici da 100mila tonnellate ciascuno, due impianti per il recupero della carta e della plastica da 100mila tonnellate ciascuno e uno (da 30mila tonnellate) di recupero delle terre di spazzamento.

AMA GRANDE ESCLUSA

Ama sarà protagonista di tutti questi impianti tranne (almeno fino ad oggi) del più grande: il termovalorizzatore, che sarà realizzato a Santa Palomba dove, però, la municipalizzata ha acquistato il terreno su cui sarà costruito e lo affitterà (non si sa ancora a quale prezzo). Per quanto riguarda l’organico, invece, la capacità dei due futuri stabilimenti (uno dei quali, quello di Cesano, è stato bocciato per ora dalla Soprintendenza) sarà in grado (insieme all’impianto di compostaggio di Maccarese) di soddisfare poco più del fabbisogno attuale di trattamento. Ma se Roma riuscirà a centrare gli ambiziosi obiettivi di raccolta differenziata presenti nel piano (65% al 2030 e 70% al 2035) quel fabbisogno impiantistico per l’organico aumenterà almeno del doppio e non è previsto che la municipalizzata realizzi altri impianti del genere. Questo significa che l’azienda, in entrambi i casi menzionati, continuerà a essere “cliente” di terzi. Sicuramente a costi minori degli attuali sia per quanto riguarda il termovalorizzatore e magari anche per l’organico (non fosse altro perché nel Lazio è prevista una costruzione di questo tipo di impianti fino addirittura a raddoppiare il fabbisogno regionale) ma comunque continuerà a sborsare soldi a vantaggio di altri.

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