Ventotto giorni alle elezioni del 25 settembre. Quattro settimane esatte. Se a livello nazionale il confronto verte soprattutto sulla questione del prezzo del gas e sulla collocazione internazionale dell’Italia, in Ciociaria a monopolizzare il dibattito è la vicenda del video che vede protagonisti Albino Ruberti, Francesco e Vladimiro De Angelis, Sara Battisti e Adriano Lampazzi. Ma in realtà almeno finora la campagna elettorale è stata al ribasso. Senza particolari scatti, che peraltro neppure servono considerando come è strutturato il Rosatellum.
Secondo autorevoli sondaggisti l’area del non voto vale il 35% e gli astenuti saranno circa 16 milioni. Non si respira aria da mobilitazione, anche perché ormai il terreno del confronto è “social”. E nella realtà virtuale si specificano e si potenziano i propri convincimenti. Non si cambia idea. Fra l’altro l’unica variabile del Rosatellum è rappresentata dalla parte maggioritaria, cioè dai 221 seggi che si assegnano nei collegi uninominali. Il vantaggio del centrodestra appare incolmabile.
IL PARTITO DEMOCRATICO SOTTO CHOC
In provincia di Frosinone i candidati del centrodestra negli uninominali sono Claudio Fazzone (Forza Italia) al Senato Frosinone-Latina, Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) alla Camera Frosinone-Sora, Nicola Ottaviani (Lega) alla Camera Cassino-Terracina. Tre esponenti forti e radicati nel territorio. In collegi definiti blindati per la coalizione. I big del Partito Democratico avevano subito effettuato dieci passi indietro, rinunciando sul nascere alla possibilità di provare a ribaltare la situazione nell’uno contro uno. In campo ci sono Sergio Messore al Senato, Andrea Turriziani alla Camera Frosinone-Sora, Rita Visini alla Camera Cassino-Terracina. Onore al coraggio.
A prescindere dalle questioni locali e dallo choc che hanno provocato, all’interno del Pd i malumori sono fortissimi. Le scelte di Enrico Letta non hanno convinto. Decisioni contraddittorie che hanno riportato i Dem su posizioni superate e perdenti.
Nessuno ha capito, in chiave elettorale, la “ratio” del mancato accordo con il M5S lontano dall’agenda Draghi probabilmente meno di quella sinistra irrilevante che è stata imbarcata in questa competizione.
Ma ancor di più ha fotto scalpore il mancato convinto coinvolgimento di Carlo Calenda. Elemento che avrebbe aggiunto quella vernice di coerenza indispensabile per tentare di contrapporsi alla Meloni.
Letta ha costruito, piuttosto maldestramente, una proposta elettorale senza identità, dalla collocazione internazionale indefinita, incapace di proporre una ricetta per il paese.
E aggiungiamo: con candidati mai così lontani dai territori, dalle periferie, dalle donne e dagli uomini che lavorano nelle tante realtà locali del Paese.
IL PRAGMATISMO DI FRATELLI D’ITALIA
Sulle ali dell’entusiasmo per la crescita di Giorgia Meloni si muove la campagna elettorale del senatore Massimo Ruspandini e del candidato al proporzionale Paolo Pulciani, entrambi candidati alla Camera.
Ma insieme alla giustificata consapevolezza dei favori del pronostico cresce anche la preoccupazione per quel cambio di prospettiva che obbligherà gli uomini di Ruspandini a valutare seriamente come “non perdere” i prossimi appuntamenti: dalle provinciali, alle regionali. Essere il primo partito d’Italia e avere un ruolo guida nel governo obbligherà a dare risposte in un momento difficile, quasi drammatico, per le sorti della nostra economia.
Le prossime settimane, su questo punto, saranno quelle della riflessione e della strategia.
Perchè, per esempio, il rischio di stare al governo senza toccare palla sulle realtà locali non può essere corso. E in questo il dialogo costante e costruttivo con gli alleati diventa una necessità irrinunciabile.
Massimo Ruspandini dovrà esportare l’atteggiamento che ha permesso al centrodestra di riaffermarsi sul capoluogo
nella costruzione di un’alleanza vincente per Palazzo Jacobucci. Consapevole delle nuove responsabilità che lo aspettano nel passaggio del suo partito da anni di convinta opposizione a quelle di governo del paese.
L’ABBRACCIO DI SALVINI A RUFA
Nella Lega di Frosinone si continua a parlare molto della visita di Matteo Salvini a Cassino. Nicola Ottaviani, coordinatore provinciale e candidato alla Camera, sottolinea l’importanza che il leader del Carroccio ha voluto riservare all’europeismo, che ha caratterizzato tutta l’opera (e la vita) di San Benedetto. Salvini è rimasto particolarmente impressionato dalla grandiosità dell’Abbazia, da quel profumo di storia che domina l’intero territorio. Evidente che c’è molto più di un messaggio politico. Il due volte sindaco di Frosinone, però, non smette di rimarcare altresì il successo della visita anche alla parte bassa della città. Evidenziando il ritrovato feeling del Capitano con il suo elettorato di riferimento. C’è un altro aspetto però che va approfondito: l’appuntamento di giovedì scorso ha fatto capire bene come l’esclusione del senatore uscente Gianfranco Rufa dal novero dei candidati al Parlamento sia stata davvero sofferta per i vertici (nazionali e regionali) del partito. Matteo Salvini ha voluto ringraziare, sia a Frosinone che a Cassino, il senatore di Veroli. Esplicitamente. Non facendogli quindi mancare, in questo particolare momento di delusione e di amarezza, la sua vicinanza. Personale oltre che politica. Il messaggio, nemmeno troppo velato, è stato forte e chiaro e tutti lo hanno percepito: Gianfranco Rufa avrà sicuramente un ruolo nel futuro della formazione leghista. E sarà un ruolo di primo piano. A dimostrazione di come la militanza e il saper far parte di una squadra non sono concetti astratti. Ultima riflessione: il taglio “selvaggio” di 345 parlamentari è stato voluto dai Cinque Stelle, ma tutti gli altri partiti si sono adeguati per non essere sorpassati sul fronte della demagogia e del populismo. Una lezione che però sarà pagata con un prezzo enorme sul piano della rappresentanza dei territori. Occorreva più coraggio.