Dice: non c’è lavoro. Soprattutto per i giovani. La narrazione è vera ma solo in parte. Latitano le professioni polverizzate dal progresso tecnologico, certo. Come pure c’è ancora di che impiegarsi in settori come quello della ristorazione, dei trasporti e della sanità (traduzione: avanti c’è posto per camerieri, cuochi, autisti e infermieri).
Il problema, insomma, è che il lavoro ci sarebbe. E’ che mancano le figure professionali adatte a svolgerlo. Colpa o merito, dipende dai punti di vista, della cosiddetta rivoluzione digitale. Una volta erano certi beceri padroni delle ferriere a licenziare. Ora, assai più algidamente, alla bisogna provvede un algoritmo.
Epperò, come cantava quel tale, the times they are a-changin’. Ergo, i cambiamenti vanno cavalcati ammaestrandosi in quelle professioni legate alle tecnologie avanzate. Che so, all’e-learning, alla figura del social media manager, a quella dell’esperto di mercati azionari e designer di hardware; allo sviluppatore (di videogiochi per dire); al project manager; al programmatic manager; al big data specialist e scusate per la cascata di urticanti anglicismi ma tant’è: l’esperanto mondialista è e resta quello dei sudditi di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra.
E da queste parti? Qui in provincia di Frosinone dico. Che aria tira? Un’aria non proprio salubre. Nella nostra provincia il tasso di disoccupazione è pari al 16,8%, quello giovanile del 47,5%. Ciò vuol forse dire che i ciociari tra i 15 ed i 29 anni si girano i pollici tutto il giorno perché non hanno voglia di lavorare? Niente affatto. Perché inseguono la chimera del posto fisso e dello stipendiuccio statale risicato ma sicuro? Probabile. Ma la questione è un’altra.
Per una serie di ragioni che non è qui il caso di eviscerare la più parte dei senza lavoro soprattutto giovani non riesce a trovare un’occupazione perché sprovvista delle professionalità necessarie. Nella nostra provincia, entrando in medias res, mancano le nuove professionalità. Diamo un’occhiata ai dati forniti dal monitoraggio di Unioncamere dei fabbisogni professionali delle imprese italiane e a livello provinciale. Vi sono aziende locali che vanno in cerca di ingegneri e specialisti in discipline scentifiche e della vita. Si cercano specialisti tecnici della sanità e dei servizi sociali. I posti disponibili sarebbero 40 ma la difficoltà di reperimento è del 39% e il 90% di quanti hanno fornito il proprio curriculum addirittura il 90% dice di non avere una specifica esperienza.
Ancora. Ballano 80 posti da specialisti e tecnici amministrativi, finanziari e bancari. Difficoltà di reperimento, 16,9% mentre il 68,8% dice di non aver esperienza alcuna in materia. Specialisti tecnici del marketing, della vendita e della distribuzione. 40 i posti a disposizione, difficoltà di reperimento 27,3%, mancanza d’esperienza 81,8%; tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione: qui le assunzioni previste sono pari a 110 unità, la difficoltà di reperimento è del 45,7% ma l’85,7% degli interessati è dell’85,7%; personale di segreteria e servizi generali: 100 le assunzioni previste, del 29,7% la difficoltà di reperimento, il 62,4% degli interessati dice di non avere esperienza alcuna nel settore.
Il mercato ha grandi necessità di cuochi, camerieri et similia. 170 i posti disponibili la la difficoltà di reperimento è del 5,8%. Operatori dell’assistenza sociale e dei servizi sociali. Cinquanta i posti disponibili ma il 70,4% degli interessati ammette di non avere una specifica esperienza. Fin qui in una condizione di normalità. Ora con la crisi legata all’aumento sciagurato delle materie prime e alla guerra le cose si sono ulteriormente complicate. Chi vivrà vedrà.