Sul termovalorizzatore di Santa Palomba tutto sarà chiaro entro dicembre. Dopo la tappa del Tar (che ha dato ragione al sindaco respingendo i primi ricorsi considerati “destituiti di fondamento”), e quella di novembre del Consiglio di Stato, potrebbe esserci anche una terza puntata di questa lunga telenovela della guerra dei rifiuti capitolina. Durante l’udienza del 30 novembre, gli avvocati delle parti ricorrenti reitereranno, infatti, la richiesta di invio degli atti alla Corte di giustizia europea e magari anche alla Corte costituzionale per un loro pronunciamento prima del giudizio finale del Consiglio di Stato. L’appuntamento del Consiglio di Stato sarebbe dovuto arrivare dopo la pubblicazione della gara per la progettazione, la costruzione e la gestione dell’impianto di cui, però, ancora non c’è traccia, nonostante la scadenza fosse fissata per il 31 agosto.
CRONOPROGRAMMA INIZIALE SALTATO
La battaglia dei comitati e degli ambientalisti – che si oppongono al progetto giudicandolo non solo dannoso per l’ambiente e la salute dei cittadini residenti nella zona (i Castelli romani), ma anche inutile e improduttivo dal punto di vista della soluzione definitiva dell’annoso problema della raccolta e smaltimento dei rifiuti – hanno ottenuto quindi una prima parziale vittoria. In attesa dei vari pronunciamenti dei magistrati si registra una vistosa frenata sui tempi di progettazione e realizzazione. Risulta evidente a tutti il fatto che l’iniziale cronoprogramma sia saltato, e per questo la gara per la progettazione, costruzione e gestione dell’impianto non è ancora stata pubblicata. Finora l’unica manifestazione di interesse presentata è stata quella del gruppo di imprese guidato da Acea Ambiente e composto da Hitachi Zosen Inova, Vianini Lavori (gruppo Caltagirone) e Suez. L’impianto, previsto dal piano rifiuti licenziato dal sindaco, dovrà essere realizzato in project financing. La proposta valutata dalla commissione tecnica quindi ha riguardato la progettazione, la costruzione e la gestione di un impianto in grado di trattare 600mila tonnellate l’anno di rifiuti più la cosiddetta “impiantistica ancillare”, strutture in grado di trattare gli scarti residui dal trattamento termico.
Inizialmente la giunta Gualtieri aveva pensato di scegliere una procedura blindata, affidando il progetto direttamente ad Ama (la società ultra contestata che gestisce la raccolta dei rifiuti romani). In quella ipotesi sarebbe toccato alla stessa Ama mettere in piedi un’associazione temporanea di imprese (Ati) con partner tecnici e finanziati e blindare così l’opera. Invece Gualtieri ha voluto scegliere il mercato, che però ha risposto per ora solo con una controllata che ha inserito nella compagine due azionisti, e questo apre la porta a eventuali ricorsi, perché oltre al business, i due soggetti privati parteciperanno anche ai dividendi. Gli esperti già parlano di un’anomalia giuridico-amministrativa dalla quale il Comune dovrà probabilmente difendersi.