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Sci alpino: l’Italia cerca disperatamente il nuovo Tomba, ci salva la valanga rosa

Roberto Mercaldo
Un’Italia a due velocità nello sci alpino, in attesa che arrivi un nuovo Alberto Tomba
Gennaio 24, 2023
La campionessa Sofia Goggia (Foto Coni)

C’era una volta la valanga azzurra. La ricorderanno quelli che hanno i capelli bianchi, perché parliamo degli anni 70, quando il “re” era Gustavo Thoeni, capace di competere alla pari pure con Ingemar Stenmark, e i suoi scudieri erano Piero Gros, Fausto Radici, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna.

A Berchtesgaden, in Baviera, lo slalom speciale di CdM si concluse con cinque italiani ai primi cinque posti. Vinse Gros, davanti a Thoeni e Stricker. Il giornalista della Gazzetta dello Sport, Massimo Di Marco, coniò l’espressione che sarebbe passata alla storia. La valanga azzurra continuò a rotolare fino al 79, poi qualcosa si ruppe e non arrivarono nell’immediato campioni capaci di emulare i grandi, almeno fin quando non esplose sulle piste imbiancate il fenomeno Alberto Tomba.

Il “cittì” di quella squadra delle meraviglie era l’indimenticato Mario Cotelli. Le donne allora avevano una sola grandissima atleta capace di podi olimpici e mondiali, la milanese Claudia Giordani, figlia del mitico telecronista del basket, Aldo Giordani. Poco dopo, però, quasi per rispetto a una legge dell’alternanza, furono le donne a prendersi prime pagine, tv e soprattutto vittorie. E, per un processo analogico di facile intuizione, quando Ninna Quario, Daniela Zini e Wilma Gatta si affiancarono alla capitana Giordani, la “valanga rosa” planò su quotidiani, riviste e immaginario collettivo.

Decisamente più recenti sono i trionfi di Alberto Tomba e Deborah Compagnoni, atleti straordinari che sono universalmente riconosciuti tra i più grandi campioni di sempre di questo sport.

SCI ALPINO, LA SITUAZIONE ATTUALE DEL NOSTRO MOVIMENTO

E adesso? Adesso siamo di nuovo molto vicini alla “valanga rosa”, sebbene il termine sia in disuso. C’è infatti una squadra azzurra femminile che vince e convince in tutte le discipline dello sci alpino, eccetto lo slalom speciale. Sofia Goggia si porta a casa la Coppa di discesa da un paio di stagioni, è campionessa olimpica e ha vinto medaglie mondiali in questa disciplina, ma anche nel SuperG ha vinto ben 5 prove di Coppa del Mondo, delle 21 affermazioni complessive (le altre 16 sono in discesa). Federica Brignone ha vinto la Coppa del Mondo assoluta nel 2020 e tre di specialità: combinata e gigante nel 2020, superG nel 2022. Anche per lei sono 21 le vittorie in Coppa, con 52 podi complessivi.

Sciatrice poliedrica e figlia d’arte (la mamma è la Maria Rosa Quario succitata), le manca ancora l’oro olimpico, ma anche a cinque cerchi si è tolta le sue soddisfazioni, con un argento e due bronzi. Marta Bassino, aostana, è campionessa del mondo di slalom parallelo ed ha vinto nel 2021 la Coppa di gigante. Proprio in gigante ha conseguito 6 vittorie, con 28 podi complessivi, comprendenti anche superG e combinata. Dietro le tre grandissime, ecco Elena Curtoni, Nadia Delago e Laura Pirovano, capaci di imprese ragguardevoli, ma a rispettosa distanza dalle nostre supercampionesse. Tra i maschietti, invece, tutto tace. Giuliano Razzoli, dopo l’exploit che gli valse l’oro olimpico nel 2010, si è progressivamente spento, non riuscendo a ribadire, se non eccezionalmente (2 vittorie in CdM), le sue virtù di grande slalomista.

De Aliprandini e Vinatzer sembrano prigionieri di un limbo dal quale non riescono a uscire, le promesse di un domani che non diventa mai oggi. I rivali sono tanti, perché ai tradizionali cugini dell’arco alpino, svizzeri e austriaci, si sono aggiunti i nordici, norvegesi e svedesi in primis. E i nostri arrancano, a dispetto del buon numero di agonisti, che resta una garanzia per il futuro. Lo sport è fatto di cicli, e per ora dobbiamo applaudire gli altri, in attesa di un nuovo Alberto Tomba.

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