Chi si attendeva spettacolo e grande basket non è stato accontentato. La prima gara di finale tra la Virtus Bologna e l’Olimpia Milano è stata un’esibizione esemplare del potere delle difese. La feroce attenzione di chi non gestiva il possesso palla ha ammanettato la fantasia.
Una serata infelice dei tiratori, persino al di là delle oggettive difficoltà create loro dai difendenti, ha fatto il resto. Nella lotta elevata a sistema si è esaltata la Milano del sacrificio, delle palle riconquistate coi denti, dei blocchi granitici ai limiti del regolamento. E così, con un 66/62 che esprime in modo eloquente quanto sia stato difficile per entrambe trovare la retina, l’Armani ha ribaltato da subito il fattore campo, guadagnando il vantaggio nella serie. In verità l’avvio di match era stato promettente, con Rodriguez e Hines subito protagonisti e la Virtus pronta a sfruttare il pitturato per non perdere contatto. La seconda parte del primo quarto è però un festival di errori, parimenti determinati da imprecisione e oggettive difficoltà di trovare soluzioni di tiro agevoli.
Non cambia la musica nel secondo quarto, quando a scaldare la Segafredo Arena sono le improvvise illuminazioni di Shields e Belinelli: rondini, ben distanti dal disegnare una primavera. Milano si guadagna qualche gita in lunetta e replica alla tripla di Hackett, merce rarissima in una serata in cui il canestro sembra avere le dimensioni di una buca da golf. All’intervallo lungo si va col quintetto di Messina avanti di uno, margine simbolico e fors’anche rilevante a livello psicologico.
Nel terzo quarto gli ospiti trovano finalmente una certa fluidità negli schemi offensivi e con un 8:0 di parziale che ha in Shields il principale protagonista attuano la prima fuga significativa del match. Datome va a segno da dietro la linea dei 6,25 e Milano è avanti di 13, ma l’orgoglio Virtus ha il viso un po’ scavato di Belinelli e i muscoli di Sampson, così al mini intervallo i punti di divario sono 10. Nell’ultimo quarto Bologna raschia il fondo del barile e trova l’involontaria complicità di una Milano di nuovo arruffona, con la palla che torna a scottare quando si avvicina al canestro felsineo. Il margine attivo di Melli e compagni si assottiglia fatalmente e la Segafredo Arena ritrova la speranza, poi addirittura l’entusiasmo per il meno 3. Milano però si guadagna qualche prezioso libero e non spreca. La tripla pazzesca di Teodosic, presa senza ritmo e con i tentacoli di Hines a caccia della sfera, regala un brivido in più, ma dalla lunetta Milano è spietata e vince con merito una gara di sacrificio. La serie è lunga e promette emozioni e spettacolo, ma il monologo bolognese dello scorso anno non avrà repliche. È bastata gara uno per saperlo.