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Italia, tanta buona volontà e un passo avanti

Roberto Mercaldo
Il successo contro l’Ungheria vale il primato solitario nel girone. Esordio di Zerbin
Giugno 8, 2022

Inopportuno innalzare peana o gridare al miracolo. La vittoria di Cesena non riscrive la storia, né cancella recenti e motivati dolori. Però può indurre alla riflessione chi aveva frettolosamente collocato l’Italia in terza fascia, assegnandole un ruolo da comprimaria da qui all’eternità. In un girone che comprende Inghilterra e Germania, ovvero le formazioni storicamente più forti del Continente (assieme a Francia, Spagna e alla vituperata di cui sopra), la squadra di Mancini si trova in testa.

Certo, parliamo di una classifica acerba e di un girone che ha espresso solo i verdetti delle prime due giornate, ma per gli inquisitori, per chi nei processi sommari sguazza e si esalta, può essere un’indicazione. Di fronte, la rinnovata Italia del Mancio aveva l’Ungheria di Rossi, che aveva iniziato battendo l’Inghilterra e che anche agli Europei aveva dato prova di una ritrovata dimensione calcistica. Per certo non parliamo dell’Ungheria di Puskas, che era una delle squadre più forti del mondo, ma come banco di prova per una squadra sperimentale può esser bastevole oltre ogni ragionevole dubbio.

Roberto Mancini al risultato ci teneva eccome, perché sa che nel Bel Parse, al di là delle enunciazioni di principio, è la sola cosa che conti, che si tratti di mondiale o del torneo dei bar poco importa. E allora ha mitigato la voglia di rivoluzione con la necessità di non buscarle: un po’ Zapata, un po’ Machiavelli, con una concessione al pragmatismo resa indispensabile dai fucili spianati della critica fast food. Così Federico Gatti, che faceva parte dell’ipotesi estrema, ha guardato la partita e rinviato l’esordio.

Per Alessio Zerbin, inserito invece nel piano di investimento prudente, la gloria azzurra è arrivata, per 7 minuti regolamentari più i 4 di recupero. Undici giri di lancette utili a toccare i primi palloni e a sentirsi parte del tutto, quel tutto che ha scritto la storia e che presto le aggiungerà pagine intriganti. La fiondata di Barella e l’inserimento vincente di Pellegrini hanno dato forma compiuta ad una superiorità manifesta, incrinata dall’irruenza autolesionista di Mancini.

Però stavolta il lieto fine c’è stato e anche se la Nations League è la competizione più giovane e meno importante, essere in testa fa bene all’autostima e aiuta a crescere. Da non trascurare che Verratti e Chiesa, due punti fermi come Barella, Donnarumma e Spinazzola, sono fuori per infortunio. Abbiamo cinque o sei giocatori eccellenti intorno ai quali costruire una Giovine Italia, che come quella del Mazzini si propone di allargare orizzonti. In Inghilterra la terza puntata, per sperimentare ancora con un occhio rivolto al risultato. La strada è lunga e impervia, ma l’Italia del calcio ha saputo spesso utilizzare le difficoltà come pungolo per rinascere. Sarà così anche stavolta.

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