Nereo Rocco e Gianni Brera non l’avrebbero apprezzata. Il maestro e il cantore del calcio che fu, ritenendo che la partita perfetta dovesse concludersi zero a zero, avrebbero bocciato senza appello City e Real Madrid. Disattendere cotanto senno è un tantino sconsiderato, ma nemmeno l’autorevolezza di Rocco e Brera può esimerci dal dire che ieri sera ci siamo divertiti. Tra i Citizens di Guardiola e i “blancos” di don Carlo Ancelotti è finita 4/3. Il suono di tal responso numerico evoca ricordi quasi ancestrali.
Quel 17 giugno del 1970 allo Stadio Azteca l’Italia e la Germania avrebbero chiuso i 90 minuti con un solo gol agli archivi se non fosse stato per Schnellinger, milanista, poco avvezzo a destreggiarsi nell’area altrui, al primo e unico gol della carriera nella sua nazionale. Quel punto segnato a tempo scaduto propiziò l’extra time e trasformò quella gara messicana nella “partita del secolo”. Dopo il piattone di Rivera che valse il 4/3, un gran numero di italiani invase le piazze, benché fossero le 2 e mezzo di notte. Chi del calcio non faceva una priorità esistenziale trovò piuttosto sconveniente quell’esternazione di giubilo e non mancò di esprimere rimostranze, ma i telespettatori di quello straordinario valzer d’emozioni non se ne crucciarono e continuarono a suonar trombette e a intonar cori ad Albertosi, Burgnich e Facchetti… I tifosi del City hanno invece lasciato il loro stadio con un misto di soddisfazione e di preoccupazione, perché a differenza della semifinale dell’Azteca, questa prevede un secondo round, da giocare al Santiago Bernabeu. Per fortuna di Foden e compagni In campo non va il blasone, non va la storia. Se così fosse gli inglesi sarebbero spacciati: 13 Champions a 0 fanno tutta la differenza del mondo. La storia però è una creatura mutevole ed esposta ai cambiamenti ed è pronta a scrivere un altro capitolo, discordante da quelli che l’hanno preceduto.
Eh sì, perché il City sembra avere nel suo arco frecce più acuminate e ritmi infernali. Sciagurato nel suo narcisismo, l’undici inglese ha cercato il tris con un pizzico di protervia, dopo le due sberle rifilate ai madridisti in avvio di match, con il tuffo di De Bruyne e la stoccata di Gabriel Jesus. E allora Benzema, che in questa Champions sta facendo quel che ci si attendeva da Messi, Ronaldo e Levandowski, ha riportato sulla terra i Citizens, dimezzando lo scarto in mezza girata. Finita qui? Manco per sogno. Con buona pace dei teoreti della gara perfetta, City e Real hanno continuato ad offendersi a suon di marcature. Una ripartenza a mille all’ora per il 3/1 di Foden, poi Vinicius che si auto-lancia nella prateria della metà campo inglese e tocca in diagonale, chirurgico e spietato. Il City si sente defraudato di un doppio vantaggio legittimo e se lo riprende con Bernardo Silva, che spedisce nell’angolo alto con un sinistro fulmineo. L’orgoglio del Real e la superficialità dei padroni di casa determinano però un calcio di rigore, che Benzema trasforma con un “cucchiaio”. Non si agitino gli eroi dell’Azteca. Il 4/3 più famoso resterà quello del 17 giugno, però anche questo Manchester City-Real Madrid un posticino nella storia del calcio se l’è guadagnato.