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Vicano appoggia Riccardo Mastrangeli. Il campo largo riparte senza alleati

Licandro Licantropo
I due candidati a sindaco hanno davanti l’ultima settimana di campagna elettorale. Entrambi dovranno essere in grado di far viaggiare parallelamente la componente razionale e la capacità di emozionare i rispettivi “eserciti” e gli elettori.
Giugno 19, 2022
Il presidente della Regione, Nicola Zingaretti strenuo difensore dell'alleanza con il Movimento Cinque Stelle

Sette giorni fa si stava votando da poche ore per il primo turno. Fra sette giorni le urne saranno aperte per il ballottaggio. Nel frattempo la situazione politica del capoluogo ha subìto delle accelerazioni imprevedibili che hanno cambiato totalmente il quadro. Nel pomeriggio di ieri Mauro Vicano ha ufficializzato il sostegno a Riccardo Mastrangeli, candidato del centrodestra. Venerdì i Socialisti di Gian Franco Schietroma si erano espressi per la libertà di voto. In entrambi i casi sono due “mazzate” per il centrosinistra del Campo largo. Se in grado o meno di frenare la possibilità di rimonta di Memmo Marzi e Francesco De Angelis lo sapremo il 26 giugno. Però il Pd contava sul “recupero” dei Socialisti e di Vicano. Né l’uno né l’altro.

LA LUNGA NOTTE DEL BOMBER

Il soprannome di Mauro Vicano nelle partite di calcetto è bomber: non serve spiegare il motivo. Poteva tranquillamente lasciare libertà di voto, ma l’istinto del centravanti coincide spesso con la capacità di schierarsi. Ha comunicato la decisione a Nicola Ottaviani e Riccardo Mastrangeli in mattinata e a Mauro Buschini nel pomeriggio. Il Pd l’ha presa malissimo, da Frosinone a Roma.

Mauro Vicano ha una lunga tradizione di centrosinistra e non deve essere stato facile per lui prendere le distanze politiche da Francesco De Angelis e da Domenico Marzi, ma neppure loro gli avevano fatto sconti quando c’era stato il ribaltone della candidatura a sindaco del centrosinistra. Nel comunicato stampa Mauro Vicano ha scritto: “Dopo un’analisi approfondita del voto del 12 giugno, avendo recepito le indicazioni espresse dalle liste della coalizione che hanno sostenuto la mia candidatura a sindaco, e solo dopo una più lunga e a tratti sofferta riflessione, comunico che, nella piena libertà di scelta che abbiamo sempre rivendicato, al ballottaggio di domenica 26 giugno sosterrò la candidatura di Riccardo Mastrangeli. Chi mi conosce sa che le mie decisioni sono improntate sempre ad una valutazione razionale dei fatti che non lascia spazio a ipotetici sentimenti personali di rancore o rivalsa. Di conseguenza questa decisione è stata presa in coerenza con l’impostazione data insieme alle mie liste sin dall’inizio della campagna elettorale”. Le decisioni di Alessandra Sardellitti, dei candidati della lista di Azione e dell’Udc erano state tutte per il sostegno a Mastrangeli. Mauro Vicano guida quella coalizione: la politica ha le sue regole e le sue ragioni. 

Inoltre lo strappo con il Pd c’era stato: nessuno ha difeso la sua candidatura quando il Movimento Cinque Stelle e Frosinone in Comune hanno posto un veto pesante e insuperabile. Non si tratta di rivalsa, ma di logica. Vicano aggiunge che “tra la nostra coalizione e quella guidata da Riccardo Mastrangeli, dopo il ballottaggio, saranno individuate le più opportune modalità di collaborazione per contribuire alla buona amministrazione della città”. C’è una bella porta aperta sul piano amministrativo e politico.

LA RIFLESSIONE CHE ZINGARETTI NON VUOLE FARE

Francesco De Angelis ha fatto come Garibaldi, rispondendo “obbedisco” anche se non era affatto convinto della decisione che Nicola Zingaretti aveva preso, insieme al segretario regionale dei Dem Bruno Astorre. Quella cioè di virare sul Campo largo per non “irritare” il Movimento Cinque Stelle. Naturalmente le ragioni e i torti li darà soltanto il risultato finale: se Domenico Marzi dovesse diventare sindaco, la storia verrebbe letta diversamente. Questo però non toglie nulla ad una riflessione politica che il Governatore si rifiuta di effettuare da mesi. A cosa serve l’alleanza con i Cinque Stelle, peraltro spaccati in modo irrimediabile e ridotti ai minimi termini alle amministrative? 

Alle comunali di Frosinone non sono andati oltre “l’uno virgola”, raggranellando 304 voti (1.216 in meno del 2017). Vincenzo Iacovissi e Mauro Vicano insieme sono arrivati oltre il 10%. Un accordo politico poteva essere trovato con entrambi e probabilmente Francesco De Angelis ci sarebbe riuscito, indipendentemente dalla candidatura a sindaco di Domenico Marzi o di Mauro Vicano. O di un altro. Si era parlato di primarie, poi cancellate per l’ennesima volta. Un tabù per il Pd a Frosinone. Lo schema però sembra lo stesso anche sul piano nazionale e regionale: Carlo Calenda, i Socialisti, Matteo Renzi non faranno mai parte di una coalizione nella quale sono i Cinque Stelle a dettare tempi, strategie e candidati senza avere i voti. Perfino Francesco Boccia, responsabile nazionale degli enti locali del  Pd (un altro talebano dell’accordo con i pentastellati), deve farsene una ragione. L’asse tra Giuseppe Conte e Goffredo Bettini non soltanto appartiene all’età della pietra ma ormai è foriero solo di fallimenti politici. Uno dietro l’altro. Non funziona. Nicola Zingaretti fatica a prenderne atto, forse perché dovrebbe ammettere che il primo ad essersi sbagliato è stato lui.

MASTRANGELI E MARZI: RAGIONE E SENTIMENTO

I due candidati a sindaco hanno davanti l’ultima settimana di campagna elettorale. Entrambi dovranno essere in grado di far viaggiare parallelamente la componente razionale e la capacità di emozionare i rispettivi “eserciti” e gli elettori. Riccardo Mastrangeli parte da favorito: per i dieci punti percentuali in più al primo turno e per le decisioni degli altri protagonisti. Guai però a pensare di aver già vinto. Domenico Marzi a questo punto non ha davvero nulla da perdere, dopo aver conseguito un risultato impensabile al primo turno. Però sa di dover scalare il passo del Pordoi con un avversario che è parecchio davanti. I toni della campagna elettorale si sono alzati moltissimo in questi giorni e saliranno ancora. La passione è il sale della competizione politica, che non ha nulla a che fare con la rabbia, la delegittimazione dell’avversario e con quella logica del “muoia Sansone con tutti i Filistei” che a volte sembra riaffiorare. Ci aspetta una coda di campagna elettorale al veleno: d’altronde il veleno sta proprio lì. Nella coda.

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