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Trancassini modello Cannavaro… Il PD di Ciociaria fermo al 2014

Massimo Pizzuti
Il parlamentare di Fratelli d’Italia respinge al mittente gli attacchi delle opposizioni a Giorgia Meloni, consapevole che la vera posta in palio sono le regionali d’autunno. La polemica tra Pompeo e AreaDem di De Angelis e Buschini fa ripiombare il Pd provinciale nelle “secche” che durano da undici anni. E nessuno guarda alla “pax” tra Claudio Mancini e Daniele Leodori.
Luglio 14, 2025
Trancassini/Cannavaro

“Ieri Renzi, oggi gli amici di “Giuseppi” e l’immancabile Partito Democratico. Le opposizioni continuano a dare spettacolo: parlano di dazi, di Europa, di trattative internazionali come se fossero in grado di capire la complessità delle dinamiche geopolitiche. Sono gli stessi che per dieci anni hanno svenduto pezzi interi del nostro tessuto produttivo pur di strappare un applauso nei salotti di Bruxelles”.
Paolo Trancassini, deputato di Fratelli d’Italia, componente della commissione bilancio e Questore della Camera, non è uno che le manda a dire. E siccome ha capito, prima e meglio di molti, che il momento politico è delicato, ha deciso di lasciare il fioretto nel fodero, sguainando la spada. Ha proseguito nella sua presa di posizione: “Noi non prendiamo lezioni da chi ha ridotto l’Italia a uno zerbino d’Europa. Giorgia Meloni sta lavorando per facilitare il dialogo tra le due sponde dell’Atlantico che scongiuri una guerra commerciale, sostenendo responsabilmente l’Europa in questa delicatissima trattativa. Altro che subalternità, altro che scodinzolare, altro che “disarticolare l’Europa”: è Meloni, oggi, a tenerla insieme, mentre la sinistra continua a tifare contro l’Italia pur di avere un titolo di giornale. Loro parlano di crisi, noi le affrontiamo. Invocare Bruxelles quando fa comodo, questo sanno fare; Giorgia Meloni, e questo li fa impazzire, invece tratta con pari dignità con tutti senza farsi dettare l’agenda da nessuno: né da Berlino, né da Washington, tantomeno dal Pd o roba simile. Fa quasi tenerezza vederli parlare di “difesa del sistema produttivo” dopo aver sostenuto ogni scelta che ha penalizzato le imprese italiane. Sono gli stessi che hanno applaudito alla chiusura delle acciaierie, allo strangolamento agricolo, all’austerità a senso unico. E oggi? Oggi si stracciano le vesti perché l’Italia non è più quella che china il capo. La verità è che Giorgia Meloni sta dimostrando che si può essere europei senza essere servi, atlantisti senza essere succubi, patrioti senza essere isolati. E mentre loro gufano, Giorgia Meloni costruisce, tratta, porta a casa risultati, con visione e senso dello Stato: alle opposizioni lasciamo i comunicati copia-incolla, le polemiche strumentali e il classico doppiopesismo”. Trancassini ha chiuso tutti spazi al centrosinistra. Sembra Fabio Cannavaro nell’Italia 2006.

IL REBUS DELLE REGIONALI D’AUTUNNO

Al di là del fatto specifico (i dazi), Trancassini guarda in prospettiva. D’altronde da settimane il presidente del consiglio Giorgia Meloni avverte gli alleati di non sottovalutare le regionali d’autunno, perché rappresenteranno un test “stradecisivo” per la maggioranza. Ma anche per le opposizioni.
La possibilità di un election day appare quasi tramontata e ci si avvia in ordine sparso sulle date. Nelle Marche si dovrebbe andare alle urne il 21 o il 28 settembre, in Toscana il 12 o 19 ottobre, in Campania il 26 ottobre oppure il 9 o 16 novembre. Ancora incertezza in Veneto, Puglia e Valle d’Aosta. In base alle indicazioni fornite dal Consiglio di Stato, le elezioni si dovranno svolgere tra il 21 settembre e il 20 novembre. La legge concede ai Governatori di indicare le date. Evidente che se ci fosse un’intesa politica, l’election day sarebbe preferibile, ma le cose stanno diversamente.
Sarà un test formidabile per schieramenti e partiti. Senza la possibilità di un terzo mandato, Luca Zaia in Veneto e Vincenzo De Luca in Campania sanno di poter essere decisivi, specialmente per far perdere la coalizione di appartenenza. Inoltre sullo sfondo c’è l’iter di due importantissime riforme.
La prima è quella di prevedere che nei Comuni con oltre 15.000 abitanti il sindaco viene eletto al primo turno qualora dovesse superare il 40% dei consensi. Senza il ballottaggio quindi. Teniamo presente che nella primavera 2027 si torna alle urne a Roma e a Milano e non è un mistero che Giorgia Meloni vuole provare a vincere in entrambe le metropoli. Anche perché poi, nell’autunno dello stesso anno si vota per Camera e Senato. Naturalmente ilPolo progressista è pronto a ogni tipo di barricata su tale versante.
Poi c’è quella che perfino ieri la Meloni ha definito“la madre di tutte le riforme”. Vale a dire il premierato. Anche se appare difficile (non impossibile) che possa essere approvata in questa legislatura. Restando alle legislature, nella prossima si elegge il presidente della Repubblica e dunque non c’è bisogno di aggiungere altro.
C’è la necessità di tenere tutto (e tutti insieme). La vera posta in palio viaggia lungo l’asse Veneto-Campania. Non che le altre Regioni non siano importanti, ma nello scacchiere nazionale il “peso” è decisamente diverso.

L’IRRESISTIBILE RICHIAMO DELLA FORESTA DEL PD

Federico Gianassi, parlamentare e commissario ad acta per il tesseramento della federazione provinciale del Pd, ha definito il calendario. Tesseramento dal 1° al 30 settembre, congressi nei 67 circoli dal 10 al 31 ottobre. Poi l’assemblea provinciale chiamata a indicare il segretario sulla base delle percentuali (e del numero dei delegati) dei circoli. Ma neppure questo è bastato per arrivare ad una sorta di “pax congressuale”.
La polemica tra Antonio Pompeo (Energia Popolare) e AreaDem di Francesco De Angelis e Mauro Buschini ha fatto capire a tutti che determinate situazioni non sono state superate. E ognuno “rinfaccia” all’altro alleanze con il centrodestra, dinamiche trasversali, scelte passate che hanno lasciato il segno. Da sottolineare il silenzio di Sara Battisti in questa fase.
Il Pd provinciale avrebbe bisogno di rimettersi in moto su basi e prospettive nuove. Per aumentare i voti alle politiche, per presentarsi sempre unito alle comunali, per cercare di invertire il trend a Frosinone (dove ha inanellato tre sconfitte consecutive). Ma quello che maggiormente sorprende è che non si guardi a quanto sta succedendo a Roma. Dove esponenti del calibro del deputato Claudio Mancini (leader di Rete Democratica) e del consigliere regionale Daniele Leodori (uomo di punta di AreaDem, oltre che segretario regionale) hanno trovato un accordo sugli assetti del Campidoglio. Per poi proiettarsi alle prossime regionali. Nel Pd della provincia, invece, il tempo sembra essersi fermato. Precisamente al 2014, al “derby” tra Antonio Pompeo (sostenuto da Francesco Scalia) ed Enrico Pittiglio (appoggiato da Francesco De Angelis) per la presidenza della Provincia. Undici anni fa. Decisamente troppi.

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