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Capaci, 31 anni fa la strage che cambiò l’Italia. Le dichiarazioni delle Istituzioni

Martina Arduini
Maggio 23, 2023

Trentuno anni fa il giudice Giovanni Falcone perse la vita per mano della mafia. Assieme a lui sua moglie e gli agenti della scorta. Un anniversario che cade pochi mesi dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss stragista che era rimasto fuori dal carcere, arrestato a Palermo il 16 gennaio scorso.

Giovanni Falcone, insieme all’amico e collega Paolo Borsellino, era stato l’esponente principale del pool di magistrati che a partire dal 1986, sotto la guida di Antonino Caponnetto, aveva istituito il cosiddetto maxi-processo contro Cosa nostra, che aveva portato in giudizio quasi cinquecento mafiosi.

Venerdì 23 maggio 1992, il giudice Falcone stava tornando a casa da Roma, come faceva solitamente nel fine settimana, insieme alla moglie Francesca. Alle 17:58, al chilometro 5 della A29, nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, il sicario Giovanni Brusca aziona una carica di cinque quintali di tritolo, posizionata in una galleria scavata sotto la strada. Pochi istanti prima dello scoppio, Falcone aveva rallentato per prendere un mazzo di chiavi dal cruscotto della macchina. Un errore probabilmente fatale. Lo scoppio travolge in pieno la Croma marrone, dove viaggiavano i tre agenti della scorta, morti sul colpo.

La macchina di Falcone, una Croma bianca, si schianta contro il muro di cemento. Il giudice muore durante il trasporto in ospedale, la moglie poco dopo.

Per l’attentato del 1992, resta accertata la responsabilità, tra gli altri, dei due superboss Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Mattarella: “La mafia è un cancro per la comunità civile”

“Quegli eventi sono iscritti per sempre nella storia della Repubblica – dichiara il capo dello Stato Sergio Mattarella -. Si accompagna il senso di vicinanza e riconoscenza verso quanti hanno combattuto la mafia infliggendole sconfitte irrevocabili, dimostrando che liberarsi dal ricatto è possibile, promuovendo una reazione civile che ha consentito alla comunità di ritrovare fiducia. I criminali mafiosi pensavano di piegare le istituzioni, di rendere il popolo suddito di un infame potere. La Repubblica seppe reagire con rigore e giustizia”. 

“Magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno demolito la presunzione mafiosa di un ordine parallelo, svelando ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità. La mafia li ha uccisi, ma è sorta una mobilitazione delle coscienze, che ha attivato un forte senso di cittadinanza – conclude Mattarella -. Nelle istituzioni, nelle scuole, nella società civile, la lotta alle mafie e alla criminalità è divenuta condizione di civiltà, parte irrinunciabile di un’etica condivisa. L’azione di contrasto alle mafie va continuata con impegno e sempre maggiore determinazione. Un insegnamento di Giovanni Falcone resta sempre con noi: la mafia può essere battuta ed è destinata a finire”.

Rocca: “Il sacrificio di Falcone sia oggi monito di serietà e rigore per tutti noi”

Giovanni Falcone ha rappresentato e rappresenterà sempre, non soltanto per il nostro Paese, la testa, il cuore e l’anima della lotta alla mafia. Le immagini della strage di Capaci dove persero la vita, oltre al magistrato, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, rimarranno indelebili nella nostra memoria. Il Paese fu testimone del sacrificio di autentici eroi che persero la loro vita a difesa della legalità e della democrazia. A distanza di anni, il loro esempio rimane faro di serietà e rigore per chiunque amministri la cosa pubblica. La legalità non si traduce soltanto nel rispetto delle leggi, ma è un valore supremo cui aderire in ogni ambito della nostra vita, personale e politica. La Regione Lazio, nelle materie di sua competenza, sta lavorando per ripristinare trasparenza, correttezza e rispetto della legge in ogni ambito. É questo il modo migliore, intellettualmente più onesto, per rendere onore alla memoria di questi grandi servitori dello Stato e incarnare l’insegnamento che ci ha lasciato Giovanni Falcone: “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine”.

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