Il Partito Socialista lascia libertà di voto per il ballottaggio al Comune di Frosinone. Sul piano politico vuol dire che il quadro del centrosinistra non si ricompone e che quindi Domenico Marzi e il Pd non potranno contare su un “serbatoio” del 6% di consensi che sarebbe stato utilissimo per una rimonta che a questo punto appare davvero ai confini dell’impossibile. Soprattutto dopo che Azione e Udc (in attesa della decisione di Mauro Vicano) avevano ufficializzato il sostegno a Riccardo Mastrangeli, candidato del centrodestra. Con Giuseppe Cosimato che ha suggerito l’astensione, significa che nessuno degli altri tre schieramenti che hanno concorso al primo turno si posizionerà nel Campo largo.
SCHIETROMA TIENE IL PUNTO
L’assemblea dei candidati nella lista del Psi schierati con Vincenzo Iacovissi ha espresso “soddisfazione per l’ottimo risultato conseguito che, con circa il 6% dei voti, ha consentito al progetto politico del nuovo centrosinistra di incontrare il favore di numerosi elettori e di avere rappresentanza in consiglio comunale”. “Il risultato elettorale conseguito – si legge – costituisce però solo il primo passo verso l’affermazione di un’alternativa politica in città, sulla quale verrà impostata l’azione per la realizzazione dei punti programmatici ritenuti essenziali, a cominciare dal grande capoluogo, dall’istituzione di un polo interuniversitario del Lazio e dalla campagna “zero cemento”. Per tali ragioni di coerenza e linearità, l’assemblea ha ritenuto opportuno lasciare piena libertà di voto agli elettori in occasione del turno di ballottaggio”.
Nei fatti Gian Franco Schietroma lascia la porta chiusa al Pd e anzi effettua altri tre giri di chiave. Il centrosinistra classico non esiste più da anni e il leader socialista aveva detto in modo inequivocabile a De Angelis che il Campo largo con i Cinque Stelle avrebbe allargato il fossato ulteriormente. Così è stato.
C’è un ulteriore elemento che bisogna considerare. Esattamente dieci anni fa, nel 2012, Gian Franco Schietroma posizionò il Psi a sostegno di Domenico Marzi nello scontro fratricida con Michele Marini. Una decisione sofferta, che poi comportò l’uscita dai Socialisti di un pezzo da novanta come Angelo Pizzutelli. Allora però Schietroma individuava in Marzi l’uomo giusto per vincere le elezioni. Al ballottaggio andò Michele Marini, che perse contro Nicola Ottaviani. Però i Socialisti non esitarono nello schierarsi. Il fatto che stavolta invece abbiano lasciato libertà di voto dimostra quanto sia profonda e irrecuperabile la rottura con il Partito Democratico.
Lo stesso Marzi, nel 1998 e nel 2002, aveva costruito i successi al secondo turno sulla capacità di saper attrarre anche voti del centrodestra. Partendo però da un’alleanza piena e forte di centrosinistra. Condizioni venute meno. Inoltre in entrambe le occasioni Domenico Marzi era passato in testa al primo turno, elemento fondamentale al Comune di Frosinone per essere eletto sindaco ai tempi supplementari. Finora non ci sono mai state eccezioni. Con la decisione di ieri Schietroma si smarca completamente e definitivamente da un Campo largo al quale non ha mai creduto.
LE PROSPETTIVE DI CALENDA
La lista di Azione appoggia Riccardo Mastrangeli. In caso di vittoria del candidato del centrodestra, Carlo Calenda avrà un approfondimento in più per studiare la tattica in previsione delle regionali del prossimo anno. Tra pochi giorni, il 21 giugno, la parte del Movimento Cinque Stelle guidata da Giuseppe Conte potrebbe votare contro il Governo Draghi sulla questione dell’invio delle armi all’Ucraina. Sarebbe la certificazione dell’anno zero dei pentastellati. Il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha attaccato frontalmente Conte in questi ultimi giorni. Mentre il fondatore Beppe Grillo, effettuando l’ennesimo salto carpiato senza rete, sembra stare dalla parte dell’ex presidente del consiglio. Di Maio è pronto alla scissione, ma gli addetti ai lavori ipotizzano perfino degli scenari più vasti e complessi.
Carlo Calenda si è guadagnato sul campo (con il risultato alle comunali di Roma) un diritto di prelazione su una “Cosa” centrista che potrebbe coinvolgere anche una parte di Forza Italia, alcuni “spezzoni” di Italia Viva e di altre formazioni politiche. Ma forse pure Luigi Di Maio. Scopriremo tra qualche mese se si tratta di fantascienza oppure no.
Intanto alle regionali del Lazio Carlo Calenda un ruolo importante vuole averlo. Non è detto per forza nell’ambito di una coalizione di centrosinistra. Specialmente perché il leader di Azione non sopporta l’asse (perdente) che continua a resistere tra Goffredo Bettini e Giuseppe Conte. Si tratta dello stesso asse che non vedrebbe male nel centrosinistra la candidatura a Governatore del Lazio di Enrico Gasbarra. E’ proprio per questo motivo che l’ipotesi dell’ex presidente della Provincia di Roma è in caduta libera, mentre invece si rafforzano quelle di Daniele Leodori e Alessio D’Amato. Un successo di Mastrangeli nel capoluogo ciociaro verrebbe valutato attentamente da Calenda. Mauro Vicano non può non tenerlo presente dopo che Azione e Udc si sono posizionate con il candidato del centrodestra. Infine, la presidenza della Provincia: non ci saranno altre elezioni comunali prima della scadenza del mandato di Antonio Pompeo. Perciò la composizione del prossimo Consiglio di Frosinone può far pendere la bilancia dall’una o dall’altra parte: sindaco e consiglieri del capoluogo hanno il massimo di voto ponderato possibile. I rapporti di forza tra centrodestra e centrosinistra dipenderanno dal ballottaggio del 26 giugno. E’ un aspetto che stanno studiando già Francesco De Angelis (Pd) e Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia). Concentrati sull’elezione che può cambiare gli equilibri.