Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche e Valle d’Aosta: il voto in queste Regioni è destinato a definire tempi, equilibri e strategie nazionali. Ad ogni latitudine, perché nessuno può tirarsi fuori. Non dopo che Giorgia Meloni ha dettato le condizioni, chiedendo all’intera coalizione di centrodestra di ragionare e muoversi unitariamente.
In autunno milioni di elettori di questi territori saranno chiamati alle urne per rinnovare i rispettivi consigli regionali. Vuol dire che la partita si sposta anche e soprattutto nelle aule parlamentari. Dunque, nessun dorma: né i deputati né i senatori. E men che meno i partiti. L’apertura di Fratelli d’Italia al terzo mandato dei Governatori non va letto solo come un segnale di distensione nei confronti della Lega, ma anche come una precisa strategia politica che Giorgia Meloni ha bene in mente. Perché una ricandidatura di Luca Zaia avrebbe due effetti: mantenere il Veneto al centrodestra e dare a FdI la possibilità di rivendicare successivamente la candidatura alla presidenza della Lombardia (Attilio Fontana potrebbe concorrere come sindaco di Milano). Non solo: un eventuale via libera al terzo mandato determinerebbe immediatamente una conseguenza: la discesa in campo di Vincenzo De Luca in Campania. “Contro” quel Campo Largo di centrosinistra che dovrebbe guidare l’ex presidente della Camera Roberto Fico, del Movimento Cinque Stelle. E se il “divide et impera” funziona dai tempi degli antichi romani, un motivo ci sarà.
Non sfugge a nessuno che qualora il centrodestra dovesse vincere perfino in Campania, ciò rappresenterebbe un successo enorme. A quel punto nessuno scenario sarebbe precluso. Neppure che Giorgia Meloni possa ragionare sulla possibilità di elezioni politiche anticipate, per cavalcare l’onda del consenso.
Il centrosinistra però non sta a guardare. Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha detto: “Se si decide di eliminare il limite dei mandati o riportarli a tre, per le Regioni, dovrebbe insieme essere fatto anche per i Comuni. Perché altrimenti gli unici ad avere il limite dei due mandati sarebbero i sindaci dei Comuni con più di 15.000 abitanti in tutta Italia. Ma è una legge elettorale, che va fatta con una norma e non con un decreto”. Ogni singola parola è stata pesata. Il Consiglio di Stato ha già stabilito che si andrà alle urne “entro il 20 novembre”. Dunque vuol dire che tempi per un cambiamento della legge elettorale sono strettissimi. Considerando l’estate di mezzo ma pure i dubbi di alcuni partiti del centrodestra. Per esempio Forza Italia: “La nostra linea rimane la stessa e non cambia, non siamo favorevoli al terzo mandato”.
Giorgia Meloni, però, è determinata e sarebbe disposta perfino ad una sessione parlamentare “intensa” nei mesi estivi per cercare di avviare una serie di riforme.
Il terzo mandato ai presidenti delle Regioni è al primo posto, ma c’è anche la proposta di legge per eliminare il ballottaggio nei Comuni con oltre 15.000 abitanti qualora uno dei candidati superi il 40% più uno dei voti al primo turno. Si tratta di una impostazione parametrata su quel crollo dell’affluenza ormai endemico nei Paesi occidentali.
Dicevamo che i livelli locali non potranno chiamarsi fuori, anche se sono espressioni di territori (come il Lazio) che non sono impegnati nella tornata elettorale autunnale. Deputati e senatori saranno i protagonisti della stagione legislativa su queste tematiche.
C’è uno scenario del quel si parla nei corridoi dei Palazzi della politica. Il Comune di Roma è una roccaforte del Pd e del centrosinistra, con il sindaco Roberto Gualtieri che rappresenta un modello per l’intera coalizione. Gualtieri naturalmente punta al bis. Il centrodestra cercherà di impedirglielo. Contrapponendo l’esperienza della Regione Lazio guidata da Francesco Rocca.
C’è un elemento da considerare: il sistema elettorale per la Regione non prevede il doppio turno, quello delle comunali sì. Ma cosa potrebbe succedere se passasse la riforma che superando il 40% si evita il ballottaggio e si vince? Un risultato che, a Roma, il centrodestra ritiene ampiamente alla propria portata. Ecco perché la “battaglia” sul terzo mandato rappresenterà intanto un primo passo decisivo.