Entro il 23 novembre dovranno svolgersi le elezioni in sette Regioni: Calabria, Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto.
Si comincia nelle Marche e in Valle d’Aosta il 28 e 29 settembre, poi sarà la volta della Calabria il 5 e 6 ottobre. Quindi la Toscana andrà alle urne il 12 e 13 ottobre. Non c’è ancora una data in Veneto, Campania e Puglia e non si tratta di un caso. I leader aspetteranno l’esito delle Marche, dove a sfidarsi sono l’uscente Francesco Acquaroli (centrodestra) e Matteo Ricci (centrosinistra). Poi si capiranno meglio le strategie “globali”. Un test di straordinaria valenza politica quello delle regionali, specialmente in Veneto, Campania e Puglia. Contesti dove esiste un minimo comun denominatore: il peso degli “uscenti”. Pensiamo al leghista Luca Zaia, ma pure a Michele Emiliano (Pd) e naturalmente a Vincenzo De Luca, “ribelle” (ma fino ad un certo punto) del Partito Democratico. La legge impedisce ai Governatori di candidarsi per il terzo mandato e la “ratio” è quella di favorire un ricambio della classe dirigente, evitando al contempo una eccessiva concentrazione di potere.
Ma si tratta di una situazione conosciuta. Non è stato un “blitz”. E se perfino i big del calibro di Giorgia Meloni ed Elly Schlein devono fare i conti con questa situazione, c’è un altro punto di vista. Luca Zaia, Michele Emiliano e Vincenzo De Luca hanno sicuramente la possibilità di fare politica in altre “piattaforme”. Parlamentari per esempio. Ma tutti e tre, invece, intendono rimanere ancorati al proprio territorio. Di più: vogliono dare la carte ai “successori”. Poco da girarci intorno. Vuol dire che il “peso” politico di un ruolo come il Governatore è enorme. Più di quello di un parlamentare e perfino di un ministro. Un elemento del quale va tenuto conto. In queste regionali d’autunno il fattore “ex” (o è preferibile chiamarlo “uscente”?) farà da protagonista. Uno scenario del quale tenere conto anche nel Lazio. Finita la pausa estiva, l’Amministrazione di Francesco Rocca si appresta ad iniziare una stagione impegnativa. Dovranno necessariamente essere prese decisioni sul Piano rifiuti e intanto su tematiche come la sanità non sarà possibile abbassare la guardia. E’ necessario uno scatto dell’intera coalizione di centrodestra.
I CONTI SENZA… IL 40%
Si stanno facendo i conti senza… l’oste. Ma soprattutto senza due elementi politici evidenti. Il primo è che il progetto del centrodestra di prevedere l’elezione a sindaco, senza bisogno di ballottaggio nei Comuni con oltre 15.000 abitanti, se si è raggiunto almeno il 40% dei voti al primo turno, non è affatto tramontato. Anzi.
Il secondo riguarda la determinazione del presidente del consiglio Giorgia Meloni di conquistare il Campidoglio (e Milano).
Lo schema del centrodestra è noto: modificare gli articoli 72 e 73 del testo unico delle leggi sugli enti locali per cui risulterebbe eletto sindaco “il candidato che ottiene il maggior numero di voti a condizione che abbia conseguito almeno il 40% dei voti validi”. Oggi serve il 50% più uno. Nella proposta presentata, in particolare in un emendamento, si legge che “in caso di parità tra due candidati (pari o oltre il 40%) sarà eletto chi ha incassato il maggior numero dei voti validi”. Previsto inoltre un rilevante premio di maggioranza per il candidato sindaco vincente al primo turno. Testuale: “Alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito almeno il 60% dei seggi del Consiglio, viene assegnato il 60% dei seggi, sempre che nessuna altra lista o altro gruppo di liste abbia superato il 50% dei voti validi”.
INTANTO… A FROSINONE
In questo momento al Comune capoluogo in molti stanno ragionando come se fossero davvero… i padroni del vapore. Nella convinzione di poter essere decisivi tra due anni, in un quadro di estrema frammentazione politica. In realtà, qualora la legge del 40% non dovesse passare, potrebbe perfino essere così. L’ex sindaco Domenico Marzi, ma pure Andrea Turriziani (Lista Marini) e Gianfranco Pizzutelli (Polo Civico) sono da tempo proiettati su una prospettiva di coalizione trasversale dal forte profilo civico.
Così come il vicesindaco Antonio Scaccia, fondatore della Lista per Frosinone ma anche coordinatore regionale dell’associazione Noi con Vannacci, che fa riferimento all’europarlamentare e vicesegretario della Lega Roberto Vannacci. Inoltre sono noti i malumori nei confronti del Pd da parte di Angelo Pizzutelli, capogruppo dimissionario del partito al Comune capoluogo. Lo stesso sindaco Riccardo Mastrangeli è convinto di poter “sostituire” la coalizione di centrodestra (che lo ha appoggiato tre anni fa) con un’alleanza di tipo diverso. Sempre trasversale e civica, definizioni che sanno di marchio di fabbrica.
Ma con una soglia del 40% per chiudere la partita al primo turno, lo scenario cambierebbe radicalmente. Perché nel centrodestra Fratelli d’Italia farà sentire tutto il peso politico di essere il primo partito della coalizione ad ogni livello. Lo farà a livello regionale con il deputato e coordinatore Paolo Trancassini. Lo farà a livello provinciale con il presidente e parlamentare Massimo Ruspandini. Lo farà a livello comunale con Fabio Tagliaferri, presidente e amministratore delegato di Ales, ma pure punto di riferimento della formazione di Giorgia Meloni nel capoluogo. Ed è complicato immaginare che con FdI non possa esserci Forza Italia. Il presidente del consiglio comunale Massimiliano Tagliaferri è uno dei punti di forza storici del centrodestra cittadino. L’uscita dalla Lista Ottaviani non cambia nulla sotto questo punto di vista. Ragione per la quale Massimiliano Tagliaferri sarà dalla stessa parte di Fratelli d’Italia e di FI. E con lui altre realtà civiche.
IL BIVIO MOLTO SCOMODO DELLA LEGA
Con il via libera alla legge del 40% sarebbe la Lega ad essere messa davanti ad un bivio. Perché a quel punto sia il sindaco Riccardo Mastrangeli che il parlamentare e segretario provinciale Nicola Ottaviani dovrebbero tenere presente il contesto di coalizione. Se nel 2022 la galassia Carroccio-liste civiche aveva una dimensione prevalente, oggi non è più così. Il “pallino” è nelle mani di Fratelli d’Italia ad ogni livello (nazionale, regionale, provinciale, comunale). Fra l’altro nel capoluogo ciociaro il centrodestra viene da tre vittorie consecutive. All’interno della Lega c’è il convincimento che l’indicazione del candidato sindaco di Frosinone continuerà ad essere “in quota” al partito di Matteo Salvini. Come contrappeso al fatto che a Latina invece è Fratelli d’Italia a indicare il candidato. Però non è una situazione immutabile, soprattutto se il quadro del centrodestra venisse rotto. Come sta succedendo a Frosinone.