Prima il leader della Lega Matteo Salvini, poi il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri. A strettissimo giro di posta, nei giorni scorsi. Entrambi hanno voluto sottolineare la necessità di mandare in soffitta una volta per tutte la riforma Delrio riguardante le Province. Una riforma entrata in vigore nel 2014 e rimasta operativa anche dopo la bocciatura del referendum costituzionale del 2016, quello della sconfitta politica di Matteo Renzi. Gli enti sono stati letteralmente stravolti: sul piano del personale, su quello delle risorse. Perfino relativamente al sistema elettorale, diventato di secondo livello: vale a dire che alle urne non viene chiamato il “popolo sovrano”. Ma gli amministratori: sindaci e consiglieri dei 91 Comuni. In undici anni sono state presentate diverse proposte di legge per tornare alla situazione precedente. A dama però non si è mai arrivati. Probabilmente perché in fondo l’attuale formula non scontenta proprio tutti.
C’è un elemento da considerare però: gli spazi di rappresentanza (e di elezione) si sono ristretti ad ogni livello. Specialmente nei territori. Per quanto riguarda la Ciociaria, le consultazioni con la Delrio hanno determinato per due volte la vittoria di Antonio Pompeo e per una di Luca Di Stefano. In tutte e tre le occasioni, però, a dominare sono state le spaccature nelle coalizioni e nei partiti e l’attivazione di (decisivi) meccanismi trasversali.
Se davvero si ripristinasse l’elezione diretta, sicuramente si metterebbero in moto una serie di processi politici importanti. Quali? Proviamo a immaginarli tutti.
Per esempio nel Partito Democratico sia Francesco De Angelis, Antonio Pompeo o l’ex presidente del Consiglio regionale Mauro Buschini potrebbero decidere di scendere in campo per la presidenza dell’ente di piazza Gramsci. Con tutto quello che ne deriverebbe, perfino sul piano degli equilibri interni dei Democrat.
Certamente un pensierino alla candidatura lo farebbe anche Luca Di Stefano. Poi ci sono delle ipotesi che verrebbero prese in considerazione. A cominciare da Germano Caperna, sindaco di Veroli, alla guida di una coalizione trasversale. Il ruolo di consigliere provinciale lo ha ricoperto per diverso tempo. Per anni punto di riferimento del Pd, poi il passaggio a Italia Viva di Matteo Renzi. Adesso Caperna ha una dimensione civica.
Massimiliano Quadrini, sindaco di Isola del Liri, è dato in rotta di avvicinamento alla Lega. Già consigliere provinciale per molti anni, è stato un esponente di punta del Pd, dal quale è andato via sbattendo la porta. Proprio quando si è reso conto che il partito non avrebbe puntato su di lui per la candidatura alla presidenza della Provincia. Quindi una parentesi con Azione di Carlo Calenda, chiusa da qualche mese. Il Carroccio potrebbe in effetti mettere sul tavolo del centrodestra il nome del sindaco della cittadina della cascata.
Nella coalizione, però, a dare le carte è inevitabilmente Fratelli d’Italia, partito di maggioranza relativa ovunque. Dal piano nazionale a quello regionale. E naturalmente provinciale. Sicuramente sull’indicazione della candidatura alla presidenza della Provincia la prima parola spetterebbe a Massimo Ruspandini, deputato e presidente provinciale di Fratelli d’Italia. Lo scenario di una sfida all’ultimo voto Ruspandini–De Angelis è decisamente suggestivo.
In Forza Italia, i nomi potrebbero essere quelli di Anselmo Rotondo e Gioacchino Ferdinandi mentre la Lega potrebbe provare a schierare Riccardo Mastrangeli o Nicola Ottaviani.
Il ritorno all’elezione diretta, pure per i consiglieri, rappresenterebbe una scarica di adrenalina nel sonnacchioso panorama politico ciociaro.
Le proposte di legge avanzate per superare la Delrio sono state diverse. Una in particolare, avanzata in commissione affari costituzionali del Senato prevede che il presidente della Provincia torni ad essere eletto direttamente dai cittadini, a suffragio universale. Con il potere di nominare la giunta. Il numero degli assessori, in una Provincia fino a 500.000 abitanti (come Frosinone), sarebbe di 4. Ad uno degli assessori verrebbe assegnata la delega di vicepresidente. Per quanto riguarda invece i consiglieri, sempre in una Provincia fino a 500.000 abitanti, ne sarebbero eletti 20. La durata del mandato, sia per il presidente che per i consiglieri, sarebbe di 5 anni.
Tra i ruoli di assessore e consigliere è prevista l’incompatibilità, ma ci sarebbe un meccanismo di “sospensione” dal ruolo di consigliere nel caso di incarico in giunta. Previsto un premio di maggioranza del 60% per il presidente eletto. Per il consiglio provinciale, si tornerebbe ai collegi elettorali plurinominali, nei quali potrebbero competere da 3 a 8 esponenti. Possibili due preferenze, con il meccanismo di un uomo e una donna. Ipotizzata altresì una soglia di sbarramento del 3%.
Sarà la volta buona? Impossibile fare ipotesi.