Non è una Pasqua di resurrezione, ma soltanto di passione: la guerra tra Russia e Ucraina e una pandemia non ancora alle spalle preoccupano e impediscono di vedere un orizzonte diverso.
Il Vescovo Ambrogio Spreafico ha voluto ricordarlo all’Abbazia di Casamari, durante l’omelia della messa crismale, parlando di un mondo “così segnato dal dolore, dalla sofferenza causata dalla pandemia, dalle guerre, da ultimo quella in Ucraina, dall’ingiustizia e dalle disuguaglianze che creano povertà ed esclusione”. Il conflitto tra Russia e Ucraina ha cambiato tutto, decretando il fallimento di quel modello di sviluppo e di relazioni definito “globalizzazione”. Dovremo prenderne atto.
L’inutile vertice di martedì. Aveva senso, a giochi aperti, se le inutili Roberta Lombardi e Ilaria Fontana avessero capito cosa stesse accadendo sulla questione Catalent
Ancora una volta la provincia di Frosinone si dimostra specialista nello sport di chiudere le stalle quando i buoi sono fuggiti. Per martedì Mauro Buschini ha convocato un vertice urgente (sic) con gli assessori allo sviluppo economico e all’urbanistica, con i rappresentanti degli industriali, con i sindacati e con il commissario della zona Sin Valle del Sacco. Ha il sapore della beffa. Il vertice aveva un senso quando a Catalent si chiedevano tonnellate di carte e documenti, quando si rinviavano decisioni, quando si moltiplicavano inutili conferenze. Il vertice aveva un senso, a giochi ancora aperti, se le inutili Roberta Lombardi (la donna forte del “campo largo” caro ai Dem Regionali) e Ilaria Fontana avessero dialogato tra di loro per capire cosa stesse succedendo nella burocrazia del Ministero della Transizione Ecologica
Esiste ora una sola possibilità che Catalent sia disposta a tornare indietro? No. I 100 milioni di dollari da investire nel sito di Anagni sono stati dirottati in Inghilterra, insieme a 100 posti di lavoro altamente specializzati. Insieme ad un barlume di speranza per il futuro di questo territorio e dei nostri giovani. Adesso, dicono, il tema della Catalent è sul tavolo del premier Mario Draghi.
Ma le analisi del giorno dopo non servono a nulla. I danni fatti dalla burocrazia e dalla gestione del Sin della Valle del Sacco si sommano a decenni di annunci rimasti tali. La perimetrazione doveva servire a bonificare e a risanare l’area. Invece nulla è stato fatto, mentre invece sono rimasti i vincoli, insuperabili per le aziende. Anche dal punto di vista economico, perché i costi per effettuare indagini nel sottosuolo (che spesso si rivelano inutili) sono proibitivi. Parliamo di centinaia di migliaia di euro per eseguire sondaggi che vanno effettuati da ditte specializzate, da geologi e da ingegneri. Molti non ce la fanno, altri (come la Catalent) salutano e vanno via. Le polemiche di questi giorni sono ridicole e a tratti vomitevoli.
Il “tavolo” chieda a Draghi di chi sono le responsabilità. Di chi sono le omissioni e le superficialità
Anagni è un caso nazionale perché adesso qualcuno pensa di investire della problematica il governo Draghi. Vediamo se oltre alla soluzione (impossibile) il “tavolo” sarà capace di chiedere a Draghi, versione detective, l’indicazione precisa dei responsabili, delle omissioni, delle superficialità, del mancato rispetto dei tempi stabiliti dalla procedure. Verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere, pensando a Brunetta che qualche settimana fa parlava, nel rapporto tra utenza e pubblica amministrazione, di procedimenti amministrativi che non dovranno mai superare i 30 giorni. Pena, la possibilità di colpire economicamente i pubblici funzionari responsabili del procedimento.
Le parole e le assunzioni di responsabilità hanno un valore e un Governo nato anche per creare lavoro (oltre che per contrastare la pandemia) non dovrebbe sottrarsi a questo. A un’indagine precisa sulle responsabilità. Il governo Draghi, per giunta, è nato sotto il segno della Transizione ecologica. Beppe Grillo usò questo argomento per convincere i Cinque Stelle a sostenere un esecutivo costruito sulle ceneri del siluramento di Giuseppe Conte. Non è una questione di caccia alle streghe, ma è stato istituito un Ministero per la transizione ecologica e c’è un sottosegretario della provincia di Frosinone: Ilaria Fontana, proprio dei Cinque Stelle. Alla Regione Lazio c’è un assessore alla transizione ecologica dei Cinque Stelle, Roberta Lombardi. Si possono chiedere perlomeno spiegazioni senza sentirsi rispondere che la competenza è in capo ad altri enti? Se pure fosse così, il ruolo della politica quale sarebbe?
La questione Valle del Sacco, le autorizzazioni bloccate da uffici che pullulano di tanti impreparati “Don Abbondio” e una questione irrisolta: con i “No” a tutto rischiamo di morire di fame.
La Catalent è la punta di un iceberg però. In Ciociaria le aziende non riescono ad ottenere un’autorizzazione ambientale, aspettano anni per effettuare piccoli interventi edili, devono superare un percorso ad ostacoli per ottenere un via libera ad un semplice scarico fognario. Lavorare in queste condizioni è impossibile. Gli uffici tecnici, a causa del depotenziamento della politica e di una magistratura a volte troppo invasiva, si sono trasformati in covi pieni di “Don Abbondio” impreparati e privi di coraggio che fanno a gara a rimandare decisioni senza tener conto dei costi che questo comporta per il futuro di imprese e investimenti.
L’inquinamento della Valle del Sacco è un’emergenza da decenni e nulla è stato risolto. A cominciare dalla “puzza” che ammorba Ceccano e altri paesi dei Lepini. Ogni tanto si registrano riunioni di Tavoli attorno ai quali si fanno esercizi di filosofia teoretica. Qualche politico coraggioso ha posto più volte il problema, ma le risposte non sono mai arrivate. Questo strepitare per il caso Catalent dopo l’enormità del danno prodotto è insopportabile. Ma c’è all’orizzonte una dimensione nazionale e internazionale che non possiamo far finta di non vedere.
La guerra in Ucraina ha accelerato un processo già atto: il caro energia. Si tratta di un problema che schiaccerà le nostre imprese e le famiglie. Pure in questo caso non si può dire che si sia trattato di un fulmine a ciel sereno. L’Italia da sempre ha rinunciato ad avere una propria politica energetica: l’ha delegata all’Eni. Non è la stessa cosa. Inoltre ogni tipo di possibile soluzione alternativa preparata per tempo è stata bocciata “dall’invincibile armata del no a tutto e a tutti costi”: no alle centrali nucleari, no alle energie alternative, no agli impianti fotovoltaici, no alle discariche, no agli impianti di trattamento dei rifiuti dai quali ricavare energia. Oggi l’Italia è tra i Paesi più esposti allo tsunami che sarà determinato dal caro energia, ma pure dalle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Abbiamo fatto finta di non accorgerci di quello che stava succedendo. Ma la cosa più grave è che si continua nel balletto (indecente) dello scaricabarile.
Buona Pasqua di Resurrezione a tutti i nostri lettori.