Erano state annunciate e celebrate con la fanfara, come l’inizio di un processo che si sarebbe concluso con il pieno rilancio della Provincia. Come se non ci fosse un livello legislativo nazionale che, a partire dal 2014, ha degradato le Province ad enti di secondo livello, sforbiciando risorse e personale, in assoluta e totale coerenza con la più becera ondata anti Casta che ha “ucciso” merito e competenze nel nostro Paese.
Ma le elezioni del 18 dicembre scorso avrebbero dovuto segnare l’inizio della riscossa della Provincia guidata dal presidente Antonio Pompeo. Invece non è successo nulla, l’ente è sempre più marginale nonostante i tentativi di far credere che il rilancio economico e la gestione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza passino da piazza Gramsci.
In realtà la nostra di Provincia, nel panorama già disastrato di questi enti degradati, è praticamente assente sul piano politico, strategico e decisionale. A farla da padrone sono un nugolo di burocrati che gestiscono risorse e la fanno da padrone sulle grandi direttrici dello sviluppo. Non è la politica, per esempio, a indirizzare, come dovrebbe, la transizione ecologica e le scelti ambientali. Sono i funzionari che fanno il bello e cattivo tempo abbarbicandosi sulle norme e sfruttando l’inesistenza o forse l’ignavia della politica.
Antonio Pompeo è al secondo mandato da presidente della Provincia e la scadenza del ruolo è prevista a ottobre. Da mesi non va oltre la messa in evidenza di un presunto patto di ferro (o abbraccio mortale?) con Francesco De Angelis. Pompeo vuole semplicemente giocarsi la carta di una candidatura alla Regione Lazio e sta facendo un pensierino ad un ticket con Sara Battisti. Come se non ci fosse un altro consigliere regionale uscente, cioè Mauro Buschini. Fossimo nel presidente della Provincia cercheremmo altre strade per coronare il sogno di uno scranno alla Pisana. Alla Provincia, dicono, guida una coalizione di Campo Largo. Nel gruppo del Pd tre consiglieri su quattro fanno riferimento a Francesco De Angelis: Enrico Pittiglio, Gaetano Ranaldi, Alessandro Mosticone. Con Pompeo c’è solo Antonella Di Pucchio.
Il Polo Civico non fa riferimento a lui e neppure a Gianfranco Pizzutelli. Uno come Alessandro Cardinali (vicepresidente), neanche a dirlo, gioca in proprio e comunque l’accordo (senza abbraccio) lo ha fatto con Francesco De Angelis. Tanto per cambiare.
L’altro consigliere del Polo Civico è Alessandro Rea, che a Ferentino non è proprio un alleato di Pompeo. Anzi, il contrario. Inoltre al Comune di Ferentino sono numerosi (e inascoltati) i segnali di disgregazione e cedimento della maggioranza.
Luigi Vacana fa da solo, non ha bisogno di nessuno e i ruoli che ha ricoperto in questi tre mandati sono il frutto dei voti ponderati personali più che della lista che rappresenta e guida. Non esiste il Campo Largo alla Provincia. Ma non esiste nemmeno un’attività amministrativa che sia il risultato di una condivisione politica. Ci sono deleghe ai consiglieri, che non somigliano neppure lontanamente a quelle che potevano avere gli assessori.
Ci sarebbe quindi il campo delle opposizioni. In realtà all’opposizione ci sono soltanto i due consiglieri di Fratelli d’Italia: Daniele Maura e Riccardo Ambrosetti. Come si fa a considerare la Lega all’opposizione visto che Luca Zaccari (pupillo politico di Pasquale Ciacciarelli) ha le deleghe alla presidenza dell’aula e Gianluca Quadrini (voluto in lista da Francesca Gerardi) ha una delega operativa? Rimane Andrea Amata, fedelissimo di Nicola Ottaviani. L’unico senza deleghe attribuite da Pompeo. La Provincia non si vede e non si sente nella politica ciociara. Antonio Pompeo ha sempre detto di voler puntare sugli amministratori locali. Ma questo non è un Campo largo. Semmai un’ammucchiata: Pd, Polo Civico, Provincia in Comune, Lega.
Un Campo Largo nel quale Pompeo cerca di navigare a vista. Tra tante nebbie, onde piuttosto alte e una ciurma della quale farebbe bene a non fidarsi troppo.