In attesa che la riforma diventi realtà, si torna a parlare del futuro della Provincia. Sul piano politico in ambito pontino, il tema non è ancora entrato nell’agenda dei partiti. Ma molto probabilmente lo sarà dopo le amministrative. L’alleanza di centrodestra impone a Fazzone &C. di rivedere le strategie sul piano locale. Il sostegno ad un presidente della Provincia, schierato su posizioni antitetiche alla coalizione FdI-Lega-FI crea non pochi problemi. Su questo punto Enrico Tiero nel recente passato è stato chiaro. “Vorremmo sapere come intenda risolvere la questione relativa alla Provincia di Latina dove governa con il Pd -aveva ammonito Tiero dopo la caduta dell’amministrazione Coletta– l’unità del centrodestra non si fa a parole, si fa nei fatti, a Forza Italia non resta che dimostrare da che parte vuole stare”. Se passerà la riforma dell’ente anche a Latina si dovrà presto tornare al voto, forse già entro un anno, per eleggere presidente e Consiglio.
DIALOGO SULLA RIFORMA
Le Province sono un terreno comune di dialogo, perché non puntare davvero su questi enti per giungere finalmente a una riforma senza scontri? Fdi, FI, Lega, Pd, M5s e forse Terzo polo: ci stanno tutti a rimettere in acqua il brutto anatroccolo dell’architettura costituzionale della Repubblica.
La fase dell’elaborazione di un testo unico su cui votare, partendo dalle innumerevoli proposte di legge presentate, è ormai avviata. L’atteso ciclo di audizioni, presso la commissione Affari costituzionali, potrebbe divenire l’occasione per una riflessione seria che vada al di là del moltiplicarsi degli appuntamenti elettorali e delle poltrone. Una proposta pacifica e bipartisan dovuta, considerato che serve per archiviare la legge Delrio che aveva abolito l’elezione diretta di presidenti e consiglieri provinciali, in attesa della totale cancellazione di questi organismi (che poi non c’è stata in seguito al referendum del 4 dicembre 2016 che ha bocciato Renzi).
GLI STIPENDI SALVI
In tutto questo, al di là delle valutazioni politiche orientate a ripristinare una rappresentanza dei cittadini in seno a tali organismi, va subito detto che i costi delle poltrone, conti alla mano, poco prima dell’entrata in vigore della riforma Delrio, sfioravano gli 80 milioni di euro. Prima di Delrio, sia con il Governo Berlusconi (nel 2011) che con quello guidato da Monti (2012, spending review) c’era stata una riduzione dei costi culminata con il taglio del 20% delle poltrone delle province. La riforma è diventata operativa dal 1° gennaio 2015 e le giunte esistenti hanno continuato ad operare per 9 mesi, accompagnando l’avvio del nuovo sistema. Nel frattempo, come spesso accade in Italia, con una si toglie e con l’altra si da: così, una «manina», nel 2019, ha reintrodotto (a partire dal 2020) lo «stipendio» per il Presidente della Provincia prevedendo una indennità «pari a quella del sindaco del comune capoluogo, in ogni caso non cumulabile con quella percepita in qualità di sindaco». Insomma, un sindaco di un comune «piccolo», se guiderà la Provincia, avrà diritto alla differenza tra l’indennità del sindaco capoluogo e quella da primo cittadino del Comune da lui amministrato.