Le vicende degli ultimi giorni, se non fosse già chiaro a tutti, stanno dimostrando che il successo elettorale della Meloni non è stato casuale: in questo momento nell’offerta politica rappresenta l’unica dotata di quella dote immateriabile che si chiama “leadership”. Quella che non si costruisce automaticamente con i voti, con le nomine calate dall’alto o con i giochi di corrente. Ma che viene da un lungo e tenace lavoro di crescita portato avanti con determinazione e senza far ricorso a scorciatoie di varia natura.
Quando Giorgia Meloni dice a Berlusconi “non sono ricattabile” blandisce immediatemente l’arma letale. Quella che in questo momento le permette di essere arbitro di una partita che Salvini e Berlusconi potranno giocare soltanto se si adegueranno alle richieste della leader di Fratelli d’Italia. La formazione del nuovo governo avverrà sulla base delle competenze, del merito e della qualità. E chi non ci sta si prenderà, tutta, la responsabilità di far naufragare il tentativo del centrodestra, dopo la vittoria alle politiche, di tornare a governare il nostro paese.
LA MONTAGNA DA SCALARE
Intanto toccherà ai segretari regionali dimostrare l’unità della coalizione. A Paolo Trancassini (Fratelli d’Italia), Claudio Durigon (Lega) e Claudio Fazzone (Forza Italia). Avranno loro il difficile compito di cercare un candidato unitario per la Regione Lazio, da dieci anni “feudo” del Partito Democratico con la doppia vittoria di Nicola Zingaretti. Ma a questo punto è probabile che sul tavolo regionale arrivino anche le indicazioni per le candidature a sindaco di un capoluogo come Latina o di città strategiche quali sono Anagni e Ferentino. Ma certo dopo i bigliettini di Berlusconi e la risposta della Meloni sarà come scalare una montagna. In Ciociaria, nonostante il convincente e convinto successo a Frosinone, la coalizione non ha fatto registrare passi in avanti. Non esiste un assetto nuovo con uno schema alternativo a quello che è andato avanti per decenni. Sia a livello nazionale che locale Forza Italia fatica a prendere atto di non essere più il partito di maggioranza all’interno del centrodestra. E quando lo era faceva il bello e cattivo tempo, concedendo le briciole ad An e Ccd-Udc. Diverso il discorso per la Lega, mai interessata ad assumere la leadership della coalizione neppure nel 2018 e 2019, quando è stata primo partito sia alle politiche che alle europee puree in provincia di Frosinone. Adesso i numeri dicono che tocca a Fratelli d’Italia, che però deve fare i conti con il muro di gomma degli alleati. Difficile mettere tutti intorno a un tavolo se chi a quel tavolo dovrebbe sedersi non intende presentarsi. Andare in ordine sparso e senza prendere impegni determina libertà di azione (e di spaccatura) quando si manifestano i primi problemi. Succede ovunque, da anni. Dopo le comunali di Frosinone era sembrato che potesse esserci la svolta, ma in questo momento non appaiono esserci le condizioni, per esempio, per una candidatura unitaria e condivisa alla presidenza della Provincia.
PARTITO DEMOCRATICO IN BAMBOLA
Nei prossimi giorni, a quasi un mese di distanza, anche il Pd provinciale effettuerà l’analisi del voto. Ma con quali spazi di azione e di cambiamento? La segreteria provinciale di Luca Fantini non è in discussione. Neppure le candidature alle regionali sono all’ordine del giorno. E siccome manca pochissimo all’inizio della campagna elettorale, è assai probabile che in campo ci saranno i due uscenti, Mauro Buschini e Sara Battisti, più il presidente della Provincia Antonio Pompeo. Arduo immaginare anche accordi sui futuri ruoli. Conviene a tutti far finta che non sia successo nulla, che non ci sia stata la terza sconfitta consecutiva alle comunali del capoluogo. Che, esattamente come nel 2018, il Pd non è riuscito ad eleggere un parlamentare di questo territorio. Mentre il centrodestra ne ha piazzati 3 (Massimo Ruspandini, Paolo Pulciani, Nicola Ottaviani) e il Movimento Cinque Stelle 1 (Ilaria Fontana). I Democrat andranno avanti senza scossoni. Sicuramente rilanceranno (a parole) il ruolo dei giovani, che però non riescono a trovare spazi tutte le volte che c’è un’elezione importante. Ma dovranno fare attenzione pure agli “anziani”, a chi cioè ha tirato la carretta per decenni ed è stufo di continuare a stare a guardare e a fare finta di nulla. Capito perché in fondo il centrodestra può campare di rendita e permettersi perfino di litigare continuamente?