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Mattarella, Draghi, Meloni e il senso della patria. Quel centrodestra che non esiste

Licandro Licantropo
Oggi al Comune di Frosinone si discute sull’opportunità o meno di proseguire con Solidiamo, il progetto voluto dall’ex primo cittadino Nicola Ottaviani. Fratelli d’Italia ha detto subito di non essere d’accordo.
Ottobre 8, 2022
Sergio Mattarella e Mario Draghi

Mai in otto anni al Quirinale Sergio Mattarella aveva risposto ad una domanda formulatagli per strada. Non lo aveva mai fatto per salvaguardare i profili di istituzionalità e sobrietà insiti nel ruolo. Ma ieri ha voluto fare un’eccezione per dire che “l’Italia sa badare a sé stessa”. Facendo capire alla Francia e all’Europa che non devono permettersi ingerenze nella politica del nostro Paese. Ha blindato Giorgia Meloni dopo che la ministra transalpina agli affari europei Laurence Boone si era lasciata scappare un “vigileremo sull’Italia” francamente inaccettabile. Provocando l’ira della Meloni, ma anche le reazioni fortissime di Mattarella e di Mario Draghi, che ha voluto sottolineare che nell’Unione Europea non c’è preoccupazione per il nuovo Governo che l’Italia avrà. Mattarella-Draghi-Meloni: una triangolazione di alto profilo per rivendicare l’autonomia e la sovranità di un Paese che ha scelto democraticamente il 25 settembre scorso. Per Giorgia Meloni non sarà facile governare e lei lo sa benissimo: magari però gli alleati Matteo Salvini e Silvio Berlusconi dovrebbero prendere esempio dalle risposte ferme di Sergio Mattarella e Mario Draghi. Invece entrambi danno la sensazione di “soffrire” terribilmente la leadership della presidente di Fratelli d’Italia. Infine, stupisce e indigna l’atteggiamento dell’Unione Europea, assolutamente ferma sulle misure di contrasto all’aumento dei prezzi dell’energia ma “pettegola” sugli scenari politici dell’Italia, Paese fondatore non certo bisognoso di tutela.

IN PROVINCIA CENTRODESTRA “SOPRAMMOBILE”

In Ciociaria il centrodestra concorre unito alle elezioni ma non è una coalizione da anni. Non si riunisce, non condivide, non si confronta, non risolve le situazioni, non fa squadra. E’ arrivato il momento di dire come stanno le cose: alle politiche del 25 settembre ha prevalso il voto di opinione e ha “tirato” moltissimo Giorgia Meloni. I candidati nel maggioritario non avevano altra scelta che avere tutti i simboli della coalizione vicino al loro nome, già stampato sulla scheda. Alle comunali di un meccanismo analogo beneficia il candidato sindaco. Ma il centrodestra come coalizione è sparito da anni: pochissime riunioni, mai decisive, assenza di dialogo. E quando succedono episodi che vanno a terremotare il quadro politico, nessuno prende l’iniziativa di provare a convocare i vari leader, provinciali e cittadini. O regionali se serve. Oggi al Comune di Frosinone si discute sull’opportunità o meno di proseguire con Solidiamo, il progetto voluto dall’ex primo cittadino Nicola Ottaviani per iniziative dedicate agli studenti meritevoli e agli anziani. Finanziando il tutto con il taglio del 50% delle indennità di sindaco, assessori e consiglieri. Fratelli d’Italia ha detto subito di non essere d’accordo, perché amministrare un capoluogo è impegnativo, richiede tempo e lavoro e quindi anche delle spettanze all’altezza. Inoltre è ora di chiudere la stagione del populismo e della demagogia che ha messo in croce la politica. In ogni caso a Frosinone da giugno c’è un altro sindaco, Riccardo Mastrangeli. La continuità amministrativa non significa riproposizione in fotocopia di tutto ciò che veniva fatto prima. Comunque la si veda, “Houston, abbiamo un problema”. Davanti a tutto questo la coalizione di centrodestra non c’è, ognuno mette a punto strategie e “tranelli”. E’ un andazzo consolidato. Però sul piano politico qualcosa è successo prima del 25 settembre, quando Riccardo Mastrangeli (che fino ad allora aveva tenuto un profilo super partes e “civico”) si è schierato con la Lega di Nicola Ottaviani. L’equilibrio si è rotto e Fratelli d’Italia ha preferito evidenziarlo. Non è che però qualcuno ha ritenuto opportuno affrontare la situazione alla luce dei nuovi assetti che si erano determinati. Il centrodestra fa così in Ciociaria e anche quando vince lo deve alla forza delle liste e dei candidati e al radicamento sul territorio. Non affronta mai il toro per le corna. Come per le prossime elezioni per la presidenza della Provincia. O per le competizioni comunali di Anagni e Ferentino. Ad Alatri, dove è stata espugnata una roccaforte del Pd, il successo è arrivato grazie ad uno straordinario bacino di voti. Non certo un’azione comune, condivisa e finalizzata. Va avanti in questo modo da troppi anni.

LO SGRETOLAMENTO DEL CENTROSINISTRA

A favorire il centrodestra è stato anche il progressivo sgretolamento del centrosinistra in Ciociaria. Il sistema delle alleanze è andato in pezzi, il Partito Democratico non è in grado di presentare una lista con il simbolo a Ceccano e a Sora, mentre a Frosinone rimedia sconfitte dal 2012. Inoltre perde ad Alatri e Anagni. Mai si era verificato in precedenza. Anche questa debolezza degli avversari è un vantaggio per un centrodestra che da queste parti ha smarrito il senso di coalizione. Prima o poi dovrà pagare pegno e da quel momento il vento potrebbe girare. Una circostanza che andrebbe calcolata.

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