Come tutti i “tormentoni” capaci di fare la differenza arriva un momento nel quale il caos è totale e il tempo stringe.
Per questo, relativamente all’ipotesi del terzo mandato per i Governatori, Fratelli d’Italia ha chiesto agli alleati di fare in fretta. Si voterà in autunno, tra fine ottobre e i primi quindici giorni di novembre. Ma prima bisognerà scegliere i candidati, fare le liste e poi la campagna elettorale. Dunque, la campanella sta per suonare.
Si voterà in Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle D’Aosta e Veneto. Il nodo di partenza per la coalizione di centrodestra è il Veneto, dove la Lega vuole riproporre Luca Zaia. Anche perché un “Doge” libero da qualunque incarico istituzional-amministrativo innervosirebbe non poco Matteo Salvini. Forza Italia però rimane sulle sue posizioni con la contrarietà più volte esplicitata da Antonio Tajani. La posta in palio è alta e probabilmente gli “azzurri” puntano ad ottenere il taglio dell’Irpef. Con il Veneto lasciato alla Lega, per Fratelli d’Italia si aprirebbe la strada della guida del Pirellone in Lombardia.
Tutto passa però da un emendamento che il Carroccio intende presentare all’apposito disegno di legge nel quale è prevista la crescita del numero dei consiglieri regionali per potenziare la rappresentanza dei territori. L’esito della partita si giocherà su tale terreno. Ma il tempo stringe.
È probabile dunque che ci si concentri esclusivamente sul terzo mandato ai presidenti delle Regioni. Per poi affrontare in un secondo “step” le altre tematiche che compongono il “pacchetto riforme”: il terzo mandato anche ai sindaci dei Comuni con oltre 15.000 abitanti, l’abolizione dei ballottaggi sempre nei Comuni con oltre 15.000 abitanti, laddove al primo turno uno dei candidati a sindaco superi la soglia del 40% e il ritorno all’elezione diretta nelle Province.
Diverso il discorso per il “premierato” e per l’eventuale riforma della legge elettorale, alla quale comunque si sta lavorando.
Il presidente del consiglio Giorgia Meloni è, come al solito, pragmatica. In autunno la priorità per il centrodestra è tenere il Veneto e provare a strappare la Campania al centrosinistra. In questo caso, la possibilità di una discesa in campo di Vincenzo De Luca per la “tripletta” complicherebbe non poco le strategie del Campo Largo, che vorrebbe al timone l’ex presidente della Camera Roberto Fico.
Siccome davanti ci sono i “torridi” mesi estivi e il consueto “autunno caldo”, la premier vuole una presa di coscienza globale del centrodestra. Da Bolzano a Mazara del Vallo. Significa niente strappi a qualunque latitudine, limitando al massimo le polemiche, specialmente tra Lega e Forza Italia.
Una situazione che devono tener presente i protagonisti della querelle al Comune di Frosinone. Nessuno escluso. Si inquadra in questo contesto anche l’iniziativa di Paolo Trancassini (coordinatore regionale di FdI nel Lazio) che ha incaricato il parlamentare e presidente provinciale Massimo Ruspandini di guidare la delegazione del partito che incontrerà insieme a lui il sindaco Riccardo Mastrangeli. Nel capoluogo ciociaro la frattura nel centrodestra è stata consumata da tempo. Basti pensare che Forza Italia è all’opposizione. C’è la consapevolezza diffusa che non tutti vogliono la ricostituzione dell’alleanza originaria. Ma per come si stanno mettendo le cose è facile prevedere che mai come stavolta chi si dovesse assumere la responsabilità di una frattura, dovrà mettere in conto di pagare un prezzo politico alto. L’intervento diretto di Paolo Trancassini vuol dire che pure gli alleati dovranno “giocare” ai massimi livelli. Significa che per Forza Italia dovrà dire la sua Claudio Fazzone e per la Lega Claudio Durigon e Davide Bordoni.
Non è per mero esercizio dialettico che da giorni si ripeta continuamente che Frosinone è un Comune capoluogo e che quindi va inquadrato in un contesto più ampio. Perlomeno regionale. Fra l’altro a Roma i dirigenti dei partiti non si pongono neppure il problema che possano esserci delle antipatie personali o dei rapporti lacerati. Perché per loro non è necessario andare d’amore e d’accordo per vincere le elezioni e per governare. Altrimenti quella scienza che si chiama “politica” che cosa ci starebbe a fare?