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L’incredibile storia del “Mago del Palatino”, l’architetto senza titoli di studio

Alberto Fraja
A ricondurre Boni sotto il meritato cono di luce è ora un libro di Sandro Consolato: “Giacomo Boni, scavi, misteri e utopie della terza Roma”
Aprile 11, 2022

Può accadere che la storia smarrisca la memoria dei propri figli. Magari incidentalmente cacciando nell’oblio personaggi cui al contrario andrebbero elevati monumentaaere perennius così da tramandarne la grandezza alle generazioni a venire. E’ il caso di Giacomo Boni. Manzonianamente, chi era costui? Archeologo e architetto, Boni – detto il Mago del Palatino – fu figura di uomo singolare e affascinante. Fu ostetrico del genius loci quant’altri mai. 

A lui, alle sue intuizioni e ai suoi studi si devono infatti alcune sensazionali scoperte nel Foro Romano e sul Palatino medesimo, ammirate ancora oggi dal mondo accademico contemporaneo. A ricondurre Boni sotto il meritato cono di luce è ora un libro di Sandro Consolato: “Giacomo Boni, scavi, misteri e utopie della terza Roma” (Altoforte, 26 euro, 504 pagine). Lo sguardo di Consolato ci offre non solo una panoramica su Giacomo Boni ma anche una prospettiva altra, che porta il lettore nella mente di colui che dell’archeologia non fece un mero esercizio accademico ma una vera e propria ricerca alla riscoperta delle radici più profonde e sacre di Roma. Studioso autodidatta e irregolare, sebbene di vastissima cultura e curiosità, non era né un letterato né un filologo né uno storico dell’arte, e potremmo definirlo in modo un poco più attendibile, come un architetto senza titoli.

La copertina del libro di Consolato

Ciò non gli impedì di lavorare a Venezia prima e di assumere poi, nel 1898, la direzione degli scavi del Foro e del colle sacro che alla Città Eterna aveva dato i natali. In un breve giro di anni, a cavallo dei due secoli, Boni effettuò scoperte che fecero parlare di lui in tutto il mondo. Magari non l’altezzoso ambiente accademico, a cui fu sostanzialmente estraneo, ma il mondo dei giornali e della pubblica opinione, con cui seppe sempre mantenere abili rapporti e pubblicizzare molto bene quanto andava scoprendo. La Aedes Vestae, il Lapis Niger, il Sepolcreto Arcaico della via Sacra, e molti altri ritrovamenti, in pochi anni fecero crollare la teoria ipercritica di scuola tedesca che negava ogni valore alla tradizione storica sulle origini di Roma, e rivoluzionarono la prospettiva sulle origini dell’Urbe. Sarà un primo tempo di conferma della tradizione letteraria, mitica e annalistica, paragonabile solo a quello apertosi dopo il 1988 con le straordinarie scoperte operate tra Foro e Palatino da Andrea Carandini.

Si diceva della bizzarria del personaggio. Boni aveva il suo studio e Il suo alloggio monacale nell’Uccelliera Farnese. Vi visse quindici anni e dal suo romitaggio scendeva solo per lavoro o per accompagnare imperatori, re e presidenti in visita ufficiale agli scavi. Nelle Uccellier accoglieva i più disparati esponenti della cultura italiana e internazionale. Ed è proprio in questi ambienti che è stata collocata anche la celebre Vittoria Palatina, trovata nel 1917 sotto i resti della Turris Cartularia, mentre infuriava il conflitto mondiale, e letta come sicuro pegno di vittoria finale. Il saggio di Consolato si segnala per l’unire il rigore scientifico alla capacità di rendere comprensibile e appassionante a un vasto pubblico l’opera impareggia del “Mago del Palatino”, dando particolare rilievo alle sue idee religiose, in cui si fusero paganesimo classico, francescanesimo, spiritualità indiana, taoismo e shintoismo, nonché alle sue visioni di una radicale trasformazione dello Stato e della società, capaci forse di offrire preziose suggestioni anche all’Italia e all’Europa di oggi.

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