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L’età dell’oro in un metro quadrato. PD, alle radici del declino in Ciociaria

Massimo Pizzuti
Tutti i tecno-miliardari più potenti del pianeta insieme all’Inauguration Day di Trump. Cambia tutto, perfino la Silicon Valley. Il ruolo di Giorgia Meloni. Il segretario regionale del Pd Daniele Leodori lo ha detto nel novembre scorso, in sede di direzione provinciale: “Dobbiamo tornare a vincere a Frosinone”. Le tre sconfitte consecutive nel Comune capoluogo hanno minato l’intero centrosinistra.
Gennaio 21, 2025

L’immagine più iconica dell’Inauguration Day di Donald Trump è quella che “immortala”, seduti insieme in prima fila, Elon Musk (SpaceX, Tesla, X e tanto di più), Jeff Bezos (fondatore e capo di Amazon), Mark Zuckerberg (numero uno di Meta-Facebook), Tim Cook (Ceo di Apple), Sunder Pichai (Ceo di Google), Shou Chew (Ceo di TikTok). I tecno-miliardari più ricchi e più potenti del pianeta racchiusi in un metro quadrato. Non è soltanto una questione di posizionamento politico, è anche un cambio di prospettiva del futuro, perfino del valore simbolico della Silicon Valley, di fatto consegnata ai Repubblicani. Musk si occuperà, tra le altre cose, di una sorta di Gabinetto per tagliare le spese superflue della Pubblica Amministrazione. Parliamo di miliardi di dollari. E tutto questo avviene con un consenso popolare fortissimo per Trump. Ma se gli uomini più ricchi e all’avanguardia del mondo si ritrovano dalla stessa parte non è solo per saltare sul carro del vincitore. Lo fanno perché è chiaro a tutti che la tecnologia, la ricerca, gli investimenti, le sfide da film di fantascienza (“Porteremo la bandiera americana su Marte”) si possono programmare e attuare in un quadro politico fatto di pragmatismo. E’ lo “spirito del tempo” che la Destra mondiale interpreta con naturalezza.
E non senza, aggiungiamo, le tante preoccupazioni che questa oligarchia economico-politica desta per quello che sarà il futuro delle democrazie.
Il tema della sovranità dei dati diventerà presto il tema dei temi. Come andrà valutato bene il gap di investimenti sull’intelligenza artificiale tra l’elefantiaca Europa, gli Stati Uniti e la Cina.
In tutto questo la Sinistra è rimasta ferma su un’impostazione ideologica ottocentesca. Ecco perché la foto dei tycoon delle tecnologia hi-tech assume una valenza perfino storica. E’ cambiato davvero tutto. E se tra i leader europei era presente soltanto Giorgia Meloni è per lo stesso motivo: il presidente del consiglio interpreta lo “spirito del tempo”. Anche se la speranza è che sappia ridefinire il rapporto tra lo Stato e le big-tech senza farsi affascinare dallo strapotere e dalla forza economica di Musk, Bezos & Co.

PD, ALLE RADICI DEL DECLINO IN CIOCIARIA

A novembre, nel corso dell’ultima riunione della direzione provinciale del Pd (dopo è iniziata la telenovela del congresso), il segretario regionale del partito Daniele Leodori pose il tema sul tavolo. “Dobbiamo tornare a vincere al Comune di Frosinone, dove abbiamo perso le ultime tre elezioni”, disse. Un ragionamento sviluppato di pari passo con la necessità che il partito aumenti consensi e percentuali quando bisogna intercettare il voto di opinione: alle politiche soprattutto. Leodori non è uno al quale scappano le parole. In realtà ha voluto tenere tutto insieme: da anni la federazione provinciale del partito lamenta mancate candidature blindate di esponenti locali alla Camera e al Senato, naturalmente nei collegi proporzionali. Se però nel capoluogo non ci sono alternative alla sconfitta, allora è complicato alzare la voce.
La crisi del centrosinistra in Ciociaria ha una data di inizio: 2012. Quando cioè si consumò la frattura proprio a Frosinone, con due candidature a sindaco: Michele Marini e Domenico Marzi. Quell’episodio ha spianato la strada al centrodestra e a Nicola Ottaviani. Da quel momento in poi la coalizione di centrosinistra è andata in tilt ovunque. Inesorabilmente. Con difficoltà evidenti e crescenti a Cassino ma pure a Veroli, a Sora ma anche ad Anagni. Per non parlare di Alatri. Un discorso a parte merita Ceccano, ex roccaforte rossa. In quel contesto va sottolineata l’intuizione dell’attuale parlamentare di Fratelli d’Italia Massimo Ruspandini, capace di individuare in tempi assolutamente non sospetti la crisi di un modello politico prima che di un’alleanza. Di centrosinistra naturalmente. Non c’è dubbio però cha la disfatta al Comune di Frosinone lasciò il segno. Con il Psi di Gian Franco Schietroma, schierato con Marzi, che decise di prendere una strada diversa. Nel 2017 situazione perfino peggiore. Il Pd si affidò a Fabrizio Cristofari, presidente dell’ordine dei medici, uno dei pezzi da novanta del partito e della coalizione. Per lui Schietroma convinse Vincenzo Iacovissi ad un passo indietro. Poi però Cristofari fu lasciato solo il trincea, a causa delle divisioni e del disinteresse di un Partito Democratico incapace di uno scatto unitario. La sconfitta arrivò al primo turno e tutti ricordano la scena all’interno del quartier generale del candidato sindaco. Con un “rompete le righe” dato in larghissimo anticipo. A spoglio appena iniziato.
Poi nel 2022 davvero è successo di tutto e anche di più. Circa un anno prima Francesco De Angelis e Sara Battisti avevano individuato in Mauro Vicano il candidato sindaco del centrosinistra, riuscendo a convincere Angelo Pizzutelli ad effettuare un passo indietro. Cosa che Pizzutelli fece mettendosi a disposizione del partito. Come sempre. Però a pochi settimane dalla presentazione delle liste, ci fu il “No” a Vicano di Stefano Pizzutelli (allora Frosinone in Comune, oggi Pd) e del Movimento Cinque Stelle. I Socialisti, invece, avevano già deciso di andare per conto proprio con Vincenzo Iacovissi. Fu però l’allora presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti a decidere di cambiare in corsa il candidato sindaco. Una domenica sera l’allora segretario regionale dei Dem Bruno Astorre venne a Frosinone per convincere Francesco De Angelis a sparigliare le carte. C’era l’esigenza politica di tenere vivo il Campo Largo, vale a dire l’alleanza tra Pd e Cinque Stelle alla Regione Lazio. Mauro Vicano fu scaricato dall’oggi al domani, ma non si perse d’animo: alla fine si è candidato a sindaco con una sua coalizione e al ballottaggio è stato decisivo per la vittoria di Riccardo Mastrangeli.
Il Pd si affidò a Domenico Marzi, bravo in ogni caso a costringere il centrodestra al secondo turno. La questione politica però è un’altra e cioè che il centrosinistra come coalizione non ha mai dato la sensazione di poter vincere. Ancora oggi, con il centrodestra e il sindaco Riccardo Mastrangeli in evidenti difficoltà, non c’è un’alternativa unitaria rappresentata dalle opposizioni, a loro volta divise. Ecco perché il Partito Democratico deve ripartire da Frosinone se vuole cercare di recuperare il profilo di una valida e credibile alleanza di centrosinistra. Non è per caso che Daniele Leodori, nel novembre scorso, lo ha detto alla platea dei leader locali del partito.

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