Dopo gli insuccessi delle ultime amministrative sono arrivate le inchieste giudiziarie sui Comuni di Anzio, Nettuno e Sabaudia. Nel mezzo delle difficoltà di Claudio Durigon a gestire l’area molto complessa. Una situazione che sta diventando insostenibile per la base di un partito precipitato in piena crisi di identità e di risultati.
Anzio e Nettuno
L’inchiesta dell’Antimafia di Roma ipotizza intrecci fra la classe politica di Anzio e Nettuno con la ‘ndrangheta. Un sistema, secondo gli inquirenti, fatto di appoggi in campagna elettorale in cambio di assegnazioni di lavori. Il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, ha deciso di inviare due commissioni d’accesso nei due Comuni per valutare se scioglierli per mafia. In entrambi i Comuni ci sono due sindaci leghisti, Candido De Angelis e Alessandro Coppola.

Claudio Durigon ha mostrato vicinanza e solidarietà nei confronti dei due esponenti della Lega, non indagati, ma chiamati a gestire una fase particolarmente delicata.
A preoccupare sono soprattutto i riflessi politici della vicenda e che rischiano di minare la credibilità degli amministratori. Non solo e tanto sul piano giudiziario, quanto sotto il profilo della responsabilità politica, nonchè in termini di immagine. E su questo versante la Lega è esposta in primo piano.

Sabaudia
La tempesta giudiziaria che ha travolto Sabaudia sul piano politico ha sortito come effetto principale quello di cancellare un’intesa di massima fra l’ex sindaca Giada Gervasi e la Lega. L’alleanza era considerata imminente, poi gli arresti nell’ambito dell’operazione Dune ha fatto saltare tutto. Da quel momento il partito si è impantanato. Nessuna presa di posizione sul candidato sindaco, nessun asse con FdI. L’immobilismo dei vertici ha finito con lo spazientire i quadri locali fino ad arrivare alla rottura delle ultime ore. Il direttivo della Lega di Sabaudia (ad esclusione del coordinatore locale Gianni Capponcelli) si è dimesso in blocco rendendo pubblico il contrasto con i piani alti del partito.
Indebolimento della leadership
Sul piano cronologico il lento inesorabile declino leghista ha subito una forte accelerazione la scorsa estate con le dimissioni di Claudio Durigon da sottosegretario all’Economia, mettendo fine alla bufera politica scatenata dalla sua proposta di intitolare ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, un parco di Latina già dedicato ai giudici Falcone e Borsellino. L’offuscamento del coordinatore regionale ha coinciso con la crescita dei malumori dei dirigenti nei territori. In particolare a Latina, dove il partito ha faticato a trovare una posizione unitaria sul candidato sindaco.
Con il 2022 si è assistito ad un progressivo deterioramento dei rapporti anche fra Durigon ed altri bigo locali, fra i quali Zicchieri e Carnevale.

Il deputato terracinese Zicchieri a gennaio ha contestato l’esclusione dei suo uomini dal gruppo dirigente della Lega. Sul proprio profilo Facebook fece una critica non tanto velata al leader maximo: la “classe dirigente sui territori ha il dovere di lavorare ogni giorno con serietà e lealtà. Non è concesso a nessuno di governare con ruoli regionali apicali questo partito con bugie, promesse, giochetti di basso profilo e garantire amici degli amici”.
Un altro ex fedelissimo di Durigon, il capogruppo a Latina, Massimiliano Carnevale, aveva rimesso il mandato di capogruppo al Comune di Latina: “Abbiamo dovuto accettare candidature “imposte”, gestite male e che alla fine hanno fatto vincere, in un Comune dove il centrodestra è maggioranza assoluta, un sindaco di estrema sinistra. Abbiamo atteso mesi un’analisi obiettiva del voto che ha avuto il primato di vedere la Lega perdente in 10 comuni su 10. La politica non si inventa”.
La resa dei conti interna appare soltanto iniziata e si preannuncia senza esclusione di colpi. All’orizzonte il voto amministrativo di giugno, ma soprattutto quello regionale e politico del 2023. Il rischio concreto è che il Carroccio arrivi a questi cruciali appuntamenti dilaniato da lotte intestine e con le ossa rotte.