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Che c’entrano Pompeo, Sardellitti e De Angelis con l’accordo Letta-Calenda? C’entrano, c’entrano… la missione impossibile di Salera e Di Rollo

Licandro Licantropo
Sia il centrosinistra che il centrodestra continuano a sottovalutare l’appuntamento legato all’elezione del prossimo presidente della Provincia.
Agosto 3, 2022
Il leader di Azione, Carlo Calenda

Accordo tra Letta e Calenda, malumori (destinati a rientrare tra poche ore) in Sinistra Italiana e Verdi, mentre Matteo Renzi, che nessuno vuole in coalizione, annuncia che andrà da solo. Inoltre quel che resta del Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte si pone come forza anti-sistema dopo quattro anni di governo (indifferentemente gialloverde, giallorosso e draghiano). Se dovessero rispolverare la frase di voler aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, allora sarebbe il massimo. Campioni del mondo del trasformismo andata e ritorno.
Infine, Luigi Di Maio: il ministro degli esteri potrebbe essere candidato nel Pd con la formula del “diritto di tribuna”. Lui che chiamava i Democrat “il partito di Bibbiano”. E che fine farebbero tutti quelli che lo hanno seguito (da Lucia Azzolina a Luca Frusone)? I portatori d’acqua. Dall’altra parte c’è un centrodestra nel quale non mancano certamente le differenze e le frizioni, ma che appare come una corazzata al cospetto di quella che a tutti gli effetti è un’ammucchiata elettorale.

LA GIRAVOLTA DI CALENDA

Il leader di Azione ha conseguito il suo più importante risultato politico alle recenti comunali di Roma, quando si è schierato contro Virginia Raggi (Cinque Stelle) ma anche contro Roberto Gualtieri (Pd). Sganciando dei siluri in direzione Nicola Zingaretti ed Enrico Letta. L’intesa di ieri (ispirata da Emma Bonino) ha molteplici obiettivi: cercare di ottenere più seggi parlamentari nel maggioritario, marginalizzare Matteo Renzi, isolare i Cinque Stelle, accreditarsi come front runner alla pari di Enrico Letta. Avendo tra il 5% e il 6% nei sondaggi mentre il Pd oscilla tra il 22% e il 23%. Niente male.
Così facendo però Calenda ha abdicato per sempre a quel terzo polo che voleva e poteva realizzare. Se lo avesse fatto, magari in alcune regioni avrebbe potuto mettere in seria difficoltà Forza Italia e Lega nel proporzionale. Ha deciso diversamente, perché alla fine ha voluto dare sostanza all’intesa: punta a poter contare su gruppi parlamentari.
Vedremo cosa succederà alla Regione Lazio, se continuerà a sostenere il nome di Alessio D’Amato o se proverà a candidarsi direttamente alla presidenza. Con Carlo Calenda mai dire mai.

IL CAMPO STRETTO DEL PD

Dunque, ricapitoliamo: 30% dei collegi maggioritari a candidati di Azione e +Europa. Diritto di tribuna a Luigi Di Maio e a tutti quelli che sono tagliati fuori dall’intesa scritta con Calenda. Quindi forse pure a Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) e ad Angelo Bonelli (Verdi). Inoltre bisognerà garantire una rappresentanza importante ad Articolo 1 di Roberto Speranza. Il risultato sarà una ulteriore sforbiciata alle ambizioni di tanti militanti del Pd. Già sono stati tagliati 345 seggi e adesso questi accordi riducono ulteriormente i pochissimi spazi che erano rimasti a disposizione. L’effetto domino è intuitivo: nei collegi delle province verranno candidati quei leader che non troveranno spazio nelle metropoli e nei centri urbani più grandi. Un discorso che potrebbe riguardare anche il basso Lazio, con buona pace delle intenzioni di Francesco De Angelis, di Luca Fantini e dell’intera federazione provinciale del Partito Democratico. E’ scritto: si tratta di una questione aritmetico-matematica più che politica. Già c’erano pochi posti, adesso ancora di meno. Enrico Letta e Carlo Calenda hanno spiegato che però a questo punto, proprio grazie all’accordo tra loro, la vittoria è contendibile. Sarà…

I RIFLESSI AL COMUNE DI FROSINONE E NELLE STRATEGIE DI POMPEO

Al ballottaggio del 26 giugno scorso Azione ha sostenuto Riccardo Mastrangeli, adesso sindaco del centrodestra. In virtù di quell’intesa, raggiunta con il candidato a primo cittadino Mauro Vicano (appoggiato pure da due liste civiche), Alessandra Sardellitti è stata nominata assessore. La Sardellitti ha guidato la lista di Azione alle comunali: subito dopo la nomina in giunta, con una correttezza fuori dall’ordinario, si era autosospesa, ma il segretario provinciale Antonello Antonellis aveva congelato il tutto. Il punto adesso non è quello che potrà succedere: comunque vada a finire, l’accordo di Vicano-Sardellitti con il centrodestra di Mastrangeli reggerà. Il punto è capire se Azione si riserva un futuro di manovre più ampie, specialmente negli enti locali, o se invece la contemporanea folgorazione di Enrico Letta e Carlo Calenda sulla via di qualche collegio uninominale in più avrà una dimensione totalizzante. Deve cercare di capirlo in fretta pure il presidente della Provincia e sindaco di Ferentino Antonio Pompeo. E’ al secondo mandato per entrambi i ruoli e non avrà alternative che candidarsi alle regionali. Nella lista del Pd però dovrebbe fare a sportellate con Sara Battisti e Mauro Buschini. Aveva pensato di poter bussare alla porta di Azione, ma se adesso stanno tutti nella stessa casa, è tempo perso. Meglio a questo punto cementare l’asse con il segretario regionale Bruno Astorre e giocarsi la partita dall’interno. O la va o la spacca. Nel frattempo, sia il centrosinistra che il centrodestra continuano a sottovalutare l’appuntamento legato all’elezione del prossimo presidente della Provincia.

IL PD E LE RIVENDICAZIONI DI CASSINO

Che ormai da anni a dominare nella gestione politica del Pd sia Pensare Democratico di Francesco De Angelis lo sanno pure i sassi. Si parla di un riequilibrio territoriale da tantissimo tempo. Ma è possibile immaginare che possa essere il cosiddetto modello Cassino a raggiungere questo obiettivo? Il sindaco Enzo Salera, la presidente del consiglio Barbara Di Rollo, il consigliere provinciale e comunale Gino Ranaldi non hanno la forza politica per poter mettere in discussione la supremazia dell’area di De Angelis o il ruolo di Base Riformista di Antonio Pompeo. Chiamare a raccolta adesso tutto il cassinate non funziona, perché queste operazioni vanno costruite per tempo. Non sotto porta. Inoltre il sindaco Enzo Salera fatica a trovare una collocazione all’interno del partito: venne eletto con il sostegno di Pompeo, quasi “contro” De Angelis, Buschini e Battisti. Successivamente ha recuperato buoni rapporti politici con lo stesso De Angelis e alle provinciali si è visto. Adesso ipotizza una terza via all’interno dei Democrat provinciali. Ma è una strada senza uscita.