Truppe cammellate? Magari. Nemmeno quelle. All’appuntamento di ieri con il settosegretario del Mef, Federico Freni all’Hotel Memmina di Frosinone non c’era un solo imprenditore, un solo cittadino che non fosse un addetto ai lavori. E tra questi mancavano i leghisti di Cassino, della Val di Comino, di Fiuggi e di Anagni. L’organizzatore? Pasquale Ciacciarelli, lo scozzese. Il consigliere regionale famoso per aver garantito in più occasioni la tenuta della maggioranza del consiglio alla Pisana. Emblematico il fatto che poco dopo l’inizio a lasciare i lavori sia stato il presidente di Confimprese, Guido D’Amico che pur invitato a parlare ha preferito abbandonare la sala. Nella crisi della Lega nazionale che sprofonda nei sondaggi quella dei “salviniani” di Frosinone è apparsa in tutta la sua evidenza ieri sera. E non basterà certo il video-appello di Matteo Salvini a rilanciare le ambizioni di un partito che ha completamente perso l’appeal che aveva e che subisce (dopo averne tratto profitto in passato) il calo di gradimento del suo leader che ha smarrito definitivamente la bussola del consenso.
Perchè Vicano in campo è un grosso problema per il Pd
C’è un filo rosso che lega l’inizio della strategia della “captatio benevolentiae” nei confronti di Mauro Vicano e la mancata risposta alla “chiamata alle armi” dei tre big del Partito Democratico per le comunali di Frosinone. Finché Mauro Vicano sarà in campo come candidato sindaco è difficile, per non dire impossibile, che Fabrizio Cristofari e Norberto Venturi possano essere nella lista del Pd “contro” Vicano. Troppo forte il rapporto di amicizia, troppa stretta la condivisione professionale di anni vissuti insieme nella sanità locale. Mentre per Michele Marini il discorso è diverso: l’ex sindaco non vede una strategia politica che possa coinvolgerlo e ha dovuto prendere atto che nel suo gruppo di fedelissimi nessuno ha dimenticato la lettera che gli scrisse Domenico Marzi nel 2012. Per questi motivi lo stallo non si sblocca.
Nicola Zingaretti in persona ha auspicato un Campo largo che coinvolga anche Mauro Vicano, non spiegando però come dovrebbe coinvolgerlo. Domenico Marzi ha allontanato la definizione di frattura, limitandosi ad una zigrinatura. Ma è davvero una zigrinatura? La realtà è che per il Partito Democratico le elezioni comunali di Frosinone sono importantissime. Ma se Mauro Vicano non ritira la candidatura a sindaco, i big del Pd non scenderanno in campo. Significherebbe lacerare rapporti umani e personali finora sacri. Nessuno però accenna al fatto che è stata gestita malissimo l’intera situazione. Mai un mea culpa.
Quella lettera di Memmo a Marini datata 2012
Il 29 aprile 2012 Domenico Marzi indirizzò una lettera non proprio amichevole a Michele Marini. Scrisse Marzi: “Caro Michele… mi rendo conto che in questi cinque anni inaugurare opere da te non progettate è stato abbastanza faticoso, quindi non cercherò di appesantire ulteriormente le tue spalle, già gravate da una pesante fascia da sindaco e da quel paio di forbici per tagliare nastri nascosto nel taschino della giacca. Vorrei chiederti, caro Michele, di rovistare tra le tue cose più care. Lì forse troverai il tuo badge di impiegato al Ministero. Triste, arrugginito, provato da anni e anni di inutilizzo. Restituisci un sorriso al tuo cartellino: scrostalo dalla polvere che si sarà depositata su di esso in ragione della lunghissima inattività. Lucida bene la banda magnetica: potrebbe esserti utile, a giorni, perché dovrai rassegnarti a riporre fascia e forbici nel cassetto per fare quello che i nostri concittadini fortunati già fanno: andare a lavorare”. Finita qui? Per niente: “Se il badge non dovesse funzionare, se per fortuna si fosse smagnetizzato, ebbene non preoccuparti, non resterai senza un’occupazione. Mi farò portavoce presso l’amico Nicola Ottaviani della tua istanza perché trovi un luogo a te congeniale per proseguire la tua attività professionale: penso che, da ente in via di abolizione qual è, la Provincia sarà la tua destinazione naturale. Da lì, come sai, non credendo nell’ente al pari della maggioranza degli italiani, sono andato via. Quindi ti ho lasciato via libera”.
Vero che il tempo aiuta a capire e a perdonare e che in politica spesso bisogna lasciarsi alle spalle i rancori. Ma dipende anche da quello che è successo. Quella lettera ha lasciato il segno in Michele Marini e in tutti quelli che lo sostengono. Verba volant, scripta manent.
Il fallimento di una classe dirigente
Da quella lettera sono passati dieci anni e più volte Michele Marini ha chiesto una presa d’atto e delle soluzioni per quello che era successo nel 2012. Quando, da sindaco in carica, fu terremotato dall’interno, con una parte di coalizione e di partito che lo lasciò solo. Andando a sostenere Domenico Marzi. Oggi si può chiedere a Marini di superare non solo il tenore e il contesto di quella lettera ma anche dieci anni di totale disinteresse? Con le sole eccezioni del 2017 e del 2022, perché dell’ex sindaco il Pd si ricorda quando si vota a Frosinone. Ma anche a voler ipotizzare un superamento di dieci anni di macigni e di macerie, il Pd ha una prospettiva politica da far immaginare a Michele Marini? No. Le candidature al consiglio regionale sono opzionate (Mauro Buschini, Sara Battisti, Antonio Pompeo), quella alla Camera o al Senato pure (Francesco De Angelis). Secondo un’ardita leggenda (non metropolitana) Michele Marini avrebbe chiesto provocatoriamente a De Angelis se il suo nome potrebbe essere tenuto in considerazione per un assessorato regionale in caso di ulteriore vittoria del centrosinistra. Lo stupore del presidente del Consorzio industriale del Lazio ha rappresentato la risposta.
Il gruppo dirigente del Pd in dieci anni non ha costruito alcuna condizione per superare la situazione venutasi a creare nel 2012. Preferendo nascondere la polvere sotto la sabbia, anziché raccoglierla (la sabbia) e rimettere in ordine la stanza. Per questo lo stallo è completo: se Mauro Vicano non si ritira, Fabrizio Cristofari e Norberto Venturi non si candideranno al consiglio comunale “contro” di lui. Quanto a Michele Marini, il suo gruppo ricorda bene quella lettera. Lui potrebbe perfino superare (ma non dimenticare) quell’episodio. Ma come farebbe a spiegarlo a chi dovrà votarlo in accoppiata con Domenico Marzi?
“Non siete voi, è il vostro nome che mi è nemico”, dice Giulietta ad un sorpreso Romeo.