Stanno tornando gli schieramenti politici. Due: centrodestra e centrosinistra. Nell’ambito di un bipolarismo che ha resistito agli anni del Movimento Cinque Stelle che voleva aprire il Parlamento… come una scatoletta di tonno. I pentastellati di Giuseppe Conte oggi sono stabilmente nel campo del centrosinistra.
E se il dopo Zaia in Veneto sta creando più di qualche problema ai rapporti tra Fratelli d’Italia e Lega, sul versante progressista Elly Schlein ha messo in piedi un Campo Larghissimo, sicuramente competitivo ma anche litigioso. Con più incognite che certezze.
Le candidature di Roberto Fico alla presidenza della Campania e di Antonio Decaro in Puglia sono indicative sotto ogni punto di vista. Il primo è uno degli ex enfant prodige dei Cinque Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, ora perfettamente integrato nel modello di Giuseppe Conte. Per vincere, però, non basterà prendere un autobus pubblico (come faceva quando era presidente di Montecitorio). Per vincere avrà bisogno del sostegno forte e convinto (si fa per dire) di Vincenzo De Luca, con il quale in passato in più di un’occasione sono volati gli stracci. Certo, si può fare. Ma il punto vero è il prezzo politico che bisognerà pagare. Perfino ai tempi dell’Ulivo, un certo Romano Prodi fu mandato a casa non soltanto da Fausto Bertinotti (Rifondazione Comunista), ma anche da Massimo D’Alema, tra gli esponenti più importanti del Pci-Pds-Ds. Sempre Prodi, nella corsa al Quirinale, venne “impallinato” da cento franchi tiratori. Su indicazione di Matteo Renzi, allora leader rampante del Pd. In Puglia la Schlein ha scelto Antonio Decaro, che però ha dovuto accettare che Nichi Vendola si candidasse al ruolo di consigliere regionale. Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) hanno tenuto il punto. E promettono di assumere loro il ruolo che fu di Fausto Bertinotti. Campo Largo sì, ma le fondamenta restano fragili.
Il centrodestra, però, ha i suoi problemi. Intanto sia in Campania che in Puglia fatica a toccare palla, ma è soprattutto il Veneto a far capire come tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini le tensioni non manchino. Però l’impostazione unitaria non verrà meno.
TRA PALAZZO MUNARI E… PALAZZO JACOBUCCI
Un elemento che dovrebbe essere tenuto presente al Comune di Frosinone. Dove il centrodestra è frantumato da tempo e il centrosinistra ancora di… più.
E’ anche da queste cose che si misura l’inadeguatezza di un capoluogo di provincia che non riesce a scrollarsi di dosso la dimensione di un “paesone”. Con una classe dirigente, di entrambi gli schieramenti, incapace di mediare e di fare sintesi. Ognuno per conto proprio, in un clima di eterna ricreazione.
A Frosinone si continua ad andare avanti (più o meno allegramente) con lo schema della “coalizione trasversale”, che però ha bisogno della Lista Marzi per avere il numero legale nella prima convocazione delle sedute ordinarie.
I nervosismi non mancano, ma adesso saranno le candidature alle provinciali a fare chiarezza su determinati aspetti.
Per esempio, nella Lega Nicola Ottaviani intende puntare ancora su Andrea Amata, consigliere comunale di Vicalvi. Chiederà a Riccardo Mastrangeli e ai consiglieri di Lega, Lista Ottaviani e Lista per Frosinone di “scaricare” i loro voti ponderati su Amata. Ma il vicesindaco Antonio Scaccia, leader della Lista per Frosinone, intende riflettere perché Corrado Renzi vorrebbe essere della partita. Inevitabile un confronto tra Nicola Ottaviani e Antonio Scaccia per capire se l’asse di ferro c’è sempre oppure no.
Fratelli d’Italia vuole portare in consiglio provinciale un esponente di Frosinone. Gli occhi sono puntati tutti su Franco Carfagna (che potrebbe godere dell’appoggio di Max Tagliaferri in rotta di collisione con Ottaviani) anche se è ancora presto per decifrare quale sarà il punto di incontro nei delicati equilibri interni del partito di Giorgia Meloni. Per contemperare le esigenze di ciò che rimane della Lega, dello squadrone di FdI e di Forza Italia, verrà chiesto a Mastrangeli un gioco di squadra nell’ambito della maggioranza.
Due anni fa non successe e infatti sia Maurizio Scaccia (Forza Italia) che Sergio Crescenzi (Fratelli d’Italia) mancarono l’elezione diretta per un solo voto ponderato. Mentre invece Andrea Amata centrò l’obiettivo. Stavolta i “numeri” sono differenti, ma se dovesse finire allo stesso modo in quel che resta del centrodestra cittadino si andrebbe ad una resa dei conti micidiale. Nessuno potrebbe escludere l’interruzione anticipata della consiliatura.
Infine nella sponda Pd se Angelo Pizzutelli non dovesse essere candidato alle provinciali con una formula “blindata”, probabilmente lascerebbe il partito. Un’ulteriore incognita sul futuro quadro politico del capoluogo.