Domani si riunisce la direzione regionale del Pd nel Lazio. Alessio D’Amato, assessore alla sanità, ha voluto far capire a tutti che non ha rinunciato all’idea di volersi candidare alla presidenza. Dicendo che “a distanza di un anno si può ben dire che è stato un errore non sciogliere quelle organizzazioni di ispirazione neofascista che hanno pianificato e guidato l’assalto di un anno fa alla Cgil. Sarebbe stato un segnale forte e chiaro. Purtroppo è mancato”. Una posizione di sinistra che parla chiaramente ad un mondo di sinistra, anche al di fuori del Partito Democratico. E una critica ai vertici Dem per non aver “cavalcato” tali argomenti in campagna elettorale. D’Amato sta cercando di limitare la sfida per la successione a Nicola Zingaretti tra lui e Daniele Leodori, vicepresidente della Regione. Il ragionamento ha un senso: Enrico Gasbarra è sparito dai salotti che contano e anche se qualcuno (Goffredo Bettini) provasse a rimetterlo in campo, sarebbe quasi impossibile “lanciarlo” come nei mesi scorsi. Nicola Zingaretti non è nelle condizioni di fare endorsement a nessuno. Altre ipotesi (leggi Marianna Madia) sono tramontate. C’è il tema del Campo largo, rilanciato da Enrico Letta anche tra le opposizioni in Parlamento. Il Movimento Cinque Stelle, però, non risponde. Perlomeno non Giuseppe Conte, il leader. Continua a crederci Roberta Lombardi, ma la sua posizione è isolata all’interno dei pentastellati. Alessio D’Amato guarda altresì a Carlo Calenda, che a Roma conta ancora. Il numero uno di Azione nei mesi scorsi si era sbilanciato, affermando di poter sostenere la candidatura alla presidenza della Regione Lazio di Alessio D’Amato. Se la posizione dovesse essere confermata, sarebbe un passo avanti. Daniele Leodori però si sta muovendo con un fitta rete di contatti, confronti, intese e alleanze vere e proprie. Se poi c’è uno che può tentare un approccio con i Cinque Stelle, quello è lui.
ASTORRE E ZINGARETTI
C’è attesa per l’intervento del segretario regionale Bruno Astorre, confermato senatore. Sicuramente rilancerà il Campo largo, ma cercherà anche di capire gli umori della platea. Nel senso che il Lazio è diventato l’ultimo fortino di un Partito Democratico in ripiegamento ovunque. La candidatura alla presidenza non potrà essere indicata guardando agli equilibri interni ma alle reali possibilità di vittoria. Poi c’è Nicola Zingaretti: quando si dimetterà da Governatore? La data non è secondaria perché l’impressione è che il Pd voglia tornare alle urne il più tardi possibile. A febbraio. Infine, nel Lazio ci sarà il congresso. La poltrona di Astorre è ambitissima. Va considerato lo scenario globale: elezione del segretario, candidatura alla presidenza della Regione, equilibri nazionali. Ci saranno delle trattative serrate, su questo nessun dubbio.
DESTRA PIU’ FORTE IN CIOCIARIA
Nel 2018, con diversi assetti dei collegi e con 345 seggi in più, negli uninominali della provincia di Frosinone finì con 2 eletti per il centrodestra (Massimo Ruspandini, di FdI, al Senato e Francesco Zicchieri, della Lega, alla Camera Frosinone) e 1 per i Cinque Stelle (Ilaria Fontana alla Camera Cassino). Poi nel proporzionale i pentastellati portarono a Montecitorio Luca Frusone ed Enrica Segneri, la Lega Francesca Gerardi. Parliamo solo dei ciociari che concorsero nei collegi del territorio. Finì 3-3 tra centrodestra e Cinque Stelle. Quest’anno c’erano meno posti e collegi più grandi. Nei maggioritari il centrodestra ha trionfato con Massimo Ruspandini (FdI) alla Camera Frosinone-Sora e Nicola Ottaviani (Lega) alla Camera Cassino-Terracina. Nel proporzionale eletti Paolo Pulciani (FdI) e Ilaria Fontana (Cinque Stelle). Tra centrodestra e Cinque Stelle è terminata 3-1. Partito Democratico a bocca asciutta, come quattro anni e mezzo fa. C’è un voto di opinione che continua a premiare il centrodestra, c’è un Movimento Cinque Stelle che ancora una volta sopravanza il Pd (pur perdendo tanti consensi). Fra tre settimane esatte termina il secondo mandato di Antonio Pompeo come presidente della Provincia. A gennaio 2023 si voterà il rinnovo e a votare saranno sindaci e consiglieri comunali. Il centrodestra ha anche la maggioranza degli amministratori in questo territorio, ma sconta divisioni notevoli in diverse parti: da Frosinone ad Anagni, passando per Sora. Non vale l’equazione voto politico uguale voto amministrativo, ma stavolta c’è un elemento di straordinaria novità. Per la fine della prossima settimana l’Italia potrebbe avere il nuovo Governo, guidato da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e prima donna a Palazzo Chigi nella storia della Repubblica. Subito dopo i segretari regionali di Fratelli d’Italia (Paolo Trancassini), della Lega (Claudio Durigon) e di Forza Italia (Claudio Fazzone) dovranno incontrarsi per decidere candidature e liste per le regionali del Lazio, altro appuntamento da non fallire. Davvero la classe dirigente del centrodestra ciociaro vuole distinguersi per non riuscire ad eleggere il presidente della Provincia?