Dopo quasi tre anni Michele Spina lascia la questura di Latina. Al suo posto arriva Raffaele Gargiulo che ha guidato fino ad oggi la Questura di Vibo.
Spina ha diretto la questura durante il periodo dell’emergenza Covid, ma soprattutto ha portato a termine arresti eccellenti contro i principali gruppi criminali della provincia, dall’operazione Reset contro il clan Travali, Scarface che ha decapitato un altro ramo della famiglia Di Silvio capeggiato da Giuseppe Romolo, e poi ancora Movida contro altri esponenti delle famiglie rom e l’operazione Moro che più di dieci anni dopo ha chiuso il cerchio sull’omicidio che aprì la faida nel capoluogo. Spina dirigerà la questura di Vibo Valentia a partire dal 10 novembre.
“Il mio è un bilancio di tre anni di lavoro e di esperienza umana notevoli -ha affermato il questore uscente- Mi accompagnano sentimenti complessi, da una parte la gioia per una nuova avventura, difficile e stimolante, dall’altra dispiacere perché lascio una provincia bella dove ho vissuto tre anni molto intensi fatti anche di rapporti umani. Con tutte le istituzioni si è creata una sinergia importante che ha portato a risultati notevoli su tutto il territorio”.
Raffaele Gargiulo, 58 anni, originario di Castellammare, è entrato in Polizia nel 1990 ha prestato servizio presso la Questura di Napoli per i successivi 10 anni. Trasferito in Toscana, ha diretto la Digos di Massa Carrara, e poi quelle di Lucca, Trento e Pisa. Nel 2010 è stato promosso primo dirigente e ha diretto la Divisione Anticrimine della Questura di Lucca e successivamente i Commissariati di Carrara e Viareggio. Dal 2017 al 2020 ha svolto le funzioni di vicario del questore alla Questura di Modena. Promosso dirigente superiore nel gennaio 2020, per un breve periodo è stato assegnato all’Ufficio Centrale Ispettivo del Dipartimento della P.S. e, in ultimo è stato nominato questore della provincia di Vibo Valentia, che ha diretto per circa 2 anni.
LA CRIMINALITA’ A LATINA
Non mancherà certo il lavoro al neo questore che dovrà affrontare le problematiche legate alla complessità di un territorio reso sempre più appetibile alle mire della criminalità organizzata. Le mafie in provincia di Latina come noto sono presenti già dalla fine degli anni ottanta, quando oltre il clan dei Caselesi aveva acquistato terreni, rustici e altri immobili nell’area di Borgo Montello che furono successivamente sequestrati a seguito di attività investigative corroborate dalle prime collaborazioni con la giustizia di alcuni elementi di vertice. Si confermerebbe infatti allo stato attuale che la città di Latina e la sua provincia sarebbero permeate dalle infiltrazioni derivanti da numerose proiezioni di clan camorristici dei Moccia, Caselesi, Bardellino, Mallardo, Gagliardi-Fragnoli, Ricci, Di Lauro, Polverino e Lo Russo, nonché di cosche di ‘ndrangheta fra cui spiccano i Tripodo- Romeo, La Rosa, Bellocco, Alvaro e Commisso, talvolta anche in osmosi tra loro.
Dalla più recente relazione della Dia emerge che non solo le mafie tradizionali sono in grado di convivere tra loro ma non disdegnano di fare affari anche con organizzazioni criminali prevalentemente autoctone. Queste ultime in particolare manifestano la volontà di perseguire i propri interessi con modalità mafiose anche sulla scia delle consorterie criminali più strutturate e forti.
Quali sono dunque le attività illegali principali? Quella più remunerativa, anche sul territorio pontino, resta legata allo spaccio di sostanze stupefacenti, ma la Dia cita anche il business dei rifiuti e quello del cemento, il riciclaggio e le agromafie e il caporalato. “Appare verosimile -si legge ancora nella relazione- l’interesse delle organizzazioni criminali a tentare di infiltrarsi e condizionare anche gli ambiti delle amministrazioni locali attraverso rapporti collusivi e talvolta anche di corruttela, finalizzati ad agevolare il rilascio di concessioni edilizie o l’aggiudicazione di appalti nei settori pubblici”.
MONITORAGGIO SPECIALE SU LATINA
Un particolare focus è dedicato alla città capoluogo e al clan rom dei Di Silvio, a cui, sulla base delle risultanze delle operazioni Alba Pontina e Alba Pontina 2, è stata riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso. La Dia cita in particolare la grossa operazione condotta dalla polizia a ottobre del 2021 denominata Scarface, con 33 arresti per associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, furto, detenzione e porto abusivo di armi. Il ramo della famiglia colpito questa volta è quello che fa capo a Giuseppe Di Silvio detto Romolo.
Non mancherebbero poi le ingerenze del clan per scambio elettorale politico mafioso, nell’ambito del quale il 14 luglio 2021 la polizia di Stato, supportata da unità territoriali dei carabinieri, ha arrestato un imprenditore del settore dei rifiuti, Raffaele Del Prete, e un suo collaboratore che per procacciare voti alla lista “Noi con Salvini”, avrebbero corrisposto somme di denaro al clan. La Dia cita poi l’inchiesta del 9 settembre del 2021, nei confronti di tre soggetti ritenuti responsabili a vario titolo di numerosi reati fra cui la tentata estorsione e atti di illecita concorrenza, commessi con l’aggravante del metodo mafioso. L’obiettivo era imporre attraverso reiterate minacce un regime di monopolio nel commercio al dettaglio di prodotti ittici nei mercati di Latina e di Cisterna. Infatti attraverso le indagini si è risaliti anche ad un imprenditore ittico che forniva impulso alle condotte estorsive consumate all’interno dei mercati di Latina e di Cisterna di Latina vantando di poter contare sulla “protezione” della criminalità organizzata locale.