Da Genova a Frosinone con lo stesso obiettivo: allargare il campo più che limitarsi… al Campo largo. Il segretario del Pd Enrico Letta ragiona in prospettiva: sta preparando le politiche e le regionali del prossimo anno. Del Movimento Cinque Stelle ha bisogno ma non si fida più come prima. Vorrebbe coinvolgere maggiormente Carlo Calenda, ma non può farlo perché altrimenti l’alleanza con i pentastellati salterebbe immediatamente. Al Comune di Frosinone trova questo tipo di situazione: un campo allargato a formazioni (Polo Civico e Lista Tucci) che provengono dal centrodestra, civiche di area (quelle di Domenico Marzi e Michele Marini) o in ogni caso limitrofe (Piattaforma di Luigi Vacana). I Cinque Stelle ci sono, ma appaiono periferici. Il laboratorio è questo.
IL COLLANTE POLITICO

L’ex presidente della Provincia Patrizi candidato con Piattaforma Civica saluta Enrico Letta.

Il segretario nazionale del Pd Enrico Letta non rinuncia a qualche selfie con i militanti
Enrico Letta attacca il leader della Lega Matteo Salvini, definendo “estemporanea” l’idea della visita a Putin. Letta affonda il colpo: “Il nostro Governo persegue la pace e lo fa con serietà. L’iniziativa di Salvini non giova alla credibilità dell’Italia”. Assicura che l’esecutivo guidato da Mario Draghi arriverà alla scadenza del mandato, grazie soprattutto all’alleanza Pd-Cinque Stelle. E’ iniziata la campagna elettorale per le politiche. In questo quadro le amministrative hanno un’importanza notevole, per una ragione soprattutto: capire con quale coalizione si potrà competere con il centrodestra. Frosinone fa parte di tale orizzonte e in più ci sono le regionali del Lazio da preparare. Con lo stesso schema. A piazza Garibaldi le presenze sono probabilmente inferiori alle attese, ma la location ha un significato storico per il partito. Inoltre, in questa fase c’è un solo leader che riempie le piazze: Giorgia Meloni. E’ successo pure nel capoluogo ciociaro.
Francesco De Angelis galvanizza il popolo del centrosinistra e non perde di vista il risultato che gli sta più a cuore, quello della lista del Pd. “La più forte mai schierata” scandisce. Domenico Marzi alterna l’amarcord ai programmi per il futuro, invita i suoi sostenitori a cercare il voto ovunque, casa per casa. Promette: “Questi ultimi dieci giorni faranno la differenza”. Rivendica i risultati delle sue due Amministrazioni, specialmente sull’organizzazione del personale e sulla capacità di programmazione. Attacca il sindaco Nicola Ottaviani e il centrodestra: “Non sono più sindaco da quindici anni e addebitano a me il mancato funzionamento dell’ascensore inclinato. Se anche lo avessero fatto tirare a mano, avrebbero raggiunto qualche risultato in più”. Insiste molto sulle possibilità del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in perfetta sintonia con Enrico Letta, secondo il quale “il Comune di Frosinone avrà possibilità mai viste in passato grazie a questi finanziamenti europei”.
Marzi ironizza sul “girotondo che esponenti del centrodestra hanno fatto domenica alla rotatoria di De Matthaeis, simbolo dell’intasamento del traffico di questa città”. Definisce Ottaviani autarchico: “Quanti cittadini di Frosinone conoscono i nomi degli assessori? Pochissimi. Questo comporta dei malumori, anche nel centrodestra: il sindaco ha deciso sempre da solo, senza mai coinvolgere”. Dà merito a Francesco De Angelis di aver smontato “pezzi significativi del centrodestra”. Il mattatore però è Bruno Astorre, senatore e segretario regionale. Descrive l’operazione di composizione del Campo largo in dialetto romano: “A Francé (ndr: De Angelis), se la semo lavorata”. Ricorda “le tribolazioni di una domenica sera, quando abbiamo deciso che il candidato sarebbe stato Domenico Marzi”. L’altra parte della storia è che fino ad allora il Pd puntava su Mauro Vicano.
Un riferimento esplicito a Michele Marini non poteva mancare. “Non è stato semplice convincerlo a votare Marzi”. Anche in questo caso c’è una lettura in chiave regionale. Nel Lazio si vota tra un anno e sia Zingaretti che Astorre stanno definendo la larghezza del campo alternativo al centrodestra. I risultati di Frosinone, Viterbo e Rieti saranno soppesati. Si guarda all’eventualità del ballottaggio e viene lanciato un ponte verso Mauro Vicano e Azione di Carlo Calenda. Stesso schema: scrivi Frosinone e leggi pure Regione Lazio. Enrico Letta saluta la piazza e continua il tour elettorale in altri capoluoghi. Il 13 giugno guarderà con grande attenzione il risultato di Frosinone.
ALTRO GIRO ALTRO MANAGER
La commissione regionale alla sanità ha espresso parere (consultivo) favorevole alla nomina di Angelo Aliquò come manager della Asl di Frosinone. Nicola Zingaretti aveva già firmato da giorni il decreto: adesso la procedura è completa e la prossima settimana ci sarà l’insediamento. Aliquò però è già venuto più volte nella palazzina della direzione generale della Asl di via Fabi. Palermitano di nascita, arriva dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa.
E’ un architetto e avrà il compito di ridisegnare la sanità ciociara del dopo pandemia senza che l’emergenza Covid sia conclusa. Il curriculum parla per lui. Ma il punto è un altro: in meno di tre anni siamo al quarto manager della Asl: Stefano Lorusso è rimasto in carica da settembre 2019 a giugno 2020, poi è subentrata come facente funzioni Patrizia Magrini, quindi è stata la volta di Pierpaola D’Alessandro (da novembre 2020 fino a maggio 2022).
Il mandato da manager solitamente va dai tre ai cinque anni. In Ciociaria non è così: la casella da direttore generale della Asl diventa un formidabile trampolino di lancio. Sicuramente per le capacità dei diretti interessati, visto che Stefano Lorusso andò a dirigere la segreteria tecnica del ministro Roberto Speranza e Pierpaola D’Alessandro è vicedirettore generale del Comune di Roma. Ma la necessaria continuità gestionale della Asl passa costantemente in secondo piano. In ventidue anni si sono alternati 17 manager se si contano pure i facenti funzione. Prima di Lorusso c’erano stati i quattro anni (un record) di Luigi Macchitella nominato come commissario dopo Isabella Mastrobuono.
C’è un altro elemento da considerare: con le sole eccezioni di Carlo Mirabella e Mauro Vicano, i ciociari sono rimasti a guardare. Ci sono stati dg del calibro di Carmine Cavallotti, Domenico Stalteri, Giancarlo Zotti, Vincenzo Suppa. Inoltre da qualche anno l’incarico di manager può andare esclusivamente a chi fa parte di un’apposita short list regionale. Però forse individuare professionisti che conoscano questa realtà non sarebbe un’eresia. Liste di attesa, situazione dei Pronto Soccorso e mancanza di personale sono temi che hanno bisogno di risposte di sistema. Servirebbero programmazione e continuità. Invece non succede: la regola è la toccata e fuga. Peraltro manager ciociari validi ci sono: un certo Narciso Mostarda è direttore generale della Asl Roma 6. Come si dice? Nessuno è profeta in patria.