I numeri parlano chiaro: la partita è aperta ad ogni risultato. Ci aspetta una lunga campagna elettorale per la Regione e da qui ad un anno il quadro politico potrebbe nuovamente mutare. Ma su un punto non sembrano esserci dubbi, ovvero che l’esito resterà incerto fino all’ultimo.
I sondaggi snocciolati da ‘Repubblica’ rivelano come Fratelli d’Italia sia diventata una ‘corazzata’ quasi invincibile nel Lazio. Il 27-29% rappresenterebbe un salto di qualità davvero importante, tale da rendere il partito di Giorgia Meloni assolutamente egemone rispetto ai ‘cespugli’ del centrodestra. La Lega di Durigon ormai è data attorno al 7%, mentre Forza Italia si attesterebbe sul 4%, solo grazie al radicamento in alcune realtà come Latina e provincia.
Dall’altra parte il Pd gode di buona salute (23-24%), ma dovrà faticare non poco per tenere in piedi un ‘campo largo’ al momento piuttosto eterogeneo. Due gli alleati strategici potenziali: il M5S e l’area Azione+Europa-Italia Viva. Entrambe sono sostanzialmente alla pari in termini di consensi, stimati fra il 7 ed il 9%. I dem potrebbero sperare di riconquistare la Regione solo creando una coalizione che tenga unita queste forze politiche.
FRATELLI D’ITALIA PROVA A TENERE FAZZONE DENTRO IL CENTRODESTRA
Lo stesso problema si registra nel centrodestra, dove FdI ha ben compreso come sia necessario tenere Forza Italia ben salda dentro l’alleanza storica. Coinvolgendo maggiormente il vertice regionale azzurro. Ed infatti Paolo Trancassini ha colto al balzo l’occasione per condurre una battaglia insieme a Claudio Fazzone sul caso esploso a Rieti. La notizia delle consulenze da 120mila euro date, negli ultimi tre anni, dalla Giunta Zingaretti al candidato Sindaco di Rieti di centrosinistra, Simone Petrangeli ha finalmente riunito il centrodestra laziale sotto un unico tetto. “Il Partito Democratico -si è evidenziato in una nota firmata da Trancassini, Fazzone e Durigon– in tutti questi anni si è contraddistinto per un poltronificio, grazie al quale, senza scrupoli e senza vergogna, ha sistemato tutti i trombati della politica e gli scansafatiche per vocazione. Un plauso va ai consiglieri dei gruppi di opposizione in Regione Lazio e in particolare a Chiara Colosimo, Angelo Tripodi e Pino Simeone che sono riusciti a smascherare l’ennesimo scandalo targato Zingaretti”.

Un intervento congiunto dei coordinatori regionali avvenuto in sinergia con i capigruppo alla Pisana e che testimonia come nonostante i rapporti fra i vertici dei tre partiti siano ancora solidi.
Il tutto avviene nonostante lo smarcamento dell’area fazzoniana dal centrodestra nella città di Viterbo e nel capoluogo pontino.
LA POLITICA DEI DUE FORNI
Claudio Fazzone sa benissimo che lo scenario politico in Regione potrebbe mutare dopo le prossime elezioni amministrative. Soprattutto il centrosinistra sarà chiamato a scegliere il candidato governatore. Per il senatore di Fondi si aprirebbe un’autostrada in caso di nomination di Leodori, mentre non vi sarebbero spiragli qualora fosse D’Amato (difficile) a prevalere in caso di primarie. Mentre sarebbe tutto da costruire un ipotetico rapporto con Enrico Gasbarra, il terzo incomodo, le cui quotazioni sono in rialzo, soprattutto in considerazione della sua vicinanza al segretario dem Enrico Letta. Al tavolo delle trattative, Fazzone potrà arrivarci forte di un successo elettorale più che possibile in provincia di Latina. Quella pontina è l’unica area del Lazio dove gli azzurri contano e possono portare a casa la vittoria in diversi Comuni: da Sabaudia al Circeo passando per Gaeta e SS.Cosma e Damiano.
Il 27 giugno, all’indomani dei ballottaggi, il senatore potrà a quel punto rivendicare con ancora maggior forza il proprio ruolo centrale nella partita delle Regionali. Con la possibilità di giocare su entrambi i lati, rimanendo in attesa di offerte da capogiro.
Con un quadro così incerto, spostare 30-40.000 voti a livello regionale da una coalizione all’altra può essere determinante ai fini dell’esito finale. Lo sa bene Fazzone, come pure Trancassini e Astorre, ovvero i principali leader delle due coalizioni.
IL PARTITO UNICO CHE NON PIACE
“Prima l’Italia!”. È il simbolo depositato da Matteo Salvini per un nuovo movimento politico che si presenterà alle prossime elezioni amministrative in Sicilia. L’operazione punta ad unire al livello locale le forze del centrodestra in un’unica lista, a partire dal Carroccio e dai moderati di Forza Italia. Una scelta, però, che sta facendo infuriare diversi leghisti del Nord, come pure buona parte dell’ala moderata di FI.
Negli ultimi giorni si è tornati a parlare in maniera insistente di questa prospettiva. D’altronde c’era stata la proposta di federazione lanciata dal leader della Lega a gennaio e l’idea del “partito unico” del numero uno di Forza Italia della scorsa estate. Ma a frenare gli entusiasmi dei due c’è sempre l’area centrista del partito berlusconiano, che non gradisce un avvicinamento troppo forte con i movimenti nazionalisti. La ministra per il Sud, la forzista Mara Carfagna, spiega oggi che “un conto sono gli scenari locali, dove la sperimentazione di formule è un fatto consueto, un conto è lo scenario italiano”. Quindi l’affondo contro Salvini. “Un’eventuale lista unica nazionale avrebbe risultati inferiori rispetto alla somma di Forza Italia e Lega“. Ma soprattutto renderebbe ancora più complicato il nodo dei collegi. In provincia di Latina l’idea non piace soprattutto a Forza Italia, dominata dal versante centrista. L’eventuale accelerazione del progetto in chiave nazionale potrebbe rendere insostenibile la ‘convivenza’ del gruppo fazzoniano nel centrodestra, accelerando la prospettiva di un’alleanza con un centrosinistra a guida moderata.