Nona sconfitta di fila per l’Armani Milano in Eurolega. Stavolta ad approfittare del momento orribile delle scarpette rosse è stato il Maccabi Tel Aviv, che lontano da casa non aveva ancora assaporato una gioia. Dopo un avvio positivo, con 3 vittorie in quattro gare, tutte lontano dal Forum di Assago, la formazione milanese si è letteralmente dissolta, tanto che ancora adesso attende di… espugnare il proprio parquet. Cosa sia accaduto non è semplice da spiegare in poche righe, ma certamente gli equivoci che reca in sé il quintetto meneghino sono tanti e ingombranti.
TROPPA SOFFERENZA SOTTO I TABELLONI
Al netto di infortuni e problematiche legate alle difficoltà psicologiche di un gruppo che di colpo ha smarrito la strada della vittoria, c’è l’evidenza di un pacchetto lunghi assolutamente inadeguato. Brandon Davis si smarrisce ogni giorno di più nella ricerca di soluzioni che forse qualche tempo fa gli erano congeniali, ma che ora risultano drammaticamente improduttive. Hines, che da anni tira la carretta, è stanco di cantare e portare la croce e da qualche gara quel che dà in difesa lo perde in lucidità offensiva e viceversa. Anche per il pivot bonsai può essere vicino il viale del tramonto, perché le primavere cominciano a rendere meno guizzanti i muscoli e meno veloci le esecuzioni di tagli e movimenti difensivi. Biligha è appena presente nelle rotazioni, Ricci ha qualche spicciolo in più ma non riesce a calarsi nel ruolo, oggettivamente improbabile, di salvatore della patria.
Nick Melli sembra al lumicino delle risorse di una carriera comunque straordinaria e Voigtmann sotto le plance aiuta poco e male. E allora i cinque rimbalzi cinque catturati di fila dal Maccabi sul finire del secondo quarto non sembrano un miracolo nè un paradosso, ma solo la fotografia di una carenza specifica delle scarpette rosse. Ancora privo di Shavon Shields, il quintetto milanese si è fatto trascinare da Billy Byron e dall’estro molto intermittente di Cabarrot e Mitrou Long.
Quando però le percentuali al tiro son diventare deficitarie, il Maccabi ne ha approfittando piazzando un 15/2 e trasformando il 57/47 del 28’ nel 59/62 del 33’. Nonostante qualche pasticcio degli israeliani, Milano non è più riuscita ad attaccare con fluidità ed è andata incontro all’ennesima sconfitta.
LA CONFUSIONE DI MESSINA
La sensazione è che anche il coach sia molto confuso, oltreché consapevole di come l’onerosa campagna acquisti abbia paradossalmente peggiorato una squadra che negli ultimi tre anni non aveva avuto alcun problema a centrare i quarti di finale. Le assenze concomitanti di Shields, Datome e Pangos hanno fatto il resto, ma la squadra sembra obiettivamente mal costruita e prigioniera di un gioco perimetrale che troppo spesso risulta penalizzante. Nove ko di fila non nascono per caso o per sfortuna. Ora che Byron e Tonut sono rientrati e Datome sta per imitarli, l’organico è quasi al completo. Quel che manca è la convinzione, la fiducia nei propri mezzi, perché puntualmente la squadra si smarrisce nei momenti cruciali di ogni partita. Il blasonato coach per ora sembra in grande difficoltà, quasi rassegnato. Per l’Eurolega forse è tardi, ma per salvare almeno il campionato di A1, occorre una decisa svolta.