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Divorzio all’italiana: Terzo Polo ai titoli di coda. Il fallimento totale di Azione in Ciociaria. Dopo le Comunali Pompeo deve decidere: che senso ha restare nel Pd?

Licandro Licantropo
Aprile 13, 2023
Carlo Calenda e Matteo Renzi (Foto: LaPresse)

Tra Carlo Calenda e Matteo Renzi è durata anche troppo. Quando si è deciso di fare sul serio con il partito unico, sono emerse tutte le criticità di un rapporto complicato e fragile non soltanto perché i protagonisti sono essenzialmente delle “prime donne”. In realtà c’è di più. L’operazione che ha portato Matteo Renzi al Riformista è destinata ad avere pure un respiro politico. Secondo autorevoli analisti rappresenterebbe una possibilità di confronto con Giorgia Meloni coinvolgendo perfino Forza Italia.

Ci sarà modo per capirlo, ma intanto è Calenda ad essere in difficoltà. Italia Viva è più strutturata nei territori e ha ondeggiato molto meno sul punto chiave: il rapporto con il Pd. Carlo Calenda ha spesso criticato il Partito Democratico, con il quale però si è presentato insieme alle regionali del Lazio. Inoltre, da decenni si continua a parlare della chimera di un “centro” che non esiste più come spazio politico alternativo ai due principali schieramenti. Da Mario Monti a Carlo Calenda. Il flop vero comunque c’è stato nei territori.

IL TERZO POLO IN CIOCIARIA

L’operazione del Terzo Polo è nata ovunque per assicurare sopravvivenza politica a Calenda e Renzi. Sotto questo punto di vista è riuscita. Ma per il resto nulla è andato come era stato detto. In provincia di Frosinone Azione doveva rappresentare una terza via autonoma. Alle comunali del capoluogo, quasi un anno fa, Carlo Calenda aveva “battezzato” la candidatura a sindaco di Mauro Vicano e l’operazione portata avanti da Alessandra Sardellitti. Ma i referenti provinciali Antonello Antonellis e Luciano Gatti hanno continuato a guardare con nostalgia alla propria sinistra, in direzione Pd (partito dal quale provengono entrambi). I risultati elettorali non ci sono stati, l’unica vittoria era arrivata a Frosinone, con l’accordo al ballottaggio tra Mauro Vicano-Alessandra Sardellitti con il sindaco Riccardo Mastrangeli. Accordo che ha portato la Sardellitti in giunta.

Invece di cogliere l’occasione al volo, Antonellis ha fatto scattare la “scomunica” per via dell’intesa con la destra. Azione si è chiusa a riccio nei propri confini e i risultati non si sono visti da nessuna parte. Percentuali ininfluenti sempre e nessun eletto sia alle politiche che alle regionali. Nonostante l’ottima performance del sindaco di Isola del Liri Massimiliano Quadrini. Azione non ha lasciato il segno mai. Alla fine Alessandra Sardellitti è uscita dal partito. Un fallimento di strategia politica quello di Antonello Antonellis e Luciano Gatti. Per Italia Viva il discorso è un altro perché in provincia di Frosinone non ha mai avuto risultati importanti. Adesso c’è una specie di ultima occasione: l’ormai certo divorzio da Azione apre spazi nuovi. Dovranno essere Germano Caperna e Valentina Calcagni a cercare di riorganizzare in fretta il partito. Aprendo anche a liste civiche presenti nei Comuni.

IL PD DOPO LE COMUNALI

La questione della scelta su dove collocare il simbolo del partito ad Anagni e a Ferentino è stata effettuata dai circoli locali del Pd. I quali hanno deciso di appoggiare Luca Santovincenzo e Alfonso Musa. In entrambe le circostanze dunque è stato lanciato un segnale a Francesco De Angelis, Sara Battisti e Luca Fantini. La segreteria provinciale ha deciso di soprassedere e di non andare allo scontro. Ma finite le comunali una riflessione dovrà essere effettuata per forza. Pensare Democratico di Francesco De Angelis sostiene Alessandro Cardinali ad Anagni e Piergianni Fiorletta a Ferentino. La questione riguarda Antonio Pompeo, che in questi anni è stato un dirigente importante del partito, ha ricoperto ruoli di primissimo piano: sindaco di Ferentino, presidente della Provincia e dell’Upi Lazio, incarico importante anche nell’Unione delle Province Italiane.

Dopo le regionali lo scontro è stato forte ma sorprende il fatto che non ci siano state iniziative per cercare un confronto chiarificatore. Probabilmente non ci saranno neppure dopo le comunali. A quel punto dovrà essere Antonio Pompeo a prendere una decisione. Rimanere nel partito in questo modo non ha senso. Il risultato delle regionali è stato notevole, anche con il contributo di Annalisa Paliotta e Alessandra Cecilia. C’è un’area del Pd che si riconosce nelle posizioni di Pompeo, ma che non trova più rappresentanza neppure all’interno. Se il Terzo Polo andrà alla spaccatura occorrerà una riflessione molto seria. In passato la corrente di Pompeo (che poi è la stessa che fu di Francesco Scalia) si è riconosciuta nelle posizioni di Matteo Renzi. Potrebbe essere un’idea.

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