E’ iniziata la fase cruciale della partita che deciderà la località italiana destinata ad ospitare il deposito nazionale delle scorie. Ossia la lista delle 67 località idonee a ospitare il sito dove saranno stoccati 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità e parcheggiati temporaneamente 17mila ad alta intensità provenienti dalle quattro ex centrali e da altri impianti della filiera dell’atomo. Perché nessuno di questi 67 candidati vuole ospitare il deposito delle scorie. Il governo accetterà auto-candidature per il deposito nucleare. Il ministro Pichetto Fratin prepara un decreto che ammette i volontari nel processo di individuazione del sito dove stoccare le scorie nucleari italiane
LA LEGA IN PRIMA FILA
In commissione Ambiente alla Camera è stata incardinata una proposta di legge della Lega per aprire ai volontari. Relatore è il deputato del Carroccio, Alessandro Benvenuto. Il progetto, depositato a ottobre dello scorso anno da Riccardo Molinari (capogruppo alla Camera della Lega), punta a riscrivere l’articolo 7 del decreto legislativo 31 del 2010, che definiva le regole per individuare il sito del deposito delle scorie nucleari. La bozza prevede una finestra di 60 giorni per presentare le auto-candidature a Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning nucleare. I Comuni che vogliono farsi avanti devono dimostrare che il territorio risponda ai criteri ambientali e di sicurezza richiesti dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), l’autorità per la vigilanza dell’atomo in Italia. A quel punto Sogin redige un supplemento della Carta nazionale delle aree idonee (la lista dei siti candidabili) e la invia al Mase, che, dopo l’ok dell’Isin, in 30 giorni dà l’ok alla pubblicazione dell’elenco. Dopodiché Sogin ha un mese per avvertire i Comuni, che a loro volta avranno 60 giorni per alzare la mano, auto-candidarsi e avviare le trattative per la costruzione. Un emendamento simile intende proporre Pichetto Fratin all’interno di un decreto energia. Il governo conta sulla presenza di Comuni intenzionati ad accogliere l’impianto. Ce ne sarebbero almeno quattro Comuni, di cui uno è venuto allo scoperto: è Trino Vercellese, in Piemonte, dove sorge una delle quattro ex centrali nucleari italiane.
OPERAZIONE VERSO LO SLITTAMENTO
Ad ogni modo la procedura dell’auto-candidatura allunga di quattro mesi l’iter per situare l’infrastruttura, almeno sulla carta. E occorre capire come si relazionerà con la piattaforma sul nucleare del Mase. L’iniziativa di Pichetto Fratin si articola in sette gruppi di lavoro, che si occuperanno di fusione, fissione ma anche decommissioning. Un lavoro che Sogin ha già fatto. La tabella di marcia dell’iniziativa prevede che entro tre mesi dalla prima riunione, avvenuta il 21 settembre, si concludano le attività di ricognizione. All’inizio del 2024 si raccoglieranno proposte ed entro la metà dell’anno prossimo si passerà a scrivere linee guida su azioni, risorse, investimenti e tempi. Insomma, se la piattaforma vorrà dire la sua sullo smaltimento delle scorie e sul piano di Sogin, che ha accumulato notevoli ritardi, bisognerà attendere il 2024. Il deposito comporta un cantiere da 900 milioni di euro, quattromila operai e quattro anni di durata, per realizzare novanta costruzioni in calcestruzzo armato, dette le celle, che a loro volta conterranno i moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti. Un sistema a matrioska per sigillarli per i successivi 300 anni. Nell’ultima previsione, l’apertura del deposito è stata prevista per il 2030 ma, a causa degli ultimi 12 mesi di impasse e in attesa che arrivino le auto-candidature, la data va aggiornata. L’impianto porterà in dote anche un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari e, soprattutto, un ristoro economico da contrattare con Sogin.
LATINA ATTENZIONATA
Sogin ha avviato l’iter di gara del valore di 36 milioni di euro per affidare i lavori di smantellamento del reattore della centrale del Garigliano mentre a Latina, l’organo commissariale della società di stato ha avviato la procedura di gara per realizzare l’impianto Magnox che consentirà di estrarre e trattare circa 70 tonnellate di residui in lega Magnox radioattivi. A Latina, saranno estratte e trattate circa 70 tonnellate di residui in lega Magnox radioattivi. La gara, per un valore di circa 10 milioni di euro, prevede la realizzazione dell’impianto per il recupero e il trattamento di questi residui. I rifiuti radioattivi saranno inseriti in appositi contenitori e stoccati nel deposito temporaneo del sito in attesa del loro conferimento al Deposito Nazionale. Una volta estratti tutti i rifiuti i locali interrati dove erano depositati saranno caratterizzati e bonificati. Nella centrale del Garigliano, in particolare, sarà smantellato il “vessel”, cioè “il contenitore d’acciaio di forma cilindrica, e di altri componenti, denominati internals, posizionati al suo interno, nel quale, durante l’esercizio, avveniva la reazione nucleare. La gara prevede che le operazioni “fortemente contaminate, avvengano sotto battente d’acqua, elemento naturale per schermare le radiazioni e quindi consentire ai tecnici di procedere in sicurezza”. Con “l’attacco al vessel”, che terminerà nel 2027, si entra “nella fase finale del decommissioning della centrale campana”. Il Lazio si conferma la regione con la maggior quantità di rifiuti radioattivi in Italia. Qui è stoccato il 31,5% dei volumi nazionali, pari a poco più di 10 mila metri cubi. Il recente aumento di scorie in regione è causato proprio delle operazioni di smantellamento e bonifica presso la centrale di Borgo Sabotino. Latina non verrà scelta come sede del deposito nazionale delle scorie, ma certamente resta l’area dove è maggiore la presenza dei rifiuti radioattivi.