“Mai ti dimenticheremo, sarai sempre nei nostri pensieri, nel nostro cuore e ogni giorno ci mancherà il suono del tuo motore, la tua gioia nel concedere prestazioni e divertimento, la passione che ci hai donato anche durante le curve che ci ha fatto passare sempre più veloci”.
Ebbene sì, quel che state leggendo – almeno per la prima parte – è un necrologio. In onore di una vettura che è l’ultimo emblema dell’auto tricolore, erede orgogliosa di tradizioni motoristiche superlative e di stile italiano.
La vera pagina di chiusura dell’Alfa Romeo la si scrive in queste ore a Cassino, infatti, con un passaggio storico, che va ben oltre la ratifica di un banale cambio di proprietà tra italiani e francesi (che pure di per sé, almeno in altri tempi, sarebbe suonato come una bestemmia). Dopo i 40 giorni di stop produttivo, tra fine 2023 ed inizio 2024, il sito di Piedimonte San Germano sarà il luogo storico dell’addio dell’Italia e degli appassionati alle vetture del Biscione. Stelvio e Giulia sono per gli alfisti le “highlander” di Alfa Romeo. Gli ultimi modelli che resteranno immortali della serie, in quanto a Cassino si è materializzata l’ultima sfida di Sergio Marchionne alle tedesche ed all’eccellenza dell’automotive (del resto la meccanica è sempre stata prima di tutto una questione tedesca ed italiana, c’è poco da fare per gli altri).
Non poteva Marchionne pensare a correre sull’elettrico, ed a precorrere i tempi (come in molti hanno contestato), anche se aveva dalla sua Magneti Marelli (ora messa in disarmo), ma aveva l’incredibile tradizione motoristica italiana su cui piantare solide basi per i nuovi progetti. Proprio su quella scuola di propulsori, fondendo i saperi di ingegneri Ferrari e Maserati oltre che Alfa, fece forgiare le Giulia prima e le Stelvio dopo, in capannoni sperduti e anonimi dell’Italia che sapeva ancora scommettere su se stessa, in cui si chiusero i tecnici per mesi. Ed anche quando ci fu la prima salita produttiva di Alfa Giulia a Piedimonte, le felpe col simbolo del Biscione erano tante e indistinte tra ingegneri e addetti al montaggio ed alla verniciatura. Per lo più tanti giovani che, nelle pause, invadevano supermercati e strade mostrando l’appartenenza a quel logo che esprimeva la loro stessa (e nostra) identità.
Ebbene, dall’8 gennaio 2024 in poi saranno morti definitivamente la trazione posteriore ed il motore endotermico con il biscione crociato.
Una perdita per il Paese dopo la grande svendita al gruppo Psa dell’auto italiana da parte della famiglia Elkann-Agnelli. Saranno peraltro questi mesi prossimi l’occasione finale per comprare e guidare un’Alfa Romeo vera, capace di un comportamento ai vertici della categoria, a motore puramente termico.
Dal prossimo anno saranno in funzione a Piedimonte le nuove linee produttive di concezione Peugeot su piattaforma STLA Large che sostituiranno le attuali basate sulla mitica piattaforma Giorgio. La nuova impostazione francese sarà l’architettura che sarà impiegata per la prossima generazione di Giulia e del SUV Stelvio.
Come sta accadendo con tutti i modelli, stesse auto francesi con qualche allestimento e marchi diversi. Ma la sostanza non sarà più cosa in cui un italiano fedele a Fiat, Alfa, Lancia e Maserati possa riconoscersi.
Il dna automobilistico tricolore sarà cancellato per sempre. Resterà in piedi solo Ferrari tra i grandi marchi, visto che Lamborghini è già frutto di trapianti teutonici. “Signori trapianti”, s’intende, al cospetto di quel che attende i marchi nazionali più popolari.
Quella di domani, poi, è un’altra data importante, nel senso che azienda e governo italiano siederanno per la prima volta allo stesso tavolo. I francesi, Tavares l’ha già detto chiaro e tondo, busserà a soldi, a partire dagli incentivi sull’elettrico. Urso potrà dire che l’Italia tornerà (quando?) al milione di vetture prodotte (numero che già all’epoca di Marchionne veniva superato abbondantemente).
Ieri il sindaco di Piedimonte San Germano, Gioacchino Ferdinandi, ha incontrato la vice presidente della Regione, Roberta Angelilli, che sarà presente al vertice su Stellantis. Si è concordato che un documento della Consulta dei sindaci del Cassinate con richieste precise, sarà consegnato dalla stessa Angelilli a tutte le parti che saranno presenti alla riunione.
«Il Governo Meloni assiste inerme al progressivo impoverimento di capacità produttiva degli stabilimenti italiani di Stellantis che sono abbandonati al loro destino. Per questo motivo abbiamo presentato una interrogazione al ministro Urso per sapere quali iniziative intende assumere soprattutto in vista del tavolo del 6 dicembre al fine di salvaguardare il futuro produttivo dello stabilimento di Pomigliano e avere adeguate garanzie sui modelli che verranno realizzati a tutela dei livelli occupazionali», lo hanno chiesto in una interrogazione presentata alla Camera i deputati Pd Marco Sarracino, Arturo Scotto, Chiara Gribaudo, Emiliano Fossi e Mauro Laus della commissione Lavoro e Cecilia Guerra della segreteria nazionale.
«Abbiamo appreso nel corso del vertice italo-serbo – aggiungono i parlamentari – dalle parole del premier serbo, Aleksander Vucic, nell’ambito dell’incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che presso lo stabilimento di Kragujevac, dove attualmente si produce la 500L, Stellantis trasferirà la produzione della Panda elettrica. Si tratta di una notizia molto impattante per l’automotive italiano». I deputati Pd ricordano, infine, che il 6 dicembre è previsto il tavolo con l’azienda, più volte rinviato, sul futuro degli stabilimenti Stellantis in Italia e che le organizzazioni sindacali «hanno già sollevato preoccupazioni e timori rispetto ad un annuncio non solo inusuale nella modalità, ma preoccupante nel merito».
«La Regione Lazio deve essere il perno fondamentale di un’azione nei confronti del Governo, affinché si superino le logiche dei provvedimenti tampone sul singolo sistema in crisi e si passi invece ad una visione complessiva di futuro con investimenti che rendano grande il nostro Paese a livello nazionale ed internazionale», lo ha affermato il capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Regione Lazio, Adriano Zuccalà. «Bonus, incentivi e aiuti puntuali servono ma non sono la soluzione – ha continuato Zuccalà -. Riteniamo che vadano fatte azioni di largo respiro per mettere in condizione il nostro sistema produttivo di ritagliarsi il proprio giusto posto a livello internazionale e non rimanere all’interno di confini stretti, con concezioni superate. Tentennamenti e archetipi sorpassati sono un freno e mentre noi continuiamo ancora a chiederci se sia il caso di installare una colonnina elettrica o un parcheggio, corriamo il rischio di arrivare ad usare l’elettrico quando in altri Paesi l’elettrico sarà già una tecnologia superata. E’ lo Stato, in tutti i suoi livelli istituzionali, che deve essere il cardine, per garantire una forza tale da non farsi umiliare, come è accaduto con Expo dove nemmeno l’Europa ha votato per l’Europa. Quando si parla del benessere del nostro Paese e della capacità di incidere sull’industria nazionale, ma soprattutto internazionale, è importante essere tutti uniti per riuscire a raggiungere dei grandi obiettivi. Come Consiglio regionale dobbiamo supportare l’azione a livello governativo per riuscire ad incidere sul campo internazionale, piuttosto che assistere ad un lento sgretolamento delle nostre bandiere nazionali. Dobbiamo essere noi a dettare il futuro», ha concluso il capogruppo M5S alla Pisana.
Come già riferito in un servizio su queste colonne, nei giorni scorsi il Consiglio regionale del Lazio ha approvato all’unanimità una mozione sulla crisi della Stellantis di Piedimonte San Germano sottoscritta da tutti i gruppi. Il documento impegna il presidente della Regione, Francesco Rocca, “a relazionare periodicamente in Aula e nelle commissioni competenti sui lavori del tavolo ministeriale” e “a convocare, in tempi brevi, presso la città di Cassino un tavolo tecnico regionale per il rilancio industriale complessivo di tutta l’area”.
Il territorio con la sua classe dirigente, intanto, sembra continuare a dormire sonni tranquilli: posti di lavoro in scomparsa rapida nello stabilimento e nell’indotto, oltre alla cancellazione di capacità produttive e competenze sembrano non toccare più di tanto le coscienze di chi amministra. Si ritroverà file ingrossate ai servizi sociali e gioventù sempre più impegnata a far valigie per costruire altrove il proprio futuro.
La Giulia è stata l’ultima speranza di restare aggrappati ai nostri borghi e di mostrare agli altri di quale pasta sono fatti gli italiani. Ecco perché la sua scomparsa, meglio, il suo assassinio, è anche l’emblema del declino nazionale e del progressivo dissanguamento del Lazio meridionale.