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Consuntivo olimpico: le ragazze del volley e Nadia Battocletti i volti dell’Italia che vince col sorriso

Roberto Mercaldo
Agosto 16, 2024

Da pochi giorni i Giochi della XXXIII Olimpiade sono stati consegnati agli archivi. L’Italia ha eguagliato il numero complessivo delle medaglie di Tokyo, migliorando peraltro il numero degli ori, che poi è quello che determina la posizione nel “medagliere”.
Una più attenta analisi deve però andare oltre il quadro sinottico di quei tre metalli e leggere i risultati delle varie discipline in modo più ampio.
La singolarità dei 20 quarti posti è certamente rilevante e condiziona il bottino finale di podi, ma nello stesso tempo fornisce una più esatta dimensione delle potenzialità del movimento sportivo italiano.
Un dato altrettanto importante è quello della distribuzione delle medaglie: i quaranta allori sono arrivati infatti in 20 diverse discipline. Non più i super-raccolti della scherma e del tiro, ma una più equa distribuzione, a testimonianza di come in tante federazioni si stia lavorando in modo estremamente proficuo.

I VOLTI DELL’ITALIA OLIMPICA

Tra i 12 ori ce n’è uno che ha senza dubbio un sapore particolare. È quello delle ragazze del volley, autrici di un percorso davvero incredibile. Dopo aver ceduto un set alla Repubblica Dominicana nella gara d’esordio, le azzurre di Julio Velasco hanno messo in fila ben cinque 3-0, travolgendo ogni avversaria. La regia illuminata di Orro, la furia devastatrice di Egonu e Antropova, le giocate al fosforo di Bosetti e Sylla, i muri e gli attacchi in primo tempo di Danesi e Fahr e, a proteggere ogni equilibrio, i recuperi incredibili del libero Di Gennaro. Il cocktail Italia ha ubriacato ogni rivale dall’altra parte della rete e la cosa più incredibile è proprio questa: in una competizione in cui le gare per le medaglie si sono sempre concluse in cinque set, le nostre pantere hanno sconfitto pure la tradizione. E il tutto con il sorriso, con l’allegria di una conquista gioiosa. Serbia, Turchia e Usa, avversarie dai quarti in avanti, hanno constatato sulla propria pelle quanto valesse la contagiosa volontà di conquista delle splendide ragazze azzurre.


Altro sorriso che ha bucato lo schermo ed è andato a conquistare l’Empireo del gradimento è stato quello di Nadia Battocletti. La trentina aveva già fatto sognare nella sua gara d’esordio, quella dei 5000, dove aveva chiuso quarta e si era anche ritrovata sul podio prima che il ricorso del Kenya fosse accolto, restituendole la “medaglia di legno”, che lì a Parigi chiamano di cioccolato. Legno o cioccolato che sia, quel quarto posto di Nadia sembrava comunque un’impresa titanica, in una specialità che ha da anni le atlete africane nelle vesti di dominatrici assolute. E invece nei 10000 Nadia ha osato sfidarle di nuovo e batterle, tutte meno una. Ha persino provato, in quel rettilineo epico, a sopravanzare la primatista del mondo Chebet, ma nel suo destino a cinque cerchi sotto la Tour Eiffel c’era un argento. Un argento che brilla come un diamante, perché Nadia è campionessa di umanità, di generosità e di semplicità. E forse per questo quella sua conquista l’abbiamo sentita nostra nel più profondo del cuore.
L’oro più prevedibile? Forse quello di Tita e Banti, i velisti capaci di bissare Tokyo. Il meno pronosticabile? Probabilmente quello di Martinenghi, che nei 100 rana sembrava avere in Adam Peaty e nell’americano Fink due rivali fuori portata.
Storici i due ori nei 100 rana e nei 100 dorso, con il citato Martinenghi ed il talentuosissimo Ceccon, nella stessa edizione.
Conferme importanti per il baby Furlani nel lungo e per il neo azzurro Andy Diaz nel triplo.
Piccole delusioni dalla staffetta 4×100, che ha chiuso ai piedi del podio con un autorevolissimo 37”68 e dal gigante Fabbri, solo quinto dopo una stagione dominata.
Si somigliano i quarti posti di Larissa Iapichino nel lungo e di Benedetta Pilato nei 100 rana. Entrambe giovani, entrambe già attesissime e già ricche di gloria mondiale. Si rifaranno a Los Angeles, ma hanno chiarito a tutti che grandi lo sono già.
Piacevole abitudine quella di scoprire un canoista tutto d’oro: dopo Molmenti a Londra, ecco De Gennaro a Parigi, a donare le onde vorticose d’un percorso ultra selettivo.
Siamo rimasti a digiuno nel pugilato, ed è indubbio che ci attendessimo qualcosa di più. Abbiamo mancato di nuovo il podio del volley maschile, paralizzati in semifinale dopo un girone eliminatorio convincente e una rimonta miracolosa nei quarti contro il Giappone.
Abbiamo subito un vistoso torto che ci ha privato del podio nella pallanuoto maschile, ci siamo presi l’oro del doppio femminile e il bronzo di Musetti in quel tennis privato di Sinner, il nostro numero uno, trattato dai connazionali come un novello Celestino V.
Abbiamo applaudito la tenacia bronzea dell’immenso Paltrinieri, abbiamo sofferto con Stano e Palmisano, il primo assorbito suo malgrado nell’infinità teoria dei quarti posti, la seconda a confrontarsi con un Covid inopportuno e intempestivo. Le coliche renali di Tamberi, dopo quella fede d’oro finita nella Senna quasi ad annunciare una nefasta profezia, hanno fatto male anche a noi. Il capitano estroso, formidabile lottatore, messo ko non già da un avversario con le scarpe da gara, ma da un nemico invisibile, suona come un inno all’imprevedibilità.
L’Italia è tra le grandi dello sport, ma in una competizione da tre settimane sorrisi e amarezze si alternano, inevitabilmente.
È stato così anche stavolta. Per i giochi estivi appuntamento a Los Angeles, ma prima ci sarà Milano Cortina.

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