Non c’è pace per la moglie e la suocera di Aboubakar Soumahoro, il deputato ex Avs, e ora nel Gruppo misto, finito nell’occhio del ciclone proprio per la gestione, da parte della coniuge, dei fondi destinati alle cooperative e utilizzati invece per l’acquisto di beni e servizi personali. Oggi il gup di Latina ha disposto il rinvio a giudizio delle due donne, insieme con due cognati del parlamentare, Michel Rukundo e Aline Mutesi. Stralciata, invece, la posizione di un terzo cognato, Richard Mutangana, attualmente irreperibile in Ruanda. Le accuse nei confronti degli imputati spaziano dalla bancarotta alla frode, fino all’autoriciclaggio. Secondo quanto stabilito dalle indagini, i parenti di Soumahoro – che sono già a processo per una maxievasione fiscale – avrebbero distratto i fondi stanziati dalla prefettura per beni di lusso, viaggi, abiti, trattamenti estetici e perfino l’arredamento di immobili o il parto in clinica. Denaro, quantificato in circa due milioni di euro, che sarebbe dovuto servire invece per la cura e l’accoglienza dei migranti.
DENUNCIA DETERMINANTE
Il caso è venuto alla ribalta in seguito alla denuncia di alcuni ex lavoratori della cooperativa Karibu, che hanno sostenuto di essere stati lasciati senza stipendi per mesi. Oggi 19 di loro sono stati ammessi parte civile, insieme con in sindacato Uiltucs, presente all’udienza, e con sette comuni pontini su cui insistevano le 33 strutture di accoglienza. “Questi signori – accusa l’avvocato del sindacato, Giulio Mastrobattista – hanno gestito l’accoglienza con un’unica finalità, quella di rubare i soldi della collettività”. L’accusa, inoltre, evidenzia gravi mancanze nella gestione delle stesse cooperative, rilevando episodi di sovraffollamento, mancata derattizzazione o situazioni igieniche precarie. “Sembra quantomeno strano che queste accuse non siano emerse nel corso degli anni durante la gestione delle strutture – specifica il legale della moglie di Soumahoro, Lorenzo Borrè -. La prefettura avrebbe potuto rescindere il contratto, e non l’ha mai fatto”. “Le presunte frodi – sottolinea l’avvocato – fanno riferimento a minime inadempienze, già riscontrate dalla prefettura, che avevano portato a penali contrattuali, senza risolvere la convenzione”.
LA FRAGILE DIFESA
La difesa di Liliane Murekatete, inoltre, ha chiesto al giudice integrazioni investigative, ribadendo che la donna “respinge le accuse”, sia disconoscendo alcune sue firme, sia per il suo presunto suolo amministrativo nella gestione delle coop. Argomenti che, inevitabilmente, saranno ribaditi durante il processo che, a questo punto, potrebbe essere unificato con quello sull’evasione fiscale. La prima udienza è fissata per l’11 giugno. In attesa del dibattimento, la difesa prepara una lista di testimoni, e non è escluso che venga chiamato in aula lo stesso Soumahoro, “quantomeno – spiega l’avvocato – per riferire di alcune contestazioni di cui è inevitabilmente a conoscenza”.