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Pd, tanto rumore per nulla. Lega, l’ora del governo e delle scelte

Massimo Pizzuti
Nella gestione delle deleghe alla Provincia Fratelli d’Italia ha puntato alla sostanza, mentre il presidente Luca Di Stefano ha deciso di mettere alla prova (di governo) i consiglieri del Carroccio    
Marzo 1, 2024
Luca Di Stefano, presidente della Provincia di Frosinone

Adesso sono tutti tornati a parlare di Campo largo, perfino larghissimo. In grado di tenere insieme Pd, Cinque Stelle, Verdi e Sinistra, Azione, Italia Viva. Dimenticando i temi importanti che per esempio dividono il Partito Democratico dal Movimento di Giuseppe Conte: la posizione sulla guerra tra Ucraina e Russia ma anche il termovalorizzatore di Roma, causa prima del mancato accordo sia alle politiche del 2022 che alle regionali del Lazio del 2023. Il risultato della Sardegna è sicuramente significativo, ma bisognerà attendere altri appuntamenti per avere un quadro compiuto. In particolare le europee. Fino ad allora è abbastanza azzardato avventurarsi in previsioni e giudizi definitivi.

INTANTO ALLA PROVINCIA…

Il presidente Luca Di Stefano ha attribuito le deleghe ai consiglieri provinciali. Ma come è andata davvero? Nel Pd non è successo niente, nonostante le contrapposizioni durissime delle ultime settimane. Enrico Pittiglio ha ottenuto la vicepresidenza, ma la delega più operativa (viabilità) è andata a Luigi Vittori. Alessandro Mosticone (primo degli eletti nella lista) si è dovuto accontentare di Patrimonio e trasporti, Gino Ranaldi è riuscito ad aggiungere la pubblica istruzione a caccia e pesca. Formazione e pari opportunità per l’unica donna consigliere: Antonella Di Pucchio. Soluzione telefonata. Insomma, nel Pd tanto rumore per nulla.

Luigi Vacana (Provincia in Comune) ha di che essere soddisfatto: proseguirà a dare le carte sul tema delle politiche culturali. Per Gianluca Quadrini la conferma a coordinatore dei lavori dall’aula. Il capogruppo di Forza Italia (mister preferenze ponderate) poteva obiettivamente avere qualcosa in più. Fratelli d’Italia ha puntato alla sostanza: Roberto Caligiore (bilancio) avrà in mano i cordoni della borsa. Per Alessandro Cardinali il pacchetto obiettivamente più importante, operativo e incisivo: l’edilizia scolastica. Andrea Velardo ha un’occasione da non perdere sulla digitalizzazione più che su sport e turismo.

Infine, la Lega, partito che si è messo di traverso su tutto. Andrea Amata dovrà occuparsi di Pnrr e di supporto a quel Comitato per la crescita e lo sviluppo sostenibile che aveva fortemente criticato a gennaio. Per Luca Zaccari l’urbanistica e l’ambiente. Sarà interessante vedere quali indicazioni darà il Carroccio, per esempio, su temi come l’individuazione della discarica per i rifiuti. Recentemente Zaccari e Amata hanno attaccato un giorno sì e l’altro pure i vertici della Saf, in particolare il presidente Fabio De Angelis (Fratelli d’Italia). Non ponendosi il problema che il conguaglio tariffario è stato determinato da una delibera della Regione Lazio e dai calcoli di Arera e di altre autorità preposte. Dimenticando che l’assemblea dei sindaci-soci della Saf ha già approvato nei precedenti bilanci gli inevitabili aumenti relativi al 2020 (peraltro a consuntivo). Soprattutto la Lega ha puntato l’indice contro l’accordo in assemblea tra amministratori del Pd, di Fratelli d’Italia e anche di Forza Italia. Come se da anni non si procedesse in questo modo in un ente che è comunque una società e che quindi deve rispondere a criteri operativi. Il Carroccio a luglio ha scelto ancora una volta di differenziarsi, di provare a sbarrare la strada a Fratelli d’Italia, di cercare di ottenere risultati sul piano elettorale e politico. Questo però non è avvenuto. Nei prossimi mesi in materia di ambiente e rifiuti dovranno essere prese decisioni cruciali: dalla discarica ai costi di smaltimento. La Provincia ha un ruolo preciso. Vedremo i salvini-boys alla prova del governo del territorio. Un ultimo particolare: su questi argomenti la Regione Lazio dirà la sua. Con un giunta di centrodestra, una maggioranza di centrodestra, un presidente di centrodestra. Una coalizione della quale la Lega fa parte. La realtà è che la politica dei “due forni” di andreottiana memoria non funziona più da tempo. Lo hanno capito, proprio in Sardegna, Carlo Calenda e Matteo Renzi. Ma pure Matteo Salvini.

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