Bilanci di fine anno e prospettive a breve: per il Cassinate l’esempio del barometro pare calzante. Se l’ago scende (perché la pressione dell’aria sta scendendo) ad un ritmo costante ed anzi accelerato, è molto probabile che arrivi almeno un temporale. Per non parlare di eventi estremi. Ma vediamo il perché.
Scarso numero di attività ed imprese culturali sul territorio; assenza di incubatori di impresa; alto tasso di disoccupazione giovanile; basso indice di competitività del territorio e stagnazione degli investimenti da parte delle imprese locali; debolezza del mercato del lavoro. Il Cassinate, ed il Lazio meridionale più in generale, rischiano di appesantire e rendere ancor più problematico l’impegno manifestato dal rettore Marco Dell’Isola nel voler risollevare le sorti complessive dell’Ateneo, dopo la stabilizzazione finanziaria a seguito della batosta del debito milionario (di cui ci siamo occupati in un precedente servizio): un ripianamento in corso che, in ogni caso, continuerà ad esercitare per i prossimi anni influssi negativi su investimenti e carriere. Le criticità citate sono considerate non a caso da Unicas “minacce dall’ambiente esterno”.
Ma il problema è che il Cassinate ed il Lazio meridionale non possono permettersi che Unicas perda altro terreno o, peggio, che ceda del tutto col rischio che finisca fagocitata da un Ateneo più grande.
Qual è la novità?
Il crollo dell’automotive in corso, al di là delle promesse e delle speranze riposte nell’elettrificazione dei modelli prodotti a Piedimonte da una forza lavoro sempre più ridotta all’osso, finisce inevitabilmente per minare le prospettive di tutto il territorio e dello stesso polo universitario – che ne è uno dei pochi punti di forza (posizione geografica, appunto Unicas, Abbazia e, almeno fino ad Fca, prima dell’avvento di Stellantis, manifatturiero) -, a partire dalla didattica perché, colpendo l’economia delle famiglie, la crisi occupazionale, che si profila sempre più aspra e pericolosa, influirà ulteriormente sul ritardo educativo della popolazione nel Sud Lazio (dove già esiste una elevata percentuale di genitori non laureati), appesantirà anche la percentuale già considerevole di abbandoni e ritardi nelle carriere degli studenti.
Insomma l’economia dell’auto pare ormai destinata a tramontare, nonostante costituisca ancora l’unico vero asset lavorativo per migliaia di famiglie: oltretutto le conseguenze del “tornado predatorio francese” che si è abbattuto sul sito di Piedimonte e sull’indotto, non sono ancora calcolabili.
Per il resto, al di là della tenuta del pubblico impiego strettamente inteso e “allargato” che non può certo ampliarsi a dismisura (anzi ha perso uffici come la direzione Inps, gli uffici Enel e altro), non c’è oggi un settore che possa sostituirsi come trainante all’automotive mentre il manifatturiero perde quotidianamente decine di posti di lavoro.
Un declino che l’Università di Cassino e del Lazio meridionale cerca, per quel che può fare, di arginare. Posizione strategica di Cassino e del Cassinate tra nord e sud e fra Tirreno e Adriatico, Abbazia e Polo universitario sono, peraltro, le ultime “ancore” del territorio (oltre a quel che resta dell’automotive). Il primo però è fortemente infiacchito dalla totale disattenzione della politica e delle istituzioni circa la necessità di adeguare le infrastrutture materiali e immateriali (l’esempio della superstrada per Sora, per oltre un mese e mezzo interrotta a Sant’Elia Fiumerapido per la messa in sicurezza di una parete rocciosa, la dice lunga su come sia inefficiente l’intervento pubblico).
Quanto ad Unicas, al di là del calo di iscritti e della crisi finanziaria di cui ci siamo occupati in un precedente servizio, di sicuro per promuovere l’innovazione e la ricerca, l’Ateneo si è impegnato nello sviluppo di spin off finalizzati al trasferimento tecnologico alle imprese. L’esempio più importante è costituito dall’iniziativa che ha propiziato la nascita dello stabilimento Power4Future per la produzione di batterie al litio, in fase di attivazione grazie alla joint venture tra Fincantieri e Faist Group e, prima di tutto, alla ricerca del Dipartimento di Ingegneria Elettrica che ha varato la sua “E-lectra”.
Venendo al turismo, gran parte del flusso cassinate è legato alla presenza dell’Abbazia di Montecassino che ha un volume di visitatori di circa 270.000 all’anno, almeno secondo l’indagine Ance-Cresme che risale al 2020. Questo turismo però è limitato alla sola Abbazia e non riesce a interessare, neanche indirettamente, il resto del sistema. Un fattore importante per migliorare la qualità della vita cittadina, come il rifacimento del Corso della Repubblica e la sua chiusura al traffico, si è nel frattempo trasformato nel “rovescio della medaglia” come ulteriore elemento di difficoltà per i pullman turistici che volessero raggiungere il centro di Cassino. Peraltro un piano traffico che offra alternative nella circolazione tarda ad essere ufficializzato. Insomma la visione politica dei problemi della città e del territorio e delle prospettive e potenzialità con tutta evidenza sembra assente del tutto.
Dicevamo dell’automotive il cui crollo ha conseguenze che nessuno ha ancora calcolato: l’economia del sistema cassinate è infatti senza alcun dubbio dipendente dal settore manifatturiero.
“L’automotive è stato da un lato il primo settore in assoluto a sperimentare gli effetti diretti del lockdown sulla catena produttiva e dall’altro a pagare pesanti conti sul piano della domanda. Durante il lockdown il settore ha subito una perdita, in termini di autovetture non assemblate, che si stima, in tutta Europa, nell’ordine di 2,4 milioni di unità, di cui 158 mila in Italia e 616 mila nella sola Germania. Una quota marginale è atteso che verrà recuperata nella seconda parte del 2020″: ha sottolineato tre anni or sono lo studio Ance-Cresme. Se non fosse che dopo il Covid le cose sono andate peggio, perché l’arrivo dei francesi alla guida dell’auto italiana sta producendo uno smantellamento senza precedenti (clamorose le inserzioni immobiliari per vendere immobili realizzati coi soldi dei contribuenti italiani tramite sovvenzioni ex Casmez). Un disastro che su territori come il nostro – mono dipendente dall’economia dell’auto – avrà effetti drammatici.
Se l’Abbazia col suo turismo non può fare granché (Montecassino ha subito un crollo verticale di visitatori negli ultimi vent’anni: da 2 milioni di cui era accreditata in vista del Giubileo del 2000 ai 270mila annuali dal 2020) e il manifatturiero è in crisi nera, ecco perché si torna a guardare all’Università di Cassino per scorgere qualche barlume di innovazione che possa innescare nuove iniziative e, quindi, nuove competenze e nuovo lavoro.
Un anno fa, a dicembre 2022, il rettore Dell’Isola ha condiviso con il tavolo di lavoro un documento che ha proposto principi, ambiti e linee programmatiche. Tra la fine del 2022 e i primi mesi del 2023 il gruppo di lavoro in una serie di riunioni ha individuato obiettivi, azioni e indicatori del Piano, che sono stati oggetto di confronto e condivisione con il Consiglio degli Studenti e i principali interlocutori istituzionali, al fine di acquisire osservazioni e suggerimenti. Il Piano Strategico 2023-2025 è stato approvato definitivamente dagli organi di governo nelle sedute del mese di marzo 2023. Nel maggio 2023 il Piano è stato presentato attraverso un’assemblea pubblica che ha visto la partecipazione di tutta la comunità accademica e delle principali istituzioni pubbliche e private del nostro territorio. “Unicas – si legge nel documento – è un Ateneo saldamente legato ai sistemi territoriali di riferimento ma nello stesso tempo aperto al mondo. (…)
Consapevole del suo ruolo essenziale nei processi di sviluppo sociale, culturale, economico e tecnologico che interessano il Lazio Meridionale e le aree limitrofe, intende allargare la rete locale di relazioni con istituzioni, enti, realtà produttive, sistema scolastico, mondo della cultura, cittadini, impegnandosi con il dialogo, l’interazione e la condivisione, nella promozione della formazione, della ricerca, della valorizzazione del sapere. D’altra parte riconosce nell’internazionalizzazione un fattore cruciale per il futuro dell’Ateneo: in una società sempre più globalizzata e cosmopolita, aprire il Campus a studenti e docenti di altri Paesi facilita il difficile processo di integrazione culturale e rende altresì i nostri studenti più critici e consapevoli delle proprie tradizioni”.
Nell’arco del triennio 2023-2025 le azioni strategiche di Unicas, sintetizzando, puntano a fornire “un contributo operativo al perseguimento degli obiettivi fissati dall’Onu nell’Agenda 2030, dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dalle Politiche di coesione UE 2021-27”.
“La definizione di nuove linee di sviluppo – ha precisato sempre il piano strategico – non è solo occasione per ridefinire gli obiettivi programmatici dell’Ateneo e le azioni connesse, ma anche conferma dei principi identitari della nostra comunità accademica. La condivisione dei valori fondanti di una comunità è infatti condizione essenziale per la coesione di qualunque sistema sociale e in special modo di quello accademico”.
Probabilmente tra le poche cose che può fare il territorio per frenare la china economico-sociale imboccata c’è quella di stringersi attorno ad Unicas e di avviare un tavolo di confronto e di programmazione che venga condiviso tra enti e forze sociali. Servirebbe prima di tutto a mettere in sicurezza l’Ateneo stesso e, subito dopo, a programmare le spinte necessarie a far ripartire l’intero Lazio Meridionale oggi impantanato in una crisi senza precedenti dalla seconda guerra mondiale in poi. Ma di dibattiti e programmi su questi argomenti, nel confronto politico in corso in vista delle elezioni amministrative del 2024, fino ad oggi non ce n’è traccia. Segnale di un futuro per nulla incoraggiante.