Da una parte l’ospite d’onore è stato Elon Musk, l’emblema stesso della modernità, del presente che guarda al futuro, della “visione” del mondo che verrà. Dall’altra si è celebrato il ritorno di Romano Prodi, leader dell’Ulivo e di una stagione lontana anni luce. Ma soprattutto lontana dalle nuove generazioni e dalle esigenze del Paese. Non più al passo.
A Castel Sant’Angelo l’evento di Atreju di Fratelli d’Italia. Sulla Tiburtina, presso gli studios dove si gira “Di Martedì”, la kermesse “Sociale verde e giusta. L’Europa che vogliamo”, voluta dal Pd per “rispondere” a Giorgia Meloni. Roma resta caput mundi della politica nazionale: fra le due manifestazioni però ci sono tantissime differenze. Una in particolare. Al Forum dei Democrat è mancato il… popolo. Si è vista tutta la vecchia guardia dell’Ulivo, da Romano Prodi a Rosy Bindi, c’erano Paolo Gentiloni ed Enrico Letta, però non si è percepita quella spinta popolare che determina la vittoria delle elezioni. Al “kolossal di Atreju” (la definizione è della sinistra radical chic) invece la gente c’è stata. Non soltanto i protagonisti e i militanti, ma molte persone normali.
IL PROFILO MILITANTE DELLA MELONI
Sul palco di Atreju ha parlato da leader di Fratelli d’Italia, da militante. Per settanta minuti. Voce roca ma tensione (politica) squillante. Coccolata dall’affetto del suo popolo, Giorgia Meloni non ha sciolto ancora la riserva, ma sembra chiara la volontà di concorrere come capolista alle Europee di giugno, definite “un memorabile appuntamento con la storia”. Perché davvero, per la prima volta, possono cambiare gli assetti di governo dell’Unione Europea, sempre più centrale nelle decisioni che incidono direttamente sulla vita dei cittadini. La presidente del consiglio ha insistito sul concetto di consenso. Spiegando che non appartiene a quel genere di politici inchiodati alla poltrona (“per i quali va chiamato il fabbro per mandarli via”), ma che al tempo stesso, fin quando avrà i voti degli italiani, nessuno potrà… schiodarla.
Il consenso è l’elemento chiave anche per le riforme istituzionali e costituzionali. A partire dal premierato. Le opposizioni evocano il referendum per mandarla a casa (come con Matteo Renzi), ma stavolta in gioco c’è il futuro del Paese e quindi saranno gli elettori a decidere. Non i poteri forti. Certamente però il discorso di Giorgia Meloni pone il centrodestra davanti alle sue responsabilità. Ad ogni livello. In Europa Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia appartengono a famiglie politiche diverse, ma le alleanze, per esempio tra Popolari e Conservatori, possono dare una scossa agli assetti del vecchio continente. Sul piano interno ci saranno le comunali e il centrodestra non può dividersi. Per esempio a Cassino. Chi romperà il quadro dell’unità dovrà assumersene la responsabilità.
LA SCHLEIN EVOCA CASSINO
Elly Schlein ha annunciato che partirà da Cassino la lunga marcia del Pd per provare a riprendersi il centro della politica nazionale. La città martire è stata individuata come una delle sei capitali della rinascita Dem in vista delle europee. Perché Cassino? Ha detto la Schlein: “Scalderemo i cuori degli italiani e delle italiane parlando dei temi, del loro destino, della speranza di futuro che dobbiamo riaccendere. Inizieremo da Cassino: il prossimo anno sarà l’ottantesimo anniversario del bombardamento che distrusse l’intera città. Ricostruita nell’Italia libera dal fascismo e dalla guerra, sulle fondamenta di quel potente simbolo delle radici della nostra cultura continentale che è il monastero dedicato a San Benedetto, patrono d’Europa”. I vertici del Pd locale (Francesco De Angelis, Sara Battisti, Luca Fantini) si sono immediatamente detti orgogliosi e soddisfatti. In realtà la mossa della Schlein ha motivazioni storiche e simboliche dettate da ciò che Cassino (e Montecassino) rappresentano nel mondo. Certamente la decisione della Schlein avrà l’effetto di mettere pressione all’intero Pd ciociaro e soprattutto al sindaco Enzo Salera, che a questo punto non può permettersi di perdere le comunali. Diventerebbe un caso nazionale e metterebbe in difficoltà la Schlein. Ma è sulle parole di Romano Prodi che bisogna soffermarsi. Ha spiegato il Professore: “Se in quindici anni il Pd ha perso sei milioni di elettori significa che bisogna fare un’altra strada per costruire un percorso italiano e uno europeo”. Sei milioni di elettori persi: a nessuno viene in mente che parlare esclusivamente di “fascisti” (immaginari) e di demonizzazione degli avversari rende meno credibili e allontana i cittadini? A nessuno viene in mente che Elon Musk, con tutte le contraddizioni insite nella sua visione del mondo, è decisamente più attrattivo di una classe dirigente sconfitta che ha fatto il suo tempo?