Macché tornare a costruire auto a Piedimonte San Germano ed in Italia, macché blocco degli esodi incentivati di dirigenti, ingegneri e lavoratori del Bel Paese. In fin dei conti i francesi sembrano chiedersi perché tutti questi sforzi per costruire vetture elettriche? Basta commercializzare quelle cinesi e farne ancora, magari solo in Francia e qualcosa altrove. Sembra proprio questa la filosofia Stellantis dopo l’acquisto del 20% della Leapmotor.
«Stellantis, in Italia come negli Usa, respinge il confronto e quindi la possibilità di migliorare le condizioni di lavoro ed il salario di migliaia di lavoratrici e di lavoratori e nelle stesse ore, Dopo l’acquisto del 20% del capitale della cinese Leapmotor, la possibilità per Stellantis sarà quella di commercializzare auto elettriche cinesi in Europa». Attacca Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità. «Invece di attrarre nuovi costruttori nel nostro Paese – spiega il sindacalista -, Stellantis avrà la possibilità di commercializzare in Europa auto prodotte in Cina».
Fiom ritiene che la novità dovrebbe pur dire qualcosa direttamente al Governo Meloni. «Non c’e’ nessuna traccia dell’accordo con Stellantis per traguardare l’obiettivo di un milione di automobili costruite nel nostro Paese – sottolineano i metalmeccanici Cgil -. Senza considerare che le organizzazioni sindacali sono state finora escluse dal confronto con Governo e Stellantis. L’Italia è in grave ritardo in tema di transizione, da qui l’esigenza di guardare anche a nuovi produttori. E’ necessario un piano strategico per salvaguardare le attività degli stabilimenti di Stellantis e di tutta la filiera dell’automotive, tutelare ed incrementare l’occupazione, predisporre gli strumenti, come formazione e ammortizzatori sociali, per affrontare la transizione ecologica».
L’accordo – precisa una nota congiunta delle due case automobilistiche – prevede anche la costituzione di Leapmotor International, una joint venture in quote 51:49 guidata da Stellantis (e quindi come al solito da Parigi), con i diritti esclusivi per l’esportazione e la vendita, nonché la fabbricazione dei prodotti Leapmotor al di fuori della regione cinese.
L’ad Tavares ha commentato: «Grazie a questo investimento strategico, andiamo a rafforzare un nostro punto debole nel modello di business e a beneficiare della competitività di Leapmotor in Cina e all’estero». I francesi hanno subito pensato bene di piazzare un bel francesone alle leve di comando: Gregoire Olivier ha assunto la responsabilita’ dell’ufficio di coordinamento con Leapmotor e sarà membro del consiglio di amministrazione di Leapmotor. Cinesi fritti. E, ne sanno qualcosa alla Nissan a Tokio: quando i francesi entrano non escono più perché le loro tattiche – in buona parte – non sono industriali o commerciali ma banalmente di occupazione sciovinistica.
Natalie Knight, direttore finanziario di Stellantis, ha da parte sua spiegato che «di fronte all’offensiva cinese sull’elettrico in Europa, la scelta poteva essere ‘stare sulla difensiva’ oppure ‘muoversi all’attacco, essere collaborativi, creare occasioni e in questa seconda visione rientra l’accordo di Stellantis con Leapmotor che oltre alle esportazioni ci permette anche di produrre, e’ una opzione per noi».
Insomma una tegola in più sui già marginali e penalizzati stabilimenti italiani a partire da quello di Piedimonte San Germano. Un esponente politico pedemontano si lascia andare: «Questo accordo coi cinesi è il colpo di grazia, questi piazzali – dice di fronte al cancello 7 dal quale escono sempre meno auto – saranno solo al servizio della commercializzazione di vetture prodotte altrove e pure di quelle cinesi. Un bel nodo di interscambio e basta».
A Roma intanto il vicepresidente della Regione Roberta Angelilli (deleghe a Sviluppo economico, Commercio, Artigianato, Industria, Internazionalizzazione) sta tentando di mettere in piedi il tavolo sulla crisi industriale Stellantis, ma le difficoltà – manco a dirlo – sono quelle legate al reperimento di un interlocutore. «Già prima era difficile parlare con Fca, tra Torino e Detroit, ma oggi è un’impresa impossibile avere contatti con Parigi», dice un esponente del centrodestra al governo del Lazio.
Si sta impegnando – anche se non attiene alle sue deleghe assessorili – anche il cassinate Pasquale Ciacciarelli che sta operando con la Angelilli proprio per rendere più stringenti i tempi di un confronto che stabilisca la situazione del sito produttivo di Piedimonte San Germano e che ne delinei il futuro, a fronte di un decremento gravissimo di lavoratori e delle alienazioni in atto di interi pezzi di stabilimento.
La situazione occupazionale – al di là di smobilitazioni di impianti (una verniciatura e una lastratura) e incertezze sul futuro “elettrico” (con l’arrivo della piattaforma tutta Peugeot) – resta da allarme rosso: «Stellantis continua sulla strada di incentivare i lavoratori ad abbandonare l’azienda – annota ancora il segretario Fiom, Lodi -. Lo fa aumentando di volta in volta gli incentivi e pressando i lavoratori ad aderire imponendo trasferte e peggiorando le condizioni di lavoro. La Fiom-Cgil, da diverso tempo, ha proposto un piano di rigenerazione dell’occupazione con accompagnamento alla pensione ma soprattutto assunzioni di giovani in produzione e negli enti di ricerca e sviluppo. La pesante riduzione degli organici rischia di mettere in discussione la tenuta degli impianti».
Azione resta sul chi va là: Alessio D’Amato sta preparando una mozione in Consiglio per convocare subito a Cassino una conferenza regionale di rilancio industriale. «È necessario fare chiarezza sul futuro dello stabilimento di Piedimonte San Germano e aprire subito un tavolo con il Governo e gli enti locali. Sono stati persi negli ultimi anni 3000 posti di lavoro oltre a quelli dell’indotto, sono in corso valorizzazioni immobiliari che sembrerebbero poco aver a che fare con il rilancio del sito industriale. Bisogna parlare chiaro al Paese e dire le cose come stanno. È necessaria una vera e propria politica industriale per il futuro dell’automotive in Italia e nella nostra regione».
Intanto è ancora in vendita ad un milione e 600mila euro la storica palazzina uffici del grande stabilimento. Immobiliare.it ci spiega che «l’area risulta avere una vocazione principalmente artigianale/industriale e commerciale, prossima all’agglomerato urbano». L’uso della struttura deve essere ad uffici su “7.000 m² – 5+ locali, 3+ bagni – uno o più adatto a persone disabili a piano; 4 piani: Piano terra, da 1° a 3°, con accesso disabili totale piani edificio. Posti Auto: 20 in parcheggio/garage comune. Disponibilità: libero”.
Un annuncio che in altri tempi avrebbe sollevato l’indignazione popolare. Ma a tanto potevano giungere solo i francesi e passarla pure liscia, nonostante al governo siedano dei sedicenti sovranisti.