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Il ‘tesoro’ di lady e mamma Soumahoro ed il collaudato sistema fraudolento. 40 persone intanto restano senza lavoro. La sinistra travolta dalla propria ipocrisia

Marco Battistini
Ottobre 31, 2023
Aboubakar Soumahoro insieme alla moglie Liliane Murekatete (foto: Ansa)

Oltre 28 milioni di euro arrivati dalle casse statali in cinque anni, dal 2017 al 2022. Un ‘tesoro’ solo in una minima parte impiegato per migliorare le aree di accoglienza dove, invece, mancava tutto. Dagli alloggi fatiscenti con riscaldamento assente alle condizioni igieniche precarie. E’ il sistema nella gestione dei fondi delle cooperative dei familiari del parlamentare Aboubakar Soumahoro scoperto dalla Guardia di Finanza a Latina e che ha portato agli arresti domiciliari la moglie, Liliane Murekatete e la suocera, Marie Therede Mukamatsindo.

Oltre alle due donne i pm di Latina hanno ottenuto dal tribunale l’obbligo di dimora per un figlio della suocera del deputato. Le misure riguardano appartenenti al consiglio di amministrazione della cooperativa sociale integrata Karibu. 

I REATI CONTESTATI E L’ORDINANZA DEL GIP

Nei loro confronti le accuse sono, a vario titolo, di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio. L’operazione rappresenta lo sviluppo dell’indagine avviata nei mesi scorsi e che ha già portato a processo sei persone, tra cui Murekatete e Mukamatsindo, per reati fiscali. “Prendo atto della misura applicata a mia moglie Liliane, null’altro ho da aggiungere o commentare, se non che continuo a confidare nella giustizia. Ribadisco, come è agli atti, la mia totale estraneità a tutto e chiedo nuovamente di rispettare la privacy di mio figlio”, ha commentato Soumahoro. Nell’ordinanza di oltre 150 pagine il gip ricostruisce quello che definisce “un collaudato sistema fraudolento fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti, adoperati dalla Karibu nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019”. Una struttura “delinquenziale organizzata a livello familiare che negli anni (almeno dal 2017 in poi) non ha fatto nient’altro rispetto all’attività criminale oggetto delle imputazioni”, si legge nelle carte. Dalle esame della corrispondenza mail con i collaboratori tutto era gestito da Murekatete che “autorizza pagamenti, organizza incontri istituzionali finalizzati – scrive il gip – a trovare nuovi sbocchi lavorativi per la cooperativa”.

Per il giudice le “condotte risultano volontarie e consapevolmente mirate ad un risparmio di spesa (e successiva distrazione) dei fondi pubblici percepiti. Il dato oggettivo e contabile, non superabile, è che buona parte del denaro ricevuto non è stato adoperato per le finalità preposte”. Una parte dei fondi sono stati trasferiti, si tratta di circa mezzo milione di euro, in Ruanda, Belgio e Portogallo e reimpiegati in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle “finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e richiedenti asilo” per l’acquisto di gioielli, capi firmati soggiorni in alberghi, ristoranti e centri estetici. Dall’ordinanza del gip di Latina emerge, inoltre, che uno degli indagati “avendo la disponibilità delle credenziali di accesso al conto corrente principale della Karibu e della coop Jambo, ha potuto disporre, a suo piacimento, delle risorse pubbliche erogate per la gestione dei migranti, trasferendo ingenti risorse di denaro pubblico a favore di se stesso oltreché verso l’estero ed in particolare in Ruanda dove lo stesso ha avviato prima l’apertura di un Supermercato e, successivamente, di un ristorante sotto l’insegna “Gusto Italiano””. La Gdf, inoltre, ha proceduto al sequestro di circa due milioni di euro (1.942.684,18). Gli indagati non hanno esitato a disfarsi della documentazione della coop finita al centro dell’indagine: i Finanzieri hanno, infatti, accertato che parte degli atti contabili è stata trovata nella raccolta differenziata. 

RISVOLTO SOCIALE

Oltre all’aspetto penale occorre ricordare come sia ancora pendente il problema dei lavoratori rimasti senza occupazione. Quaranta lavoratori delle cooperative della famiglia del parlamentare sono stati lasciati a piedi, ma grazie alle denunce raccolte dal sindacato Uiltucs di Gianfranco Cartisano il caso è esploso a livello nazionale. Sotto questo aspetto fino ad ora poco o nulla si è mosso per gli ex dipendenti: “Ad oggi, oltre ad aver perso il posto di lavoro, non hanno ancora percepito stipendi, liquidazioni di fine rapporto e competenze finali”. Dopo circa un anno, i ricollocamenti non hanno sortito alcun esito: “La situazione è ferma, piatta, gli ex dipendenti non hanno preso un euro”. Cartisano ha aggiunto: “I lavoratori hanno subito un danno. Nonostante la nomina di due commissari per Karibu e consorzio Aid, nonostante i numerosi confronti in prefettura, gli accordi per i ricollocamenti sono rimasti sulla carta, tutto è finito nel cassetto”.

SALVINI E KELANY PRESENTANO IL CONTO

I nuovi sviluppi emersi sull’indagine che ha travolto la cooperativa Karibu hanno prodotto due reazioni politiche importanti. Matteo Salvini, sui social, è stato perentorio: “Gli sviluppi dell’inchiesta Karibu e le dure accuse dei pm sono inquietanti. Fermo restando la presunzione di innocenza, è incredibile che la sinistra e alcune delle sue trasmissioni tv avessero scelto Soumahoro come testimonial delle loro battaglie. Peraltro, le cronache degli ultimi anni hanno provato i troppi sprechi e gli abusi da parte della macchina dell’accoglienza targata sinistra. È anche per questo che piace l’immigrazione clandestina?”. Altrettanto ferma la posizione espressa da Sara Kelany, deputata e responsabile di Fratelli d’Italia del dipartimento Immigrazione. “L’on. Soumahoro declina ogni responsabilità e coinvolgimento rispetto alle vicende gravissime che stanno interessando la sua stretta cerchia di familiari e lo fa semplicemente scrollandosi il problema di dosso -ha affermato la Kelany– è inaccettabile che seguiti ad affermare che non abbia nulla da dire. L’arresto della moglie e della suocera, oltre che la confisca dei beni, disposte dal tribunale di Latina, aprono uno spaccato inquietante rispetto alla gestione delle cooperative di accoglienza. Per quanto il garantismo imponga di attendere gli esiti del giudizio, il senso di responsabilità imporrebbe una forte presa di posizione politica sul caso, che l’on Soumahoro non prende e non può prendere. Rammento che all’inizio della legislatura, quando i contorni della vicenda non erano ancora così gravi, l’on Soumahoro è stato sospeso dal gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, ebbene oggi non ci si può limitare a tacere”. 

Di certo, la Procura di Latina ha dato una spallata importante ad un sistema ipocrita legato alla gestione dei migranti, da troppo tempo rimasto occulto e come spesso accaduto fuori dalla legalità. La vicenda dovrebbe far riflettere una certa sinistra progressista, dedita a dare lezioni sul rispetto dei diritti umani. L’on. Soumahoro andava in giro per l’Italia a difendere i diritti dei migranti e dei lavoratori sfruttati senza accorgersi che le cooperative della suocera non pagavano i dipendenti e non garantivano agli ospiti richiedenti asilo i servizi minimi adeguati. Sul piano penale è giusto attendere che la giustizia faccia il suo corso, ma sotto il profilo politico questa linea della ‘doppia morale’ merita una condanna netta. Sarebbe auspicabile che a sinistra facciano finalmente mea culpa.

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